Se mi si domanda quale sia la serie tv più divertente che io abbia mai visto, di sicuro Arrested Development non è la prima che mi viene in mente. E neanche la seconda. O la terza. Diciamo pure che non compare tra le prime dieci.
Poi però la lampadina si accende, e questo titolo viene prepotentemente a bussare alla porta della mia memoria. E puntualmente mi domando: per quale misterioso motivo, pur avendola vista e rivista, ogni volta finisco col dimenticare una delle mie comedy preferite? Ci rifletto un po’ su, e capisco che la risposta non può che essere una.
Arrested Development non è mai finita (come avrebbe meritato) pienamente sotto i riflettori, e di questo fantastico show non si parla mai abbastanza, o per lo meno non qui in Italia.
Inevitabile conseguenza di ciò è che la serie è presto caduta nel dimenticatoio, nonostante abbia tutte le carte in regola per essere definita semplicemente memorabile.
Non a caso nel 2007 la rivista Time l’ha inserita nella lista dei “100 Best TV Shows of All-TIME”, e la serie ha letteralmente vinto una valanga di premi, tra cui sei Emmy e un Golden Globe. Roba non da poco, insomma.
Ed è proprio per la sua innegabile qualità che il dubbio si fa ancora più amletico: per quale motivo Arrested Development non è mai assurta nell’olimpo dei migliori show comici? Gli ingredienti ci sono tutti, parola di fan accanita, e questo a partire dalla produzione e dal cast.
Andata in onda per la prima volta su Fox nel 2003, nella versione originale la voce narrante è nientemeno quella di Ron Howard, che ne ha anche curato la produzione. Gli ascolti non abbastanza alti ne hanno decretato la fine dopo sole tre stagioni, ma nel 2013 Netflix ha deciso di produrne una quarta e una quinta, la cui qualità è risultata tuttavia non all’altezza dei primi episodi.
La vicenda, ambientata nella ricca Newport Beach in California, ruota tutta intorno ai Bluth e all’azienda di famiglia, che il figlio Michael cerca in ogni modo di salvare dalla bancarotta. Gli altri membri dello scalcinato clan sono una manica di immaturi, egoisti e imbroglioni che sembrano essere a malapena in grado di badare a loro stessi, in primis la crudele matriarca Lucille e, soprattutto, l’imprevedibile capofamiglia, George Bluth Senior, incarcerato per frode fiscale fin dai primi episodi. Così il povero Michael, l’unico assennato in questa gabbia di matti, decide di assumersi la responsabilità di occuparsi degli affari della compagnia e di risolvere i guai con la giustizia causati dagli imbarazzanti parenti.
Il primo dato che salta all’occhio guardando lo show è senza dubbio il suo cast stellare. Il protagonista Michael è interpretato da Jason Bateman, che qui dimostra di essere perfettamente a proprio agio in un ruolo comico, nonostante sia maggiormente conosciuto per le sue performance drammatiche. La bionda Portia de Rossi veste invece i succinti panni di Lindsay, superficiale e immatura gemella di Michael, mentre l’immenso Will Arnett (voce originale di Bojack Horsman, per intenderci) è il figlio maggiore dei Bluth, George Oscar detto “G.O.B.”, vanesio e capriccioso aspirante mago, probabilmente il personaggio più divertente dell’intera serie.
Intorno a questi tre mostri sacri ruotano gli altri personaggi, tra parenti, colleghi e amici di famiglia, di volta in volta interpretati da volti notissimi del cinema e della televisione come Henry Winkler (l’indimenticabile Fonzie di Happy Days), Charlize Theron, Isla Fisher e la grandissima Liza Minnelli.
Sembra dunque lecito a questo punto domandarsi cosa sia mancato a questo show per spopolare definitivamente e andare al di là del plauso della critica e di uno zoccolo duro ma ristretto di fan, com’è invece accaduto a prodotti similari ma di qualità anche inferiore.
Una prima risposta a questa domanda sta indubbiamente nel fatto che Arrested Development non è la classica sitcom americana a cui siamo da sempre abituati. Non ci verrà mai mostrato un salotto, per intenderci, con i membri della famiglia spaparanzati sul classico divano e intenti a scambiarsi battute, a battibeccare o a riappacificarsi amorevolmente. Il respiro della narrazione di Arrested Development è decisamente più ampio, e gli snodi della sceneggiatura non sono ristretti al solo ambito domestico.
Tantomeno la serie, nel corso delle stagioni, dimostra di voler trasmettere messaggi positivi o farsi portatrice di buoni sentimenti, in quanto (quasi) tutti i personaggi risultano meschini, approfittatori e totalmente inaffidabili.
Ma forse il vero “problema” dello show, se così vogliamo definirlo, sta nella particolare tipologia di comicità che lo caratterizza: paradossalmente il suo surrealismo potrebbe essere più assimilabile allo humor inglese che a quello americano, e forse questo aspetto non è riuscito a conquistare quella fascia di pubblico abituata a prodotti più facilmente “digeribili”.
Senza contare che, nell’epoca del trionfo mediatico (soprattutto americano) del politically correct e del falso perbenismo, una serie come Arrested Development, che fa del suo essere irriducibilmente scorretta il suo principale cavallo di battaglia, probabilmente ha stentato a far breccia in un palinsesto televisivo sempre più orientato verso prodotti e tematiche edificanti.
Ma più in generale, e gli appassionati lo sanno bene, le vie che decretano il successo o la rovina di uno show certe volte ci risultano semplicemente imperscrutabili. Così infatti ci ritroviamo a sgranare gli occhi per lo sdegno quando assistiamo allo spopolare di una serie di qualità molto dubbia e magari, in parallelo, alla definitiva cancellazione di un’altra che avrebbe meritato un successo e un’attenzione ben maggiori.
In definitiva, dunque, Arrested Development è quella chicca da veri intenditori che non bisognerebbe assolutamente lasciarsi scappare. Il cast stellare, la scrittura dall’ironia sferzante e la comicità surreale e mai banale fanno di questo show una vera e propria perla rara nel panorama delle comedy moderne. Se siete stanchi del solito situazionismo da salotto e volete spiegare le vele nella direzione di un umorismo più cinico, raffinato e intelligente, questa è decisamente la serie che fa per voi. E nel caso in cui non l’aveste mai sentita nominare non fatevi frenare dal pregiudizio: Arrested Development fa letteralmente piangere dalle risate, e questa è una promessa.