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La morte della mamma di Eren è il crudo manifesto di Attack On Titan 

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Mikasa ce lo ha sussurrato in tutti i modi: il mondo di Attack On Titan è crudele e spietato. La sorella adottiva di Eren lo ha capito quando é stata strappata ai suoi genitori in una gelida notte d’inverno, nel momento in cui un gruppo di estranei li ha uccisi dinanzi ai suoi occhi innocenti. In quei secondi colmi di terrore la bambina che viveva dentro di lei si è trasformata in una donna, perché il mondo spesso ti fa crescere dinanzi alle necessità, e la necessità per Mikasa si chiamava sopravvivenza. Anche Armin ha provato a convincerci che l’universo non è un posto tranquillo, e che i buoni vengono scalciati come i piccoli sassi in riva al mare. Armin ci ha poi detto che il mondo è pieno di oppressori che costruiscono recinti per gli oppressi, e che è difficile scavalcarli senza l’aiuto di un amico.

La prima puntata di Attack On Titan ci mette pochissimi secondi a mostrarci tutta la sua atrocità, e lo fa senza esitazione.

Ma in realtà l’avviso ci era arrivato già nel primo episodio di Attack on Titan. Meno di mezz’ora ci è servita per capire cosa stavamo guardando, e pochi sgoccioli per afferrare il senso generale di questo bellissimo ma atroce universo narrativo. Allora Eren era solo un bambino che sognava di entrare nell’esercito per combattere i giganti, quei nemici del genere umano conosciuti solo attraverso i racconti del posto. Eren voleva scavalcare quel recinto per sentirsi forte e coraggioso, e soprattutto per differenziarsi da tutti quei vigliacchi che abitavano nel suo territorio – tutti quelli per cui la vita altrui conta meno di un pezzo di pane. Nel primo episodio è proprio Mikasa a confessare a Carla, la madre di Eren, la coraggiosa volontà del fratello adottivo e il suo desiderio di partire per diventare un soldato e fare delle ricerche sui Giganti. ( Gli stessi Giganti che avrebbero invaso le mura del suo territorio di lì a poco )

Carla sa bene cosa significa lasciare casa per avventurarsi in una missione del genere, sa bene che di quelli che sono partiti pochi sono rientrati sani e salvi, e tenta in tutti i modi di far cambiare idea a suo figlio, come una qualsiasi mamma pronta a costruire un nido in cui proteggere la sua creatura. Ma può esistere un nido in Attack in Titan se abbiamo parlato solo di recinti? Non c’è tempo per conoscere la risposta della madre di Eren e nemmeno di capire a fondo questa donna: Attack On Titan non ci lascia nemmeno respirare, e spezza subito i fili del tempo per stroncare una vita. Ma non una vita come le altre. La morte della mamma di Eren nel primo episodio rappresenta l’incipit di una storia raccapricciante, la storia di un mondo sfaldabile come i castelli che i bambini innalzano in fondo alla spiaggia. 

“Non importa quanto le cose vadano male, c’è sempre una soluzione migliore.”

La rappresentazione della morte di Carla (così come tanti altri momenti dell’anime) non è facile da digerire: viene prima travolta dalle macerie e poi inghiottita da un gigante dinanzi agli occhi dei suoi figli. La messa in scena è da brividi e gli occhi tentano di guardare il muro bianco affianco alla televisione per evadere da quell’orrore imminente. Attack On Titan ci colpisce allo stomaco più volte attraverso le preghiere di Carla che urla a Eren e Mikasa di scappare, e di trovare un luogo sicuro dove allontanare gli incubi. Addirittura evita l’aiuto del comandante per far sì che le sue forze siano dirette verso i figli, affinché li porti in salvo da quel mondo che puzza di morte. Gli occhi di Eren riflettono quell’immagine come uno specchio in cui vedi i fantasmi di cui avevi paura da bambino, mentre le mani di Carla cercano un ultimo contatto con le mani acerbe dei ragazzini. La mamma del protagonista tende le braccia anche quando non ci sono più speranze, soprattutto nei momenti in cui la morte sembra certa come la vita. E allora il manifesto crudo di Attack on Titan diventa anche il manifesto dei sogni, della fiducia nella luce, e nella forza della possibilità. E cosi Eren piange ma continua a urlare il nome di sua madre, vede i suoi occhi nei contorni degli alberi, e sogna i suoi capelli nelle gocce di un lago. 

Non è un caso che da quel momento inizia la vera storia dell’anime, la lunga battaglia contro e tra i giganti. La vendetta di Eren nei confronti dei giganti nasce dalla morte di sua madre, dalla prospettiva di annientarli tutti per omaggiare la donna che lo ha messo al mondo, e che ha perso la vita nel tentativo di salvarlo. Mikasa lo ha sussurrato fin dai primi attimi: questo mondo fa paura ma è anche bellissimo. È bellissimo quando ci si rialza, nei secondi che precedono la paura, e soprattutto quando cerchi di dimostrare il tuo infinito valore al mondo intero. Eren e Mikasa ci hanno provato fin da subito: si sono alzati in piedi dopo la morte dei genitori per limitare la prepotenza delle difficoltà. Per Mikasa ed Eren bisogna combattere per la libertà perché non ha importanza quanto questo mondo possa sembrare orribile, ma quanto hai deciso di renderlo meno orribile.