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Attack on Titan non ha mai smesso di avere fretta

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Anche la serie anime di Attack on Titan, conosciuta dai fan con il titolo originale Shingeki no Kyojin, sta per concludersi rivelando al pubblico il tanto atteso destino di Eren, Mikasa, Armin e dei loro compagni di viaggio (alcuni tra i migliori personaggi degli anime). È difficile tenere a bada le sensazioni di malinconia e tristezza che si fanno strada durante la visione delle puntate perché, consapevoli o no del finale, stiamo per salutare una storia indimenticabile che in questi anni ha avuto la sfrontatezza e le capacità di smuovere le nostre menti e i nostri cuori. I personaggi e le avventure che abbiamo conosciuto leggendo e guardando Attack on Titan, come è accaduto anche con altre grandi serie anime di successo, non sono soltanto pezzi di una storia perfettamente animata e accompagnata da una suggestiva colonna sonora, ma erano e sono fonte di insegnamenti che fanno leva sulla nostra emotività.

Attack on Titan, come qualsiasi prodotto seriale che si rispetti, cerca di conquistare il cuore del pubblico facendo leva sulle emozioni.

Attack on Titan

Riusciamo ad empatizzare con i protagonisti perché il loro mondo ci viene mostrato sotto ogni aspetto attraverso il tempo e lo spazio. In Attack on Titan il mondo narrativo funziona perché gli ideali e le leggende che lo popolano e che sono incarnate dai protagonisti sono solide e sempre coerenti, al punto da trascinarci facilmente nelle lotte e nelle ricerche sostenute dai protagonisti, a cui scopriamo di esserci affezionati tanto da condividere le loro opinioni e tenere ai loro desideri. Questa costruzione costruzione del mondo e dei suoi abitati non si è fermata solo al manga, ma che fortunatamente è stata applicata anche durante l’ideazione della serie animata.

Per quanto il processo di trasposizione da un medium a un altro richieda necessariamente che si attuino dei cambiamenti, dobbiamo considerare che negli anni molti mangaka hanno dovuto accettare svariati compromessi durante la realizzazione della serie anime della loro opera. Questi compromessi, che potevano derivare dalla policy dell’emittente televisiva, dalla lentezza di pubblicazione dei capitoli o anche da questioni politiche e culturali, spesso determinavano grandi cambiamenti delle avventure e dei personaggi che, di conseguenza, non avrebbero affrontato i percorsi di crescita o degenerazione che avevano garantito in precedenza proprio il successo del manga. Non dobbiamo andare molto lontano nel tempo per ritrovare alcuni esempi perché tra i principali ricorrono Berserk, HunterxHunter, Full Metal Alchemist – nel caso delle ultime due trasposizioni ci riferiamo alle serie di inizio secolo. In ognuno di questi casi si trattava di manga perfettamente strutturati ma che la versione anime aveva finito per snaturare.

Di fatto il timore che anche Attack on Titan potesse essere rovinato dalla versione animata si ripresentava al rinnovo di ogni stagione

Per nostra fortuna i produttori della serie hanno saputo gestire i tempi di realizzazione delle stagioni, considerando anche il piano editoriale della pubblicazione dei capitoli e dei volumi del manga. Si tratta di un’organizzazione sfruttata anche per l’adattamento anime di My Hero Accademia, tuttavia le avventure di Deku si suddividono più tradizionalmente in saghe, il che rende più chiaro quando e come dividere le stagioni dell’anime. Una divisione delle stagioni dell’anime che tiene conto delle saghe non era propriamente realizzabile per Attack on Titan, che ci fa credere di poter essere solo un battle shonen, ma che si rivela una struttura ben più complessa e difficile da suddividere chiaramente. Per questo il lavoro di collaborazione con l’autore e la considerazione della pubblicazione dei capitoli potevano apparire più complesse da gestire. Tuttavia, il risultato ottenuto è ottimo e, alla luce degli ultimi episodi trasmessi, sembra che resterà tale fino alla fine.

In questo modo la serie anime di Attack on Titan non ha mai smesso di avere fretta perché non si è accontentata sfruttando inutili fillerl’incubo di ogni fan di anime – né tantomeno ha stravolto la storia cambiando dinamiche e personaggi, come è invece accaduto nel live action del 2015. Ad aver giocato un ruolo importante nella realizzazione di queste ottime stagioni di Attack on Titan è stata anche la pressione imposta dalle aspettative dei lettori e degli spettatori, molto più presenti rispetto a vent’anni fa e capaci di ritagliarsi un ruolo importante nel destino di una serie e della carriera dei suoi creatori.

Il risultato di questo splendido lavoro non sono soltanto le emozioni offerte al pubblico, ma anche spunti di riflessione sulla realtà quotidiana di tutti.

Attraverso le stagioni di Attack on Titan ognuno è cresciuto al fianco di Eren, Mikasa e Armin rifiutando o sposando i loro ideali e le loro decisioni. Eppure, per quanto le loro azioni possano apparire inizialmente incomprensibili, alla fine proveremo pietà o compassione per coloro che alla luce della storia rivelata sono vittime del passato, trascinate inconsapevolmente in una guerra che non gli appartiene ma che gli viene imposta (ne abbiamo parlato specialmente in questo articolo). L’intelligenza e la validità di questa serie risiede nella capacità di aver aperto la narrazione con un primo piano – quello di Eren e della sua realtà familiare – per poi allargarlo sempre di più inglobando nell’inquadratura i pensieri e le vite di tanti altri personaggi apparsi sulla scena a metà o alla fine della storia, senza che pesassero al pubblico. Attack on Titan ha cambiato più volte la sua natura toccando anche generi diversi in un’unica narrazione. Puntata dopo puntata sono emersi differenti temi che gli eventi hanno legato indissolubilmente: dall’amore all’amicizia travolti e influenzati dalla guerra, dalla discriminazione all’importanza del sacrificio e della lotta per la libertà. Ogni aspetto della storia ha offerto al pubblico dei protagonisti e delle esperienza da cui imparare qualcosa che fosse tanto negativo quanto positivo.

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