Avvocato di difesa, un ruolo difficile da assolvere soprattutto se il proprio mantra è il principio di non colpevolezza. NGUILTY, non colpevole, recita la targa personalizzata sulla Lincoln azzurra di Mickey Haller (Manuel Garcia-Rulfo) il nostro Avvocato di Difesa (Lincoln Lawyer del titolo originale e ogni riferimento alla marca della macchina non è casuale ma semplicemente esplicito). Avvocato di Difesa trova la sua genesi da due autori più che qualificati nel genere legale che hanno fatto discutere cause, stringere accordi nei corridoi dei tribunali, esaminare valanghe di documenti impilati in iconiche scatole di cartone, usare stratagemmi al limite della legalità a schiere di avvocati protagonisti delle loro serie.
David E. Kelley, vincitore di Emmy Award per The Practice (1997-2004) e L.A. Law (1986-1994), sempre avvocati, sempre drammi procedurali intersecati alle vite personali dei difensori, in L.A. Law c’è anche la prima targa personalizzata nei titoli di apertura. Ted Humphrey è stato un vero avvocato prima di diventare sceneggiatore/produttore di film e serie tv e ha portato la sua esperienza nella scrittura della serie che ha sovvertito lo standard del legal drama e che vanta un finale altrettanto sovversivo: The Good Wife.
Fade to Grey
Come trasformarsi da avvocato di difesa a Mickey Haller l’avvocato di difesa? Non con gli espedienti stile Saul Goodman, dilatati dalle alte temperature del New Mexico. Il sole in California è generoso nella luce che regala sempre un azzurro intenso al cielo che osserva il grigio in cui si muove Mickey Haller. Mille e più chilometri di distanza tra Albuquerque e Los Angeles, infiniti quelli che separano i due avvocati difensori seriali, le differenze non meritano uno sterile elenco, sono troppe e sono anche evidenti.
Unite i punti da 1 a 51, non ci riuscirete perché sono come due rette parallele che non s’incontrano mai eccetto che nel 51mo punto, l’unico, dove gli ocra del deserto, i verdi delle palme, i blu sparati tanto da sembrare finti del cieli che sovrastano le vite di Mickey e Saul si incontrano per diventare la profonda, ampia, immensa, incontenibile area grigia che li tiene sempre sul bordo di una sentenza, di rapporto inter-rotto, di una sedia in un ufficio, di un’etica sgangherata, di frasi dette sempre fuori tempo massimo. In questo grigio essere avvocato di difesa è quasi un accessorio, l’obiettivo è trovarsi, trovare un nome per uno, recuperare il proprio per l’altro. È questo il caso di Mickey Haller che è caduto da un surf su una dipendenza da antidolorifici che porta a spasso sulla sua Lincoln assieme ai fascicoli delle cause che sta seguendo.
In questo tragitto è solo l’avvocato di difesa dismesso e dolorante, il marito di una prima e seconda moglie, il padre poco presente di un’adolescente più matura di lui.
“One man on a lonely platform, One case sitting by his side, Two eyes staring cold and silent, Shows fears as he turns to hide, we fade to grey”. Un uomo solo, con la ventiquattrore che contiene i pochi casi che gli sono rimasti, i suoi occhi riflessi, la paura resta mentre cerca di nascondersi, ci dissolviamo nel grigio seguendo la Lincoln di Mickey Haller. Un percorso di redenzione e di ricerca del successo che arriva ed allora il suo nome è sulla bocca di tutti. S’invertono le parole ed i ruoli, non è più l’avvocato di difesa Mickey Haller, se qualcuno se lo ricordava di aggiungere, ma è prima di tutto Mickey Haller, l’Avvocato di Difesa.
Il suo grigio gli ha indicato la strada impossessandosene, creando un modus operandi, i completi sartoriali di gusto sono la sua armatura per nascondere e difenderlo, il grigio si è trasformato in un complice. Saul Goodman è l’armatura di Jimmy McGill, il suo doppio diventa il filtro, l’interfaccia al suo Jimmy interiore ed il grigio s’insinua in ogni poro come vernice indelebile o una malattia autoimmune.
Saul non fa un cammino di redenzione perché non crede che debba affrancarsi da nulla, vuole conquistare un ruolo e non ha importanza che ci riesca con un nome non suo, Saul/Jimmy cerca di essere parte del tutto, non cerca un’identità. Nell’universo seriale, nei crossover impossibili che possiamo ipotizzare, immagino Mickey Haller dare un passaggio a Saul Goodman, aprirgli la portiera della sua Lincoln, farlo accomodare, pigiare sull’acceleratore e partire scivolando nei viali di Los Angeles. Solo dopo un po’, girarsi verso di lui e chiedere “Dove ti porto Jimmy?”. Il grigio non è sempre tutto uguale.