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Baby Reindeer è stata uno shock

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Il trauma è diventato negli ultimi anni un argomento ricorrente alla base di innumerevoli narrazioni. Qualunque sia il focus di una storia, l’attenzione del pubblico sembra essere indirizzata a tutti i costi verso il passato – più che il presente – dei suoi personaggi. Come se il presupposto di qualsiasi vicenda fosse il danno psicologico subìto da ciascuno di essi, rimasto irrisolto per anni. La diretta conseguenza dell’abuso della tematica del trauma è la diminuzione dell’interesse verso di essa. Tutte le storie finiscono infatti per assomigliarsi poiché chiunque è vittima di qualcosa, più o meno dolorosa che sia. Anche in questo contesto – o nonostante questo – Baby Reindeer, nella sua raffigurazione del trauma, ha però rappresentato un’eccezione.

Baby Reindeer è stata uno shock perché ci ha posto di fronte a qualcosa di ancor più potente del trauma: l’empatia.

Ma procediamo con ordine.

Approdata su Netflix lo scorso 11 aprile, Baby Reindeer mostra i reali e tragici eventi che hanno sconvolto la vita del comico Richard Gadd, ideatore e protagonista della miniserie. Potete leggere qui l’agghiacciante storia vera che ha ispirato la miniserie. Nella sua trasposizione televisiva, Gadd è il giovane barista aspirante comico di nome Donny. La sua vita cambia radicalmente quando conosce Martha, una donna triste e vulnerabile entrata per caso nel suo bar. Martha non ha soldi a sufficienza per potersi permettere di ordinare qualcosa; per evitare di mandarla via, Donny le offre allora un drink.

Quel semplice atto di gentilezza dona nuova luce alla donna, che da scoraggiata e introversa diventa brillante e sicura di sé nell’approcciarsi al protagonista. Se in un primo momento è lo stesso Donny ad apprezzare la travolgente compagnia di Martha, è ben presto costretto a ricredersi quando la donna continua a presentarsi ossessivamente al suo bar giorno dopo giorno. Trovate qui un approfondimento sulla straordinaria e agghiacciante interpretazione di Jessica Gunning.

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L’incontro tra Martha e Donny in Baby Reindeer

La sua presenza diventa sempre più asfissiante. Martha è nel suo locale, nelle sue email, tra il pubblico dei suoi (disastrosi) spettacoli comici.

Donny diventa vittima di stalking e, in un certo senso, anche il telespettatore. L’empatia che aveva spinto il protagonista a offrire il suo aiuto alla tormentata donna, si impossessa ora del pubblico, che percepisce e condivide l’angoscia e il terrore che travolgono Donny alla vista di Martha in ogni angolo della strada. E la pena nei confronti di quella donna che sfida il freddo e le intemperie pur di non abbandonare il suo baby reindeer, a cui rivolge talvolta parole affettuose, talvolta durissimi insulti.

Martha è una donna instabile e malata, al punto da rendere difficile per Donny denunciarla. Persino quando riesce finalmente a parlare della sua situazione alla polizia, Donny sembra voler giustificare i comportamenti di Martha. Come se la donna non fosse direttamente responsabile delle sue azioni. Come se lui, quella sofferenza, la meritasse.

La narrazione irregolare, confusa e imprevedibile di Baby Reindeer – che alterna episodi della durata di 25 minuti ad altri di 45 – ci conduce poi indietro di 5 anni. Lì dove tutto è iniziato, e dove tutto è finito. Donny è appena arrivato a Edimburgo per inseguire il suo sogno di diventare un comico. Nel suo (finora inedito) sorriso è possibile scorgere tutto l’ottimismo delle nuove opportunità. Possibilità che sembrano moltiplicarsi quando conosce Darrien, un noto produttore che si dimostra da subito interessato a lui, e la cui reale identità sembra essere nota a tutti nell’industria.

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Tom Goodman-Hill nei panni di Darrien

Dopo aver assistito a un suo spettacolo, lo invita senza convenevoli nel suo appartamento per discutere dei futuri progetti lavorativi. Proprio quando Donny sembra essere arrivato dove ha sempre desiderato, la realtà gli presenta un conto carissimo.

Baby Reindeer mette a questo punto in scena la più dolorosa e straziante sequenza di immagini a cui sia possibile assistere.

L’abuso fisico, sessuale e psicologico subito dal protagonista porta con sé tutte le sfumature e la complessità del trauma. Donny si sente infatti vittima e carnefice di quel destino; è disgustato da ciò che gli è successo, ma non riesce a smettere di ripresentarsi alla porta di Darrien. È terrorizzato dal suo aguzzino, sebbene una parte di sé repressa per anni ne sia attratta. È cosciente di ciò che gli è successo, ma impossibilitato ad ammetterlo a se stesso.

L’empatia del telespettatore vacilla di fronte all’ambivalenza del trauma di Donny: è nel momento in cui lo incolpa che si avvicina però maggiormente ai suoi sentimenti. Ed è in quella repulsione che il protagonista prova verso se stesso e che spinge il pubblico a fare lo stesso che Baby Reindeer si distingue da qualsiasi altro prodotto televisivo. Perché, ancor più di aver assistito al trauma di Donny, è l’empatia di averlo compreso provando – in minima parte – le sue sensazioni e quelle di Martha a risultare insopportabile e shockante.

Vi abbiamo consigliato qui 5 disturbanti serie tv da vedere dopo aver guardato Baby Reindeer.

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Richard Gadd nei panni di Donny in una scena di Baby Reindeer

La perfezione della scrittura di Baby Reindeer si palesa, non a caso, tutta nel finale. Dopo lo straordinario monologo di Donny che gli vale la tanto agognata fama e l’incarcerazione di Martha, il protagonista si rifugia nei vecchi messaggi vocali della donna fino all’ossessione. Quella donna che l’ha associato fin dal primo momento alla piccola renna di peluche che l’ha accompagnata durante l’infanzia e che, nonostante tutto, lo lusingava con le sue attenzioni.

Donny, triste e vulnerabile, si ritrova seduto al bancone di un bar senza un soldo: Baby Reindeer conclude il suo racconto allo stesso modo in cui l’ha iniziato.

Donny si ritrova nello stesso stato in cui ha incontrato Martha per la prima volta, condividendo il suo esser persa, goffa e sola. Trionfare su Martha vuol dire allora per Donny sconfiggere una parte di se stesso, per l’ennesima volta. Almeno fino a che l’empatia protagonista della vicenda diventa quella del barman che, di fronte alla sua disperazione, sceglie di offrirgli un drink in modo analogo a quanto aveva fatto lui con Martha mesi prima, dimostrandogli finalmente che un gesto gentile è solo un gesto gentile. E che nessuno, Donny compreso, dovrebbe sentirsi in colpa per la propria gentilezza.