Stava passando completamente in sordina, ma l’abbiamo salvata. Tutti noi, intendiamo. Netflix ne ha parlato infatti solo quando il successo era stato raggiunto e il suo post sui social garantiva un certo numero d’interazioni. Vecchia volpe, la N rossa. Prima che la piattaforma si scomponesse, infatti, a consegnare il successo a Baby Reindeer (qui la recensione) è stato un passaparola collettivo di gente che non si aspettava niente e che invece poi ha trovato tutto. Perché Baby Reindeer, tra le mille definizioni, è questo: tutto. E’ riflessione, ricerca di sé, introspezione. E’ il teatro di un dolore esorcizzato, riportato a galla dalla stessa persona che lo ha vissuto.
Parlare di un trauma è complesso, lo è già quando lo chiacchieriamo con gli amici o con le persone a noi care. Pensate quanto sia stato difficile, dunque, crearci sopra una sceneggiatura. Ricreare alcuni dei tratti che lo hanno reso così spaventoso. Un po’ come nel caso di I May Destroy You, la serie HBO che racconta l’argomento del consenso attraverso la voce e il volto di chi ha dovuto fare i conti con una violenza. In modo simile, Baby Reindeer fa la stessa cosa e con dei toni molto simili che la rendono, a tratti, perfino una comedy.
Baby Reindeer è una Serie Tv che non smette mai di pensare. Un viaggio nell’introspezione, in un posto buio in cui a presenziare sono solo i traumi e dove l’indifferenza è costretta ad arrendersi
La trama di Baby Reindeer, sviluppata in sette episodi, va avanti in modo graduale e lento, esattamente come il processo di comprensione del protagonista. Donny, infatti, non capisce immediatamente che cosa gli stia succedendo. Per tutta la sua vita ha preferito mancare all’appello, fingendosi indifferente a un dolore che ha reso inafferrabile, ma che – senza saperlo, e come capita a tutti – alla fine lo ha afferrato. Perché la sofferenza non ha pietà, esattamente come Martha, la persona che tutto distrugge e tutto disintegra, riportando Donny alla sua sofferenza originale. Il paradosso di questa produzione Netflix risiede infatti nel fatto che è proprio il villain della storia, in un certo senso, a svegliare la vittima, a renderla scattante e vigile al dolore che, prima di quel momento, non veniva mai affrontato. Ma andiamo per gradi.
Al centro della narrazione troviamo Donny, un comico che non può campare delle sue aspirazioni. Questo lavoro non s’ha da fare, e così il protagonista finisce a lavorare in un pub in cui conosce Martha, una giovane donna che lo conquista con simpatia e tenerezza. Anche lei non gode di una situazione economica agiata, e questo la porta a non potersi neanche permettere una tazza di the. Donny, comprendendo bene la situazione, accoglie il dolore di Martha, mostrandosi gentile e offrendole da bere in un turno qualunque di lavoro.
Quel che non sa, però, è che quel gesto gli costerà un trauma eterno. La ragazza diviene infatti la sua stalker, mentre Donny diviene la sua ossessione. Richard Gadd, l’attore protagonista della serie, utilizza così questa produzione per raccontare una storia che conosce bene, perché è stata vissuta proprio da lui in prima persona.
L’identità della sua stalker reale non è mai stata rivelata, tantomeno sappiamo cosa sia successo davvero alla fine della storia. Martha è soltanto il suo alter ego, la sua impersonificazione. Gadd non ha mai voluto rivelare i dettagli riguardanti la sua stalker per non turbare, ancor di più, una persona mentalmente instabile e debole. Quel che sorprende di Baby Reindeer è che non si smette mai di pensare, neanche quando Donny non capisce davvero cosa stia accadendo.
Il protagonista abbatte infatti il confine che lo separa da noi, rendendoci telespettattori attivi dei suoi pensieri. Le sue riflessioni non sempre sono politicamente corrette, tantomeno sono le cose che ti aspetteresti mai di sentire da parte di una vittima. Questo espediente si mostra immediatamente intelligente ed efficace all’interno di Baby Reindeer, perché esplicita la natura di questa produzione: rendere tutto umano, estremamente attento alla realtà che si sviluppa dietro la macchina da presa.
Baby Reindeer ci dice che si può essere vittime ma contemporaneamente persone normali, comuni, con pregi e difetti che non ci permettono sempre di competere per una medaglia al valore. E Donny è un po’ così, seppur – ovviamente – non stiamo parlando di un cattivo ragazzo. Ma stiamo parlando di uno di noi, un tizio qualunque che per anni ha fatto finta di niente di fronte ai traumi della sua vita, spingendo l’acceleratore sull’indifferenza. Ma quello stesso sistema dormiente di emozioni si risveglia con Martha, che in Baby Reindeer rappresenta l’interruttore di Donny. In questa Serie Tv ogni certezza viene smontata e ogni cliché distrutto, raccontandoci una storia diversa dal solito.
A dispetto di altre produzioni, infatti, Baby Reindeer ribalta la situazione accendendo una luce sulla parte più sconosciuta del problema, un problema che sussiste ma che spesso viene sottovalutato. Per cercare di affrontarlo al meglio, Baby Reindeer utilizza più espedienti, diventando perfino divertente in certi momenti. Perfino i pensieri scomodi di Donny, a volte, fanno ridere. E quanto lo fanno. Anche se da ridere, in realtà, non ci sarebbe niente. Perché Martha è una stalker e Donny un perseguitato. Perché una situazione del genere terrorizza e crea dei traumi eterni con cui bisognerà convivere per tutta la vita. Ma a Richard Gadd tutto questo serve, per esorcizzare e per ricominciare. Per rivivere ma anche per dare, a una brutta storia, il finale che merita.
Donny, d’altronde, in queste sette puntate dovrà affrontare tutte quelle parti di sé da cui è sempre sfuggito. L’impatto di Martha è troppo grande per non risvegliarlo, e questo gli darà modo di venire a contatto anche con il suo passato, il luogo temporale che lo ha reso quello che è adesso. D’altronde, quei traumi rappresentano il confine che lo separa dalle relazioni, ciò che lo allontanano – senza che lui lo sappia – dalla normalità di un legame.
Il lavoro da fare per tirarsi fuori da questo garbuglio di traumi è tanto, infinito, e non basterà comprenderà la pericolosità di Martha per aiutarlo. Per convinvere davvero con i suoi mostri, Donny dovrà fare molto più. Per prima cosa, dovrà accoglierli. Farli diventare pezzi di sé smettendo di far finta che non ci siano. Solo a quel punto, allora, il passo verso la ricerca di sé sarà compiuto. Ed è questo, d’altronde, quel che succede in queste sette puntate.
A tratti dolorosi, a tratti divertenti, sarcastici e taglienti. Questi 7 episodi sono il luogo in cui Donny muore e risorge più volte, scontrandosi con il suo nemico per eccellenza. Martha? No, se stesso.