Band of Brothers arriva il 9 settembre 2001, una data che ci mette di fronte a uno dei momenti che più ha unito il mondo della serialità a quello della realtà. Il 9 settembre 2001 per chiunque, in quel momento, era una data qualsiasi in cui – come accadeva quotidianamente – veniva distribuita una determinata Serie Tv. Ad oggi, invece, il 9 settembre 2001 significa letteralmente due giorni prima. Quarantotto ore prima dalla catastrofe che cambierà per sempre la storia dell’America privandola dei suoi polmoni. Proprio in quei giorni Band of Brothers veniva distribuita da HBO fino al mese di novembre, fino quindi a due mesi dopo la tragedia dell’11 Settembre. La serie, così patriottica e necessaria, sembra abbracciare l’America ricordandole che non era sola, che in qualche modo ci si poteva ancora rialzare, ma che mai nulla sarebbe stato dimenticato. Band of Brothers, d’altronde, parla di questo. Dell’importanza della memoria, del modo con cui gli eventi che viviamo si ancorino alla nostra vita impedendoci di dimenticare. Questo flusso di dieci episodi in quel momento è stato lo specchio attraverso il quale l’America si è rivista, il bastone su cui la popolazione si è appoggiata. Non era solo una Serie Tv: era anche altro, e ancora oggi nessuno è riuscito a dimenticare il compito che Band of Brothers, senza saperlo, stava portando avanti.
Chiunque non l’abbia vista dovrebbe cominciare a prendere in seria considerazione l’idea di recuperarla, così da capire finalmente il motivo per cui questa produzione sia diventata una delle pagine più importanti del mondo della serialità
Prodotta da Steven Spielberg e Tom Hanks, Band of Brothers fece scalpore immediatamente a livello internazionale. Il suo arrivo in Italia fu infatti anticipato e la sua programmazione passò presto dalla seconda serata alla prima. I dati di ascolto registrati portarono i vertici a rimanere stupiti da quel successo che, in qualche modo, aveva unito le diverse nazioni permettendogli di ritrovarsi strette nello stesso abbraccio dei protagonisti. Band of Brothers stava d’altronde parlando indistintamente a chiunque fosse in ascolto. Abbracciava le popolazioni e ricordava all’America che già in passato era riuscita a rinascere nonostante il grande dramma che aveva vissuto.
Ciò che fin da subito aveva contraddistinto la produzione era il realismo con cui la storia veniva presentata. Il cast era infatti caratterizzato da volti in quel momento poco conosciuti, fatta eccezione per David Schwimmer. Il resto degli attori adesso rappresentano degli importanti volti del cinema, ma fino a quel momento nessuna delle loro interpretazioni era ancora stata notata. Band of Brothers voleva volti nuovi che restituissero poco il concetto di recitazione ma tanto quello della realtà. In questo senso, ad oggi, spiccano nomi come Michael Fassbender, James McAvoy, Colin Hanks, Matthew Settle. Ognuno degli interpreti fu sottoposto a un vero e proprio addestramento capace di restituirgli un’esperienza più autentica, elemento che fu fondamentale per portare avanti la storia corale di quel gruppo di soldati che affrontavano il terribile periodo della Seconda guerra mondiale.
Il loro studio non avvenne soltanto attraverso il mezzo fisico a seguito di addestramenti militari di duro regime, ma soprattutto mentale. Per questa ragione gli attori incontrarono i personaggi che avrebbero dovuto interpretare. In questo modo riuscirono a farsi un’idea del dolore, del tormento e della memoria di quegli uomini che adesso, per l’istante di dieci puntate, avrebbero preso le loro sembianze. Band of Brothers non aveva intenzione di risparmiare nulla. Raccontare la guerra non significa soltanto qualche effetto speciale e qualche scena d’azione. Significa mettere in atto il tormento e il dolore, la paura di un rumore che potrebbe annunciare la fine definitiva. Non si può narrare un evento del genere tralasciando tutto questo e facendo spazio soltanto alla corsa frenetica da una parte e l’altra del territorio minato. Chi corre non è solo un soldato, ma anche un uomo. E le dieci puntate questo lo ricordano bene.
L’intenzione dei produttori, Tom Hanks e Steven Spielberg, era quella di raccontare la storia attraverso un mezzo emotivo che fino a quel momento non era ancora stato messo in atto in quel modo. La parte più intima di quel dolore non era ancora stata esorcizzata, ma Band of Brothers riuscì in tal senso portando avanti una narrazione che non parlava solo di soldati e nemici, bensi di persone che non potevano permettersi di vivere in modo trasparente l’unica condizione che avvertivano nelle ossa: la paura. Dovevano covarla, nasconderla. Non potevano essere fragili, ma soltanto forti. Questo era ciò che gli era richiesto, e questo era ciò che dovevano fare. Non c’era spazio per altro. Band of Brothers riesce a portare in scena questa altalena di tormenti e doveri, dando così vita a dei personaggi finalmente umani, e non più mere figure che si muovono a comando davanti a una macchina da presa. Le diverse prospettive vengono facilitate anche grazie al meraviglioso utilizzo della regia che cambia da puntata a puntata. Band of Brothers è infatti una produzione corale sotto tutti i punti di vista e vede la mano di grandissimi registi come Tom Hanks, Phil Alden Robinson, Richard Loncraine, David Leland, Tony To, Mikael Salomon, David Frankel, David Nutter.
La profondità psicologica dei personaggi di Band of Brothers è per questa ragione una delle caratteristiche che più hanno permesso alla produzione HBO di diventare un cult fin dai primi giorni del suo arrivo. A differenza delle altre produzioni, la parte più intima e fragile dell’essere umano non era stata restituita soltanto ai protagonisti, ma anche a quello che potremmo definire in gergo un nemico, all’esercito tedesco che non aveva più soltanto dei volti, ma anche un mondo interiore. Band of Brothers ha parlato della sofferenza della guerra andando oltre al solo malessere fisico. Ha messo in atto una narrazione che ci ha disturbati ma che, al tempo stesso, ci ha catapultati nel tormento di un dramma capace di abbracciarci attraverso i suoi protagonisti. Non era semplice mettere in atto questo tipo di produzione, ma Band of Brothers lo ha fatto insegnandoci in che modo si dovrebbe parlare della guerra.
L’adrenalina e l’azione, comunque, non si risparmiarono restituendoci una regia impeccabile capace di catapultarci all’interno di un campo di battaglia caotico e confusionario. I tragici rumori che avvertiamo non conoscono infatti alcuna locazione precisa. La macchina da presa continua a correre insieme al caos della guerra immergendoci a tutti gli effetti all’interno di quel che avviene all’interno del nostro campo visivo.
Non solo armi, non solo volti minacciosi che premono il grilletto, non solo rumori. Band of Brothers è, a tutti gli effetti, parte di vita, una narrazione che ha abbracciato l’America nel momento del bisogno e che, ancora oggi, racconta la guerra nel modo più delicato, umano e forte che si sia mai visto in una produzione televisiva. Band of Brothers ha spiegato come parlare di questo argomento così complicato restituendoci una delle migliori Serie Tv degli ultimi vent’anni, uno dei cult più umani e difficili, una delle nostre prove di fronte allo schermo più complesse. Abbiamo tutti un disperato bisogno di Serie Tv di questo tipo, e per fortuna questo lo hanno ricordato bene Steven Spielberg e Tom Hanks quando decisero di produrre uno dei più importanti capolavori dell’ultimo ventennio.
Per chiunque volesse, Band of Brothers è disponibile su Sky e NOW.