Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie
Scriveva così, Ungaretti, nella meravigliosa poesia ‘Soldati’. I versi, inebriati dalla brutalità della guerra, rendono benissimo l’idea della precarietà a cui sono destinati i soldati in guerra. Lurida e spregevole, essa si nutre di paura e incubi. La guerra è la negazione di ogni umanità. Ma la storia ci ha regalato eroi, angeli prestati ai campi di battaglia, fratelli legati da un’esperienza destinata a rimanere sempre e per sempre nella memoria di intere generazioni. Band of Brothers si fa portavoce di questi uomini desiderosi di vita. Perché l’unico anelito capace di distruggere la morte (la guerra) è la vita. La vita prosegue nonostante tutto, anche se l’aria è crivellata di colpi.
Band of Brothers è una miniserie statunitense in 10 puntate, prodotta da Steven Spielberg e Tom Hanks e ispirata dall’omonimo libro storico di Stephen Ambrose. La serie ha vinto un Golden Globe e 6 Emmy Award, ricevendo il titolo di miglior mini serie o film per la televisione. Diventata un caposaldo della filmografia bellica, l’opera è stata realizzata tenendo conto di ogni minimo dettaglio, anche il più sottile. In effetti, le riprese durarono quasi un anno e furono seguite da esperti vicini alla Seconda Guerra Mondiale. Band of Brothers segue le vicende della Compagnia Easy del 2º Battaglione, 506º Reggimento di Fanteria Paracadutista, 101ª Divisione Aviotrasportata dell’esercito degli Stati Uniti, partendo dal loro addestramento a Camp Toccoa, passando per la loro assegnazione al fronte europeo e seguendo i combattimenti fino alla fine della guerra.
Ogni episodio viene narrato e descritto attraverso le parole e i pensieri dei soldati, venendo così a crearsi una sorta di empatia tra lo spettatore e gli uomini al fronte. Uomini o eroi? Eroi più che uomini. Eroi di cui sentiamo ogni paura, ogni dolore, ogni speranza. Sí, perché ciò che contraddistingue gli eroi dagli uomini, è il credo della speranza, la capacità di staccare il cordone ombelicale che ci unisce alla paura. La Compagnia Easy è al centro delle tappe più importanti che portarono gli alleati a vincere la Seconda Guerra Mondiale: D-Day, il famoso sbarco in Normandia, Carentan, l’operazione Market Garden e la disfatta di Neunen, la “battaglia delle Ardenne”, la presa di Bastogne e di altre città come Foy e Haguenau, la scoperta dell’orrore concentrazionario a Landsberg e infine l’arrivo al “Nido delle aquile” ultima roccaforte hitleriana a Berchtesgaden. Si vince tutti insieme, facendo di tutto affinché gli altri compagni non cedano, non si feriscano, non muoiano.
Perché vogliono fare i volontari? Perché vogliono fidarsi di chi gli sta accanto
È questo l’unico sentimento che vive e risorge nei campi colmi di trincee e armi: la fiducia. Perché se in guerra ci sono solo ‘morti che camminano’, gli animi hanno bisogno del seme dell’amore fraterno per rialzarsi. E rialzarsi. E rialzarsi ancora.
I dieci episodi ci regalano il quadro di umanità di chi stava dietro alle armi, spesso giovani impauriti e impotenti di fronte agli orrori delle battaglie. Figli separati dalle madri, mariti allontanati dagli affetti familiari, uomini scesi dal treno dei sogni. Distesi tutti insieme e a quattro passi dall’inferno, affidano le loro preghiere a un Dio che sembra lontanissimo, come tutti i sani ricordi di un passato trascendentale. Non un protagonista, dunque, ma una compagnia intera. Non una compagnia qualunque, ma una compagine di uomini che hanno fatto la storia.
Primo tra tutti il Capitano Winters, un marinaio che non abbandona mai la propria nave. Una figura di riferimento, un padre spirituale per tutti i soldati. Altro personaggio al cuore della serie è il Capitano Nixon, un uomo problematico ma pieno di valori, a cui non può mancare una buona dose di alcool. Ci sono il tenente Lipton e il tenente Compton, quest’ultimo colpito dal Disturbo Post Traumatico da Stress, dopo aver assistito alla morte atroce di molti suoi compagni. Come dimenticare il Dottor Eugene Roe, sempre pronto a salvare vite, anche se in guerra poche sono le vite che si salvano. Lo stesso Roe, ricordando la sua infanzia felice, si domanda se ci sarà un giorno in cui il dolore possa cessare.
I nostri eroi tra una trincea e l’altra, combattono anche un’altra guerra. È quella dell’ansia, dei turbamenti, della soffocante idea di non farcela. È quella che vede i soldati sentirsi foglie leggere portate via dal vento. È quella per cui, Albert Blithe, un soldato della Compagnia Easy, finisce per essere schiacciato dagli attacchi di panico e reso inerme.
Lontano dalla mente è il pensiero di ritirarti, anzi non esiste affatto. E così scavi la tua fossa accuratamente in profondità e aspetti
Aspettare, sì. Una speranza, un motivo per tenerti ancora attaccato al mondo.Forse una sigaretta che sa di casa o il sapore del cioccolato ormai dimenticato. La serie, quindi, rinuncia a voler essere una parabola esclusivamente bellica e tenta di essere molto di più: un’odissea verso la libertà, una strada percorsa da uomini messi di fronte ad una situazione estrema, ma da cui si può uscire. Non solo attraverso la morfina, non solo attraverso le pallottole, ma mediante la solidarietà.
Se gli scopi della guerra sono tutti nefasti, il raggiungimento dei campi di concentramento assomiglia a una luce che illumina il mondo. Band of Brothers, che ci ha portati con una precisione minuziosa all’interno dei campi di battaglia, nell’episodio 9 ci trascina all’interno di quei campi da lavoro forzato fatti costruire da Hitler. È un pugno nello stomaco. È un dolore che possiamo sentire. È un brivido che ci passa dalla testa ai piedi. Ci sono ebrei massacrati e bruciati vivi. Altri sono vivi, ma più vicini alla morte. All’arrivo dei soldati americani sembrano aspettare un messia, qualcuno che li liberi dal vortice del terrore. Nudi, scheletrici e senza capelli, chiedono cibo e dignità. Se i soldati americani si sono chiesti spesso per cosa combattessero, ecco la risposta: riscoprire e salvare l’innocenza.
La serie si conclude, come in una carezzevole metafora, con una partita di baseball tra i componenti della Compagnia Easy. Il Baseball e la guerra, in fondo, si assomigliano molto. Si lancia, si colpisce e si corre. Ma questa volta è solo un gioco, è l’ennesimo raccoglimento di un gruppo di soldati, di amici, di fratelli. La vera partita è finita.
Da oggi, fino alla fine del mondo, noi che siamo qui verremo ricordati. Noi pochi fortunati, noi banda di fratelli. Perché colui che oggi è con me e versa il suo sangue sul campo, colui è mio fratello
La frase è presa da uno dei drammi storici più noti di W. Shakespeare, l’Enrico V.
Band of Brothers si chiude così. Il cielo non ha più il colore grigio del fumo delle bombe. Il cielo sopra ai nostri fratelli è di un azzurro intenso. Il cielo ricorda ai soldati che non ci sono limiti se si guarda in alto. La storia è stata scritta. È stata scritta dagli uomini della Compagnia Easy. Uomini più che soldati. Eroi più che uomini.