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L’inaspettata rivincita italiana di Bang Bang Baby

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“Fino a dove, ti sei spinta per amore?”, canta Madame nella colonna sonora di Bang Bang Baby, perla italiana originale Amazon disponibile sulla piattaforma streaming del colosso di Jeff Bezos. Questa volta però l’amore di cui si parla non riguarda una romantica coppia, ma quello di una figlia degli anni ’80 verso suo padre, criminale della mafia milanese. La storia di Bang Bang Baby è ispirata a quella di un personaggio reale, Marisa Merico, giovane donna, cresciuta in Inghilterra, che da ragazza scopre di essere la figlia dell’erede di una cosca mafiosa molto potente a Milano. Il suo libro, Mafia Princess, racconta proprio della fascinazione suscitata in lei dal padre, potente, sofisticato e amorevole ai suoi occhi, spietato a quelli del mondo. Un po’ come Alice, Marisa, sopraffatta dalle attenzioni e dai doni del padre, fu trascinata sempre più a fondo nel regime sinistro e brutale della famiglia, assistendo a cose terribili da credere. Quando si accorse che non c’era limite a ciò che il padre si sarebbe aspettato che lei facesse per lui, Marisa comprese di dover rompere quel legame pericoloso.

Sin dalla prima puntata, un elemento in Bang Bang Baby è chiaro: non ci troviamo davanti a una serie dalle classiche venature italiane. E uno dei possibili limiti della rappresentazione, agli occhi di uno spettatore, potrebbe essere la decisione di raccontare al pubblico un’atmosfera trasognata e troppo caricaturale della realtà, segnata dagli stereotipi sociali. Bang Bang Baby vuole puntare al pubblico internazionale, regalandogli tutto ciò che può cercare da una serie made in Italy: una storia sul crimine organizzato, che è anche storia di una famiglia, ma che è anche storia di uno dei periodi d’oro della cultura pop del nostro Paese. Parliamo di un gangster movie, che da Suburra a Gomorra ci rende riconoscibili altrove, incrociato con il coming of age, filone universale. Con questa formula si cerca di tradurre e rinfrescare un contenuto che all’estero ritengono molto affine alla nostra identità nazionale – l’intreccio tra famiglia e criminalità – attraverso una forma che però ricorre alla nostalgia di un tempo perduto e sempre rievocato per mezzo della sua estetica.

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Il contesto di Bang Bang Baby

Bang Bang Baby è un prodotto dalla indubbia qualità artistica e dall’estetica irresistibile, un vero e proprio piacere per gli occhi e le orecchie che ci raccontano un nuovo modo di fare serialità televisiva, con un prodotto non rivoluzionario, ma dalla qualità decisamente ottima. Un titolo che, con le proprie peculiarità, si aggiunge alla lista di produzioni che negli anni hanno ampiamente dimostrato come le serie tv italiane abbiano preso a cuore la cura dei dettagli e che quando vogliamo, siamo ancora in grado di creare prodotti di qualità (qui trovate un focus su questo argomento).

La selezione delle storie, il piano del casting accuratamente ritagliato, la commistione di generi differenti ma complementari nella loro interezza, la sperimentazione sul piano della fotografia e la sceneggiatura coinvolgente sono solo alcuni degli elementi di qualità presenti in Bang Bang Baby, un vero e proprio vortice, crime pulp da non perdere. Bang Bang Baby si cala nel contesto storico della Milano degli anni ottanta, tra crescita economica e criminalità organizzata, quella della ‘ndrangheta, grazie a una prospettiva tanto alternativa quanto interessante. Alice, cresciuta a Milano con la mamma femminista e progressista, scopre di appartenere, da parte di padre, a una delle più famigerate e potenti famiglie mafiose di Calabria.

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Il segreto di Bang Bang Baby

Se Bang Bang Baby riesce ad incantarci, raccontando tutto ciò, è soprattutto per lo sforzo produttivo di restituire al pubblico le atmosfere di quegli anni prima di ogni cosa: dai riferimenti alle pubblicità ed ai marchi più celebri del tempo, fino alla selezione musicale ed ai riferimenti ai nuovi programmi televisivi ed ai suoi personaggi. Chi c’era e chi non c’era, tutti, sono assorbiti da un mondo che rinasce appositamente per la serie. Così, se la protagonista viene sopraffatta dall’ansia ed al tempo stesso da una cascata di confetti di cioccolato, oppure immagina di trovarsi dentro PacMan, è tutto incredibilmente coerente.

Gli anni ’80 fanno da ponte e comunicano familiarità allo spettatore, tanto che il pubblico si abitua presto a riconoscere gli elementi evocativi in scena. Ma essi non sono esclusivamente funzionali alla rievocazione, quanto più alla costruzione del mondo di Alice stessa. Siamo nella sua mente, siamo nel suo viaggio. Vediamo le cose dal suo punto di vista, nonostante alcune volte la narrazione si faccia onnisciente e riesce a riscostruire gli eventi che Alice stessa può solo immaginare. Ciò che abbiamo modo di vedere è la sua crescita. Dobbiamo entrare nella sua mente per poter riuscire a coglierne la fragilità e allo tempo la grande forza.

Una sola parola: qualità

Le prospettive si ribaltano, i generi si mischiano. Con una fotografia neon, musiche pop e ritmi narrativi avvincenti, Bang Bang Baby è davvero un crime drama tanto difficile da definire quanto godibile per le sorprese che riserva. Un po’ coming of age e un po’ thriller, questa serie originale miscela sfumature da black comedy in un racconto insieme suggestivo e inquietante, sempre sopra le righe. All’interno di “Bang Bang Baby”, gli spunti di riflessione sono moltissimi e i temi toccati altrettanti: dal rapporto con la famiglia ai disturbi alimentari, i disagi dell’adolescenza che si scontrano con una realtà spietata e sanguinaria, una politica che si confonde con la criminalità, le lotte femministe e il ruolo della donna in generale. Nella serie, proprio alle donne è stato lasciato ampio spazio ed anzi sono i loro interventi a cambiare sempre le carte in tavola. C’è poi l’amore, raccontato in tutte le sue mille, e non sempre semplici, sfumature.

Si gioca con i generi anche visivamente cercando di rievocarli attraverso un gioco stilistico, riprendendo i toni di quella serialità tipica dell’epoca. E l’ambientazione conta, tantissimo: perché l’Italia che viene mostrata in questa serie è ben differente da quella di oggi, così come gli italiani. Questa attenzione ai particolari ci fa comprendere il grande lavoro di scrittura che c’è stato nella creazione della serie. L’intento della serie è quello di prendere lo spettatore per mano e condurlo nel caleidoscopico mondo di Alice, in cui dominano la musica e la cultura degli anni Ottanta, quelle che hanno reso celebre la Milano da bere, mostrandogli in maniera grottesca e surreale il mondo della criminalità organizzata.

Le Big Babol, il poster delle Charlie’s Angels, Cher, George Micheal e i cantanti italiani che sono stati in pole position nell’ambiente discografico fanno parte del racconto di formazione di questa timida e insicura sedicenne, e ci regalano un prodotto che non sbaglia un colpo. Anche la colonna sonora è curata nei minimi dettagli. Fra i tanti titoli spicca L’eccezione di Madame. “Un’altra televisione è possibile!”, gridava entusiasta il Renè Ferretti di Boris nel 2010. E di quella esclamazione era rimasta giusto l’eco, complici i tanti fallimenti delle produzioni italiane. Oltre un dieci anni più tardi, in questo afoso 2022, Prime Video è riuscita a regalarci questa piccola perla che è Bang Bang Baby.

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