Nel 2019 dalla mente creativa di Phaim Bhuiyan si iniettava, in un contesto cinematografico italiano ignaro, una pellicola irriverente pronta a emozionare e sfidare con l’audacia di chi sta alla prima direzione ufficiale. Bangla nasce come lungometraggio parzialmente autobiografico sulla vita dello stesso giovanissimo regista Phaim che, a fedeltà della storia, riveste anche i panni dell’omonimo protagonista. Phaim è un ragazzo bengalese, sulla ventina, nato e cresciuto in Italia, nel quartiere romano di Tor Pignattara per la precisione, descritto romanticamente come un ecosistema colorato pullulante di realtà, suoni e odori. Il piccolo film sulla scissa esistenza di Phaim (diviso tra fede e famiglia tradizionali e vita mondana super-occidentalizzata e condizionata dagli eccessi italiani) è stato una vera e propria rivelazione tanto da conquistare un Nastro D’argento, un David di Donatello e un Globo D’Oro.
Dal film è poi derivata una serie tv spin off che, nella semplicità più totale, proietta ancora una volta nel racconto dal sapore quasi documentaristico di Phaim. La sua prospettiva viene ripresa ancora una volta: il mosaico culturale dello spaccato di vita di un giovane diviso tra due realtà non rimane sospeso a mezz’aria come il lungometraggio faceva pensare. Nello show per la televisione, la storia è ripresa dove si era interrotta per dare continuità alle peripezie del goffo e tormentato antieroe che si distingue per forza e debolezza, contraddizione e dedizione. Il film sottolinea in particolare la scissione del protagonista che, con serrata autoironia, vive diviso tra impulso e controllo. Phaim conosce Asia (Carlotta Antonelli), ragazza italiana capace di far tremare il suo microcosmo. Diviso tra la tenera e impacciata conoscenza, destinata a diventare qualcosa di più, e l’indisturbata esistenza di giovane mussulmano che ha vissuto fino a quel momento, Phaim rimane paralizzato e ogni scelta sembra sbagliata nella scacchiera in cui si muove.
Bangla, il film, si conclude con un finale aperto che lascia romanticamente sospeso il quesito sul futuro della giovane coppia. Ed ecco a distanza di due anni il ritorno di Phaim sullo schermo, non ancora disposto ad archiviare un racconto intimo e sensoriale. Bangla, la serie tv, riprende tutto con precisione, come se non fosse un’idea partorita in seguito. Alla fine, il caso vuole che Phaim per Londra non sia più dovuto partire, resta quindi il problema di coniugare un’onesta relazione con Asia e la realtà mussulmana a cui si sente ancora legato.
Come è scontato che sia, proprio a fronte della continuità narrativa, film e serie tv vanno approcciati consequenzialmente così da immergersi a pieno nella storia di Phaim, che è più un racconto generazionale e generale di integrazione.
Bangla è una fotografia raccontata dal forte accento romano di Phaim, palesemente cresciuto nella capitale da cui ha assorbito stili e ne ha fatto la sua essenza. Il protagonista segue ogni sequenza parlando della sua prospettiva, per poi addirittura rompere la quarta parete per giustificarsi e/o discolparsi da azioni convenzionalmente normali. Quando si sente in colpa o vulnerabile Phaim rivolge lo sguardo in camera: ha vent’anni come tutti, e come tutti agisce. Eppure, il giovane sente il peso del mondo e della propria coscienza come il più importante e imperfetto degli individui. Ma Phaim è come tutti e proprio perché è come tutti, non è solo. Vive a Roma, in mezzo a una marea di gente, ciò nonostante, il centro del suo mondo trema: trema per Asia e lo shock che questa provoca a ogni sua dedizione. Roma è grande, gigante, soprattutto se si è giovani e disorientati. Phaim pensa di conoscere la realtà in cui vive, ciò nonostante la città è immensa e si disperde tra i vicoli e le periferie, quelle vere. Tra l’altro, Bhuyian fa ricorso a una colonna sonora che attinge moltissimo al cantautorato italiano e contribuisce alla romantica stretta al cuore che accompagna il protagonista tra le vie della capitale stessa.
Bangla racconta la periferia romana tramite una favola televisiva che è di tutti e di nessuno, è il racconto di Phaim e della sua odissea interiore che lo porta a agire fuori dagli schemi e fuori da sé. Una morale vera e propria non c’è, si nasconde nel sotto-strato del linguaggio ironico, sarcastico, e nel ritmo rapido e serrato dello show. Bangla è una comedy in senso stretto, eppure si ritaglia momenti di timida introspezione e crudo romanticismo. Non soltanto il romanticismo che denota una coppia alle prime fasi, ma anche un romanticismo intimo, personale, di accettazione e rispetto per sé stessi. Lo stesso romanticismo con cui Phaim ritrae una realtà romana in grado di inglobare vite diverse e simili.
Bangla è il ritratto fedele di chi ha deciso di raccontare la propria realtà con onestà, mettendo a nudo insicurezze e fantasmi. In un 2022 fatto di consumo e incomprensioni, Phaim e Asia sono in balia di una corrente che scorre indisturbata.
Se nel film il problema che tormentava il protagonista per la maggiore era il sentimento per la giovane italiana, originaria di una famiglia tutt’altro che convenzionale e tradizionale, nella serie tv il nuovo ostacolo rappresenta la vera vita di coppia dei due. Asia è una normale ventenne che sogna una relazione con Phaim senza privarsi di ogni elemento che un rapporto possa implicare. Il problema che affligge l’antieroe è proprio il sesso con la ragazza amata che fa attrito col suo desiderio di arrivare vergine al matrimonio. Ma alla fine dei conti quelli che sembrano i limiti religiosi autoimposti sono più ostacoli interiori che un giovane insicuro e pieno di paranoie si pone nel normale avvicendarsi della sua età in un mondo fugace e spietato. Asia spinge Phaim contro i propri limiti, ma questa è solo un pretesto che lo sfida. La vera sfida del protagonista è quella interiore, con sé stesso.
Nel mondo delle fiction e serie tv Rai, Bangla è attuale come poche produzioni nostrane. Racconta i giovani, ma non solo. Racconta una realtà italiana di integrazione, di mondi che si incontrano e fondono, di famiglia e radici. Ma non solo. Phaim colleziona in sé tante sfaccettature di una generazione complicata, inibita, dall’emancipazione altalenante. Nello stile narrativo di Bhuiyan si ritrova la vena di Zero Calcare, riflessa nella sensazione di costante inadeguatezza che pervade il protagonista. Phaim è insicuro, tormentato, impacciato. Il desiderio di essere all’altezza e trovare una forma che gli permetta di vivere in equilibrio alimentano la pressione sociale e culturale che ne sviliscono ogni azione e decisione. Phaim è in balia di un tutto che cerca di controllare. Solo lasciandosi andare può veramente staccare i piedi da terra e liberarsi da ogni paranoia. Quella di Bangla è una commedia Rai che riflette la vulnerabilità di giovani soffocati da insistenti aspettative, personali, esterne e di contesto.
Phaim è vittima di pressioni (che spesso si pone da sè). Si perde frequentemente, e non è detto che si ritrovi con sicurezza.
Bangla non è soltanto un racconto fatto di polarizzazione, ma è anche e soprattutto una storia introspettiva di chi come Phaim si sente inadeguato. Il sentimento di disistima che affligge l’antieroe è il movente principale delle sue peripezie, sta tutto nella patologica insicurezza che lo spinge a dubitare di sé stesso, a rinunciare ai propri desideri. Phaim indietreggia, pensa di non essere sufficientemente bravo, di non meritare ciò che vuole. Il protagonista è ambizioso per quel che conta, ma non crede abbastanza in sé stesso, è insicuro al punto da rinunciare in partenza, fino a porsi limiti interiori che ne influenzano il senso di piena soddisfazione mai raggiunto. Phaim è il figlio di due culture che ne scindono l’identità interiore, ma è prima di tutto un millennial come molti: insicuro, disorientato e complicato. La religione alla fine diventa soltanto un capro espiratorio di cui è conscio per metà. Il viaggio con Asia e il suo dissidio interiore aprono finalmente un cammino di scoperta e accettazione ancora probabilmente molto lungo.
Il film prima, e la serie tv ora, non sono soltanto delle confortanti commedie romantiche alternate dal racconto introspettivo di un protagonista controverso e in lotta con sé stesso.
Come se non bastasse, Bangla racconta di una Roma, e di un’Italia, pittoresca, figlia dell’incontro tra culture, realtà, costumi e valori che, seppure diversi, sono capaci di amalgamarsi e originare mosaici di vita a metà strada. Bhuiyan ce lo racconta con la spavalda e acerba ironia di chi ha vissuto in prima persona. Proprio perché percepite sulla propria pelle, le vicende di Bangla sono narrate con credibile verità che aderisce con prepotenza su una storia dalla narrazione cruda, acida e romantica. La fragilità che Phaim scopre nella serie tv (già anticipata dal film) è sentita, ammorbidita e sdrammatizzata da un linguaggio onesto, vicino ed esilarante.