Quando qualcuno mi chiede consiglio su una serie tv d’azione la mia scelta ricade quasi sempre su Banshee: è poco conosciuta e, come serie action, compie il suo dovere, è una scarica di adrenalina pura, un connubio di sesso, violenza e criminalità.
Per chi non ne avesse mai sentito parlare, Banshee, in italiano accompagnato dall’azzeccatissimo sottotitolo “la città del male”, narra le vicende di un ex carcerato che ha assunto l’identità del detective Lucas Hood, del quale si vede l’assassinio nel primo episodio. Il finto Hood è scappato a Banshee per rifugiarsi dal feroce Rabbit e riconciliarsi con la figlia di questo spietato boss, Anastasia, sua ex partner nella vita e nei furti, la quale però durante gli anni di carcere di Lucas si è sposata e si è costruita una famiglia.
Durante il corso della serie il detective si impegna a mantenere la giustizia (diciamo pure a modo suo) , dichiarando guerra a Kai Proctor, il “cattivo” per antonomasia, ma, allo stesso tempo, non rinuncia alla carriera criminale alla quale si concede affiancato da Job, Sugar e dalla stessa Anastasia, diventata ormai Carrie Hopewell.
Adesso vi elencherò i motivi per cui questa è una serie da non perdere (a meno che non siate deboli di stomaco).
1) Banshee ci insegna che non è tutto bianco o tutto nero
Le persone non si dividono in due categorie, “buoni” o “cattivi”: ogni personaggio ha le sue luci e le sue ombre che vengono evidenziate lungo il corso della storia. Prendiamo per esempio Kai proctor, il villain per eccellenza della serie: inflessibile e all’apparenza anaffettivo, eppure, quando si tratta di sua nipote Rebecca, la sua armatura d’acciaio viene a mancare, mostrando un’umanità altrimenti nascosta. Un esempio ancora più marcato del labile confine tra bene e male, uno dei temi centrali della serie, è rappresentato quando Lucas, Brock e Siobhan (i suoi agenti) puniscono Hondo, uno dei neonazisti rei di aver ucciso un loro compagno poliziotto.
2) Banshee è una scarica di adrenalina pura
Questa serie ci offre uno spettacolo d’azione estremamente sopra le righe che può farci saltare sul divano per fare il tifo per il nostro personaggio preferito, ma, allo stesso tempo, l’estremizzazione di alcune scene può far storcere il naso ai più scettici. Tutta questa azione potrà distoglierci un attimo dalla storia, ma mai la sconvolge: è tutto perfettamente contestualizzato. La violenza che ci viene proposta è cruda e a volte fine a sé stessa, ma non fa che aumentare l’hype della serie. Lo scontro più selvaggio e che potrebbe essere definito il più rappresentativo di tutta la serie è quello tra la pellerossa Nola e Burton, devotissima e all’apparenza invincibile guardia del corpo di Kai; chi ha già avuto il piacere di vederlo ne avrà sicuramente apprezzato la conclusione splatter.
3) A nessuno viene negata la redenzione
Qui non posso che prendere l’esempio di Kurt, ex neonazista che pentito entra in polizia sotto il comando del nostro sceriffo Hood con lo scopo di distruggere il gruppo di suprematisti bianchi di cui fa parte anche il fratello. Dallo stesso Kai Proctor si vedranno segnali di pentimento e, nel finale, una sorta di riscatto non verrà negata nemmeno a lui.
4) “Sangue in cambio di sangue”
Questo episodio, a mio parere, merita un occhio di riguardo, in quanto è riuscito a racchiudere le peggiori sensazioni che un film horror claustrofobico riesce a crearti in 45 minuti di puntata. Se siete suscettibili a questo genere di cose, saltatelo.
La durata della serie, di sole quattro stagioni, ha consentito a Cinemax e ad Alan Ball (True Blood) di creare un prodotto che mette in scena violenza spiccia, sesso e criminalità di ogni genere senza scadere mai nella ripetizione o nel banale. A chi non l’ha ancora visto: beh, cos’aspettate?