Barry sembra quasi il risultato di uno di quei momenti in cui un brainstorming va oltre e si cominciano a elaborare idee assurde nate da spin-off mentali di serie già esistenti. Immaginiamo la scena: uno sceneggiatore si alza e dice: “E se Dexter Morgan si mettesse a recitare? Ma commedia” e così il danno è fatto. Nasce una serie tv esilarante e velocissima da vedere, dove il fenomenale protagonista Barry Berkman/Block si destreggia tra la sua vita “ufficiale” – quella di serial killer a pagamento – e quella “inventata” di attore teatrale, diventando la controparte comica del ben più celebre Dexter Morgan.
Le similitudini tra i due personaggi sono infinite, ma partiamo dall’inizio. Sia Barry che Dexter uccidono persone e la soluzione che hanno trovato per giustificare se stessi è quella di uccidere solo i cattivi. Il codice di Barry ha ben poco a che spartire con il più rigido codice di Harry in Dexter, ma è comunque un buon metodo per dormire la notte. Sebbene Barry non sia un sociopatico da manuale come Dexter, presenta comunque dei tratti dissociativi che derivano dalle sue esperienze di guerra: ex marine degli Stati Uniti, Barry vive spesso con un certo distacco gli aspetti sociali della vita quotidiana e con una certa disinvoltura, invece, il rapporto con la morte.
È affascinante assistere allo stesso processo di umanizzazione che ha attraversato anche Dexter, ma da un punto di vista completamente rovesciato. Entrambi i personaggi vivono sul confine della società comune, in equilibro su un filo che divide la vita onesta da quella criminale. Non facciamo fatica quindi a credere che né Dexter né Barry conoscano i codici comportamentali della gente “normale” e debbano reimparare come stare al mondo. Così Barry cerca di scoprire quali sono i linguaggi della nuova comunità a cui appartiene, cerca di imparare come vivere i momenti di aggregazione, quali vestiti indossare. È esilarante vederlo non capire i confini tra recitazione e realtà, per esempio, o come funziona l’ambizione o qual è il confine tra amore e puro sesso.
Entrambi i personaggi, poi, si trovano a costruire la propria copertura quasi per caso. Se Dexter si ritrova fidanzato con Rita, Barry si ritrova attore di teatro. Entrambi decidono di sfruttare la fortuita coincidenza per la propria vita da serial killer. Per Dexter la copertura da “uomo normale” è un modo per continuare a fare il killer, mentre per Barry è il tentativo di risolvere un caso spinoso (l’uccisione di un attore, reo di aver avuto una storia con l’amante di un boss ceceno). Sia Dexter che Barry si troveranno, inspiegabilmente, ad amare quella parte di sé alla luce del sole, nata solo per comodità. Per vari grotteschi motivi, Barry non riuscirà ad abbandonare il suo “lavoro” ma cercherà in ogni modo di gestire la sua doppia vita, trasformandola in un completo disastro.
Barry continua a saltellare tra i ridicoli esercizi attoriali di Gene Cousineau (uno spettacolare Henry Winkler) e gli altrettanti ridicoli rapporti con la mafia cecena, imbastiti dal suo capo Monroe Fuches (altrettanto strepitoso Stephen Root). In mezzo, i sentimenti amorosi per la bella e ambiziosa Sally Reed (divertentissima Sarah Goldberg) e le indagini di polizia sul “caso Eric”, che creano una tensione palpabile e di “dexteriana” memoria. Ricordiamo ancora quando il celebre Trinity si presenta sul luogo di lavoro di Dexter, creandogli (e creandoci) un’ansia assurda e di fatto fondendo insieme due parti di vita che non avrebbero mai dovuto incrociarsi. Allo stesso modo in Barry abbiamo il losco Fuches che si presenta alla festa di teatro, minacciando Barry.
L’elemento poliziesco che già in Dexter aveva qualche punta di grottesco, in Barry viene esasperato al punto da diventare una caricatura di se stesso. La detective Janice Moss (Paula Newsome) è un po’ la LaGuerta di Dexter per fisicità ma soprattutto per serietà, essendo l’unica che si rende veramente conto di ciò che accade. Naturalmente, in questo mondo al negativo, è un personaggio infinitamente più comico, anche se la sua verve concreta crea un’ottima alchimia con il romantico Gene Cousineau. Una relazione che ricorda un po’ i “fasti” di Batista-LaGuerta quando provavano a far funzionare la loro disquilibrata relazione.
Nonostante il rovesciamento di genere che passa tra le due serie tv, anche Barry raggiunge delle vette drammatiche che potrebbero eguagliare quelle di Dexter. In entrambi i casi, il dramma si concretizza quando i due personaggi devono affrontare le proprie emozioni. Suo malgrado, Dexter comincia a provare davvero delle cose per le persone che ha attorno a sé, la sua famiglia, sua sorella, e questo lo destabilizza al punto da commettere grossi errori in campo “lavorativo”, perdendo il distacco che gli occorre per essere un serial killer spietato. La stessa cosa accade a Barry, i cui sentimenti per il teatro e Sally si frappongono con il suo algido mestiere.
Uno degli elementi più interessanti di Barry è il continuo parallelo tra ciò che accade sul palco e ciò che invece gli occorre nella vita, parallelismo sviluppato ottimamente grazie alla brillantezza della scrittura. In una delle prime puntate, Barry non riesce a visualizzare una finta realtà per un esercizio di improvvisazione e Gene affermerà che è a causa del senso di inadeguatezza che prova nella vita di tutti i giorni, la sensazione di dover mettere il pilota automatico e prendere gli ordini dagli altri. Proprio nello stesso momento, Barry stava giusto subendo sia nella sua vita privata con Sally (che lo molla dopo una nottata insieme) sia con Fuches (che gli ordina di compiere un brutale assassino di cui lui non vuole sapere nulla). Barry allora si ribella e così capiamo che la recitazione per lui è una sorta di maestra, una guida in grado di metterlo sulla retta via dell’autoaffermazione. Una cosa che Dexter non potrà mai del tutto fare a causa del passeggero oscuro che ne controlla gli istinti. Ed è qui che dopotutto c’è lo snodo principale, l’aspetto che fa di Barry la controparte leggera di Dexter.