Vai al contenuto
Home » Barry

Barry è il manifesto di una generazione di comedy che non hanno più solo voglia di far ridere

Barry
Ma prima di continuare con la lettura abbiamo entusiasmanti novità da condividere con te. A breve sarà disponibile Hall of Series Plus, il nostro servizio in abbonamento che ti permetterà di accedere a moltissimi contenuti esclusivi e in anteprima.

Inserisci il tuo indirizzo email e clicca su ‘Avvisami’ per essere notificato quando Plus sarà disponibile.

* campo obbligatorio

Una delle categorie televisive di più lunga e storica durata è senza dubbio la comedy, capace di oltrepassare le generazioni, tenere incollati allo schermo e superare qualsiasi crisi immaginabile. Non si commetterà certo errore nel considerare la commedia uno dei più “antichi” prodotti seriali, un vero e proprio apripista per i tanti altri generi che si sono poi via via fatti largo. Fin dalle origini della tv chi non ricorda gli Happy Days con Fonzie o le giornate con La famiglia Addams passando per Il mio amico Arnold o la più invidiata babysitter del mondo, La Tata? Da Otto sotto un tetto a Barry, però, sembra esserne passata parecchia di acqua sotto i ponti.

È evidente, infatti, come il genere comedy non sia solo uno dei primi e più longevi ma anche quello che ha subito in forma più radicale una variazione esistenziale fin nelle sue fondamenta. Se la nostra attenzione si concentra sui drama non fatichiamo a tracciare una linea di continuità dalla profonda psicologia onirica dei Soprano all’antieroismo cult di Walter White in Breaking Bad. Certo, anche nel drama i cambiamenti della società hanno avuto ripercussioni sul genere e a protagonisti più granitici, eroici (medici come il Dottor Kildare, detective, Colombo, avvocati quali Perry Mason) si è passati ad eroi scissi e a veri e proprio personaggi negativi per i quali però non si può far a meno di simpatizzare.

Barry

Eppure queste variazioni nella comedy sono molto più segnate e Barry diventa solo il momento finale (ma anche un possibile inizio, come vedremo) di una storia televisiva che è passata dal confortante ambiente domestico e dagli sketch tipizzati a qualcosa che fatichiamo quasi a definire ancora propriamente “commedia”. Già un importante guado è quello che trasborda il pubblico dalle sit-com anni ’60 alle dramedy degli anni 10 del 2000. Scrubs, ampiamente e meritatamente esaltata, è forse l’esempio più fulgido di come si possa far ridere e commuoversi nel contempo con una narrazione irresistibile impregnata su un realismo inaspettato. Quel realismo aveva rappresentato un nemico indigesto delle sit-com il cui mantra era “Tutto deve sempre tornare come a inizio episodio”. Ora diventa invece parte integrante del racconto, imprescindibile elemento genetico di un nuovo parto televisivo.

Non solo Scrubs, però: la stessa Modern Family, che porta in dote forse la più tradizionale struttura di sit-com tra i prodotti contemporanei, ha fatto del realismo sociale un cavallo di battaglia che ha trottato verso premi e riconoscimenti di ogni genere. Insomma, più che di comedy dovremmo parlare di comedies, talmente numerose sono le variazioni sul tema e le linee evolutive rintracciabili. E se come per ogni evoluzione si sono registrati fallimenti, rami morti che hanno segnato un’interruzione della specie, dall’altro le sottocategorie hanno continuato a proliferare tra romanticismo, crudo realismo, pathos e perfino tensione (How I Met Your Mother, The Office, Love, Master of None, …). La risata è divenuta così via via qualcosa di apparentemente secondario, non più circoscritta a un momento specifico, la gag, ma ad uno stato di cose più generale.

Per comprendere meglio quest’ultimo passaggio occorre prendere in considerazione proprio Barry, l’ultima e più promettente evoluzione (insieme forse a Ted Lasso) del mondo comedy.

La storia è presto detta ma non potrebbe essere più sviante: un ex-soldato ora killer mercenario scopre la sua passione per il teatro e tutto cambia. Da questa presentazione ci aspetteremmo naturalmente tutti quegli sketch legati alla contrapposizione tra la violenza della professione e la delicatezza della passione del protagonista. Sì e no, perché in Barry c’è molto più di questo. Il protagonista, anche fisicamente, rimanda senza ombra di dubbio a Dexter, grande protagonista dell’omonima serie incentrata su di un assassino seriale (e graficamente lo stesso logo della serie riprende quello del drama targato Showtime). C’è quindi anzitutto la volontà di parodiare una figura dall’alta carica drammatica.

Dexter

Ma anche questo aspetto diventa parte del contorno, elemento ambientale che non vede un parodiare esplicito ma solo alluso, accennato. A essere una parodia in Barry è ogni elemento, il mondo intero: un universo grottesco che esaspera la realtà e associa comportamenti umani quotidiani a personaggi extra-ordinari. Ma questa nuance espressiva non degenera mai in figure bozzettistiche, macchiette caricate all’inverosimile. Partiamo dallo stesso protagonista: il colpo di testa iniziale che lo porta ad abbandonare la carriera da killer metodico e impassibile per la vita teatrale pare un iperbolico salto nella risata. Eccolo impacciato, ridicolo mentre la sua deformazione professionale lo porta a inciampare in un errore dopo l’altro sul palco tra risate pre-registrate e rocambolesche avventure. E invece no, perché è vero che ha questa deformazione professionale, è vero che si ficca in situazioni sempre più impaccianti ma fa tutt’altro che ridere.

Barry è un ex soldato affetto da disturbi cognitivi e della personalità che emergono chiaramente nella sua difficoltà a provare emozioni, a interagire con gli altri, a instaurare una relazione amorosa. Eppure, è mosso dalla volontà di soffrire, empatizzare, amare. E nel corso della serie vediamo questo suo difficoltoso procedere verso una vita che sembra non calzargli ma che vuole riuscire a ritagliarsi. Per questa vita deve prendere le distanze da un passato che non sembra però volerlo abbandonare e che lo costringe costantemente a ricalarsi nella sua vecchia pelle. Breaking Bad rappresenta un progressivo disvelamento e accettazione da parte di Heisenberg della sua vera natura nascosta dietro una vita posticcia da Walter White, al contrario Barry è la fuga da quella natura, la ferma volontà di perdere sia il pelo che il vizio.

Ed ecco così che il protagonista di Barry da presupposti macchiettistici si eleva a figura complessa, sfaccettata, disperata, drammatica.

Anche gli altri personaggi di contorno, a partire da Sally, si scoprono figure più profonde. Sally è la tipica ragazza americana che aspira a sfondare nello spettacolo o almeno questa è la sua conformazione esteriore. Nel corso della serie, anche nel suo caso, scopriamo infatti un mondo interiore molto più incoerente e complesso, fatto di sensibilità, insicurezze e amore. Bene, quindi una dramedy, giusto? Sbagliato, perché anche nei momenti più tragici emerge il comico e il tutto naufraga nel grottesco.

Sally

Barry è qualcosa di molto più complesso (e nuovo) rispetto a una sit-com e a una dramedy. Da un lato è la parodia della stessa commedia: parte dalle figure stereotipate del genere per ribalterne i presupposti. Tutti i personaggi sembrano costantemente lottare contro l’etichetta che il comico imporrebbe loro. Si giunge così a una metacomicità in cui la risata, molto più profonda e sublimata, viene dallo spettacolo di questo scontro tra esteriorità stereotipata e interiorità complessa, tra sceneggiatura e personaggio. Anche la presenza di Henry Winkler, il Fonzie di Happy Days, sembra ulteriormente esasperare questa comicità che fa ironia sulla commedia stessa: l’aitante Fonzie è ora un vecchio tragediografo fallito che appare quasi intrappolato controvoglia nel ruolo e che rimane vittima anch’egli di una scenografia che gli toglie l’amore, unica cosa che sembrava ritenere autentica.

La metaironia è tutta qui, nella costante fuga dalla commedia e dall’inevitabile sprofondare in essa da parte di ogni personaggio. Bill Hader (Barry) nella sua mimica facciale e fisica è un attore sublime, un triste saltimbanco, l’esasperata controfigura di Dexter, l’eroe triste costretto a far ridere, il grande clown Pagliacci sceso in città. Ma nello stesso tempo la serie è anche la parodia della dramedy, il nuovo genere che aveva tanto intrigato il pubblico col suo approfondimento su personaggi e situazioni. Se in Scrubs o How I Met Your Mother quando il tono si fa drammatico non c’è risata che tenga in Barry percepiamo una distorsione, qualcosa che ci impedisce di immedesimarci del tutto. I personaggi in questo show vorrebbero essere drammatici, vorrebbero soffrire, gioire, sviluppare la propria interiorità ma è (ancora una volta) la sceneggiatura stessa che lo impedisce.

E così possono solo esasperare le loro emozioni, proprio in associazione a quel palco teatrale che li vede ripetutamente in scena.

Sembrano costantemente recitare anche nella quotidianità, marcare atteggiamenti e passioni che la loro caratterizzazione comica non contemplerebbe. Non è solo Barry che deve doppiamente recitare perché non prova emozioni reali tanto sul palco quanto nella vita (o comunque è incapace di esprimerle) ma tutti i protagonisti affrontano questa intensificazione patetica che finisce per renderli grotteschi, troppo spinti per essere credibili. Per essere quello che davvero vorrebbero essere.

Barry

Eccola la nuova frontiera della comedy: la metacommedia, la parodia della commedia stessa e delle sue evoluzioni drammatiche. In un mondo che fa sempre più della metaironia il proprio credo (dall’alt-right alla sinistra memetica), Barry rappresenta il modo estremo di far ridere: l’uso della parodia investe tutto, non lascia superstiti, non si scende nel drammatico senza lasciar trasparire il patetico e grottesco, non si risale nel comico senza l’uso dell’ironia e del cinismo. Barry è il manifesto di una generazione di comedy che non hanno più solo voglia di far ridere ma che vogliono far “meta-ridere”, ironizzare sul modo tradizionale di ridere, degli sketch triti e ritriti ma anche del patetismo di chi cerca il dramma a tutti i costi. È la nuova bandiera di una generazione di smaliziati (la gen Z) che prende le distanze e distrugge non solo i modelli di una comicità superficiale e sboccata ma anche di quella “impegnata” e profonda.

Lo fa riscoprendo nel realismo più crudo e bizzarro il suo credo, lo fa con Barry, con l’esasperazione più assurda, il non-sense e cioè il “dank“, il paradosso ironico. Difficile dire se questa “specie” si diffonderà fino a diventare dominante, a imporsi al di là dei tanti sottogeneri di comedy. Quello che è certo è che Barry è il prodotto più contemporaneo esistente, l’espressione più acuta di una generazione di comedy che non hanno più solo voglia di far ridere.

Scopri il primo libro di Hall of Series: 1000 Serie Tv descritte in 10 parole è disponibile ora su Amazon!