C’è una coppia in questa 6×04 di Better Call Saul: è affiatata, sincronizzata in ogni movimento, va in una comune direzione. C’è perfetta comunione d’intenti: uno sguardo, e tutto è chiaro. Una mano alzata e subito l’altra la segue. Una sterzata a destra e non c’è neanche bisogno di annunciare le proprie intenzioni. I due si scambiano occhiate d’intesa, stanno bene insieme. Uno è vestito di blu, l’altro di verde. Questa coppia è quella formata da Kim e Jimmy: sono loro che all’inizio dell’episodio compiono questo giro su se stessi, si sgranchiscono le gambe e sparlano, pettegoli, dei vicini. Sono sempre loro che nel blu e nel verde rappresentano due diverse posizioni, quella del blu della Legge e dei tanti tailleur di Kim, e quella del verde delle camice di Jimmy e di tutti i criminali in contrasto con la Giustizia.
Sono due colori distanti, inconciliabili, eppure procedono sulla stessa lunghezza d’onda, compiendo un percorso assolutamente identico.
Due persone così diverse legate però da gesti pressocché identici. Perché l’uno alimenta la propensione all’inganno dell’altra e colpevoli e vittime finiscono per coincidere, scambiarsi costantemente di ruolo, compiere sterzate inattese rispetto al percorso che ci aspetteremmo. A loro basta guardarsi e capirsi, vedersi affiatati: la strada diventa quasi un orpello, un puro mezzo per continuare a far girare le ruote della loro relazione.
E così, fianco a fianco, stretti in una linea parallela che non sembra mai realmente esaurirsi in una intersezione di scontro ma procedere infinitamente retta, infinitamente liscia, Kim e Jimmy vanno, volano leggeri in una quotidianità impeccabile, eterea, serenissima. Ma sempre, dietro l’apparenza, in Better Call Saul, si nasconde una realtà più complessa. Si nascondono tutti i tarli, le frenesie, i compromessi sottesi a un sorriso e uno sguardo d’intesa amorosa.
Questo buio, questa penombra di una casa solo apparentemente come tante, è lì davanti agli occhi di Kim e Jimmy, presente e silenziosa. Tanto chiara, incombente e aggressiva quanto pacata, inattiva e sonnacchiosa. È tutta nella silhouette di uomini armati che infestano l’abitazione, che tendono i loro tentacoli e pianificano i propri interessi indisturbati e ignorati.
In questo episodio di Better Call Saul c’è un elefante nella stanza e Jimmy e Kim lo ignorano.
Rifiutano di volerlo vedere, di confrontarsi con quella realtà tanto assurda quanto pericolosa e reale. Non possono non sapere che la strada che hanno sincronicamente intrapreso è fatta di crimine, delinquenza e coinvolgimenti sempre più irreversibili e letali. Sarà la strada senza uscita che porterà Saul Goodman a non essere più in grado di dire di no a Walter White, anche quando la morale più corrotta del secondo porterà al disgusto tanto acceso quanto inutile del primo, nel momento in cui si scoprirà che il mughetto era servito per avvelenare un povero bambino.
C’è un elefante nella stanza di Better Call Saul e non si può non vederlo. Lo vediamo bene, noi spettatori, che sappiamo come andrà, sappiamo come sta andando e come sempre vanno queste cose. Ci accorgiamo degli uomini armati che occupano quella casa, del pericolo mortale che la coppia corre. Ed è per questo che stride e ci fa gridare all’assurdo immaginare, anzi vedere, Kim e Jimmy, nel loro appartamento mentre scherzano amabilmente di un inganno andato a buon fine, come stessero spettegolando su qualche vicino troppo estroso nel ridipingere la propria abitazione.
Stride e cozza la tranquillità apparente, la quotidiana normalità che affianca armi, criminali e telecamere di sorveglianza. Come si può far finta di nulla? Come si può ignorare quel mastodontico elefante? Jimmy si aggira per le stanze del tribunale, in quel luogo che ormai è casa sua e di cui conosce anche gli angoli più nascosti e bui. Sa come salutare dolcemente il sorvegliante dello stabile, come oliare una segretaria un po’ cigolante e far funzionare un elettrodomestico difettoso con un colpo ben assestato.
È casa sua, il suo mondo: è proprietario di quello stabile.
Ed è per questo che quando il portiere non sembra più riconoscerlo, quando la porta continua a cigolare nonostante l’olio e il colpo ben assestato non sortisce effetto Jimmy si sorprende. Cade dal pero, come se d’improvviso il mondo si fosse ribaltato e quella casa gli fosse stata tolta ingiustamente, incomprensibilmente. Davvero non vede l’elefante nella stanza? Non ci crediamo. Lui, con quell’elefante, forse, ci viveva benissimo ma non può dirsi lo stesso dei vicini che percepiscono tutta l’assurdità che sentiamo anche noi. L’assurdità di una collusione criminale. L’assurdità di avere un’elefante in una stanza.
Il continuo, progressivo, sfumatissimo trapasso morale in Better Call Saul ha fatto sì che Jimmy non riesca più a distinguere il “dimostrare” dal “sapere”: in un’aula di giustizia occorre dimostrare ma nei rapporti con gli altri basta anche solo sapere, come gli ricorda il collega. È la differenza tra la Legge e l’etica: violando la prima la conseguenza è legale, per la seconda solo morale (“È semplicemente… sbagliato“). Ma per Jimmy questa differenza non c’è più, lui che è costantemente uomo del deserto, uomo a cavallo tra due mondi (Legge e Criminalità). La sua è una morale completamente diversa da quella comune. Una morale che collima con la furbizia e con l’equilibrismo sul filo dell’illegalità: tutto gli è concesso se c’è il giusto appiglio legale.
E allora non è che Jimmy non si accorga dell’elefante nella stanza ma semplicemente non ne vede il problema. Esiste forse un regolamento condominiale che impedisce di averne uno? No, ma le regole non scritte del buon vivere civile imporrebbero di non possederne. Jimmy dipinge la sua casa di quel “tomato red“, un rosso pomodoro che è uno schiaffo all’estetica del quartiere. Ma “Che può farci Barbara? Quella casa non è a Mountain View, quello è Enchantment Hills, in realtà“, “Hanno dimostrato che la loro proprietà è a Enchantment Hills, hanno fatto un rilievo catastale“.
Così fa Jimmy: trova costantemente la scappatoia legale da magnifico saltimbanco dell’avvocatura.
Non ha però tenuto conto che, pur legalmente tutelato, ha compromesso così tutti i rapporti con i suoi vicini, inimicandoseli uno per uno, isolandosi in una bolla dalla quale difficilmente potrà uscire. E dalla quale, probabilmente, non ha alcuna intenzione di venir via. Jimmy, in fondo, la sua nuova casa l’ha già trovata, dotata perfino di un gabinetto che diventerà, di lì a poco tempo, d’oro grazie al successo di una fama che attirerà, nell’universo di Breaking Bad (e presto di Better Call Saul), anche Jesse.
Con quello stesso elefante nella stanza deve fare i conti Kim che totalmente inconsapevole domanda: “Pensi che siamo criminali?“, senza riuscire a vedere la risposta impressa a caratteri cubitali davanti a lei. Se Jimmy accetta l’elefante, Kim sembra più interessata a giustificarne la presenza, a dare e darsi spiegazioni valide per vederlo lì. Ma la penombra prodotta dal pachiderma inizia a far sentire i suoi effetti, prima con Lalo e ora con Mike e i suoi scagnozzi, pruriginose, angosciose presenze che sconvolgono la tranquillità della Wexler.
La strada intrapresa però continua a essere la stessa, i gesti restano sincronizzati, la rotta segnata. Non ci rendiamo forse conto di quanto sia determinata, della scorza dura che ha. La stessa che Mike ha visto in lei. “You’re made of sterner stuff“. Kim procede dritto davanti a sé, tenendo botta con Lalo e ingoiando le sue paure, anche ora, con Mike. Continua su quella retta parallela, sulla strada che la affianca al suo Jimmy. Ma c’è qualcosa che li separa irrimediabilmente, ed è il colore: Jimmy sa come muoversi sul giallo che è tra le due sponde (legalità e illegalità), Kim no. Non ha la flessibilità camaleontica di un Jimmy che si trasforma in Howard quando serve, che si fa piccolo come uno scarafaggio quando imperversa la tempesta e diventa lupo nel momento opportuno.
No, niente di tutto questo. Kim è blu, una pura e giusta su una strada sbagliata. Le sue azioni, il suo cammino, non corrispondono al colore. Segue ostinatamente, tenacemente, rigidamente una strada che non è pienamente sua. E in questo mondo, nel deserto, casa di Saul Goodman, o impari ad adattarti o finisci spezzato come un fiore blu, reciso da chi è più forte e prepotente di te. Allora potrebbe essere proprio questo “sterner stuff“, questa scorza dura, a finire per spezzarla irreparabilmente, lei che è incapace di flettersi e farsi piccola come uno scarafaggio davanti a chi è più vorace e famelico di lei. Davanti a quell’elefante che ormai nessuno, in Better Call Saul, può più ignorare.