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Better Call Saul: la Teoria del Ghiaccio e del Fuoco, spiegata attraverso l’episodio 6×04

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Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler sulla 6×04 di Better Call Saul

Nel blu, sempre più dipinta di blu, Better Call Saul continua a raccontarsi attraverso i sottotesti del simbolismo cromatico. Una settimana fa avevamo esposto in un lungo approfondimento gli elementi chiave che donano al colore blu il valore trasversale della rinascita e della resurrezione. Dallo spin-off riconducibili a Breaking Bad, la serie madre, e il film sequel El Camino: il nostro personalissimo percorso narrativo ci aveva portato a esplorare le infinite sfumature del colore in alcune delle scene più iconiche dell’universo narrativo, portandoci ad accennare nel finale una delle teorie più diffuse per esporre schematicamente alcuni dei temi portanti di Better Call Saul, quella del ghiaccio e del fuoco.

Perché è vero: da una parte il simbolismo cromatico unisce in un unico filo lo spin-off alla serie madre, ma allo stesso tempo Better Call Saul ha un’identità a sé stante che dona a ognuno dei colori un valore indipendente, in qualche modo unico. Vale per il blu, che all’elemento della rinascita e della ricerca di purezza, figlia di un’impalcatura morale che distingue i buoni dai cattivi, unisce il mondo della legalità e la scinde da quella dell’illegalità. Ma non solo per il blu: quasi fosse l’elemento estetico che definisce i confini di quello in principio nasceva come legal drama, in Better Call Saul c’è una profonda linea di demarcazione tra i colori più freddi e quelli più caldi, inseriti costantemente in ambienti, oggetti, indumenti e un’infinità di dettagli all’apparenza insignificanti per segnare il mondo della legalità (e del rispetto di regole scritte e non scritte, più in generale) da quello della criminalità. I colori freddi (il blu e il verde su tutti) caratterizzano quindi chi sta nella barricata “giusta” della legge, mentre quelli più caldi (arancione e giallo, ma anche il rosso) chi le infrange e sta dall’altra parte.

Potremmo fare un’infinità di esempi in questo senso, e sarebbe sufficiente analizzare i poster promozionali delle sei stagioni di Better Call Saul per averne una dimostrazione lineare, ma il modo ideale per mostrare la costanza col quale l’espediente narrativo viene utilizzato è partire dall’ultimo episodio finora andato in onda, Hit and Run, il quarto della sesta stagione, per illustrare la teoria del ghiaccio e del fuoco. Stavolta usata in un modo fin troppo esplicito per delineare la transizione da un fronte all’altro di alcuni tra i personaggi più importanti ed enigmatici della serie tv.

Better Call Saul

Fin dalla primissima scena dell’episodio, il simbolismo cromatico dei colori freddi (blu e verde) viene messo in scena attraverso i due comuni cittadini che scopriremo poi essere parte della copertura di Gus Fring. Il fatto che siano parte della “facciata” legale del boss cileno non è un caso: i due colori, infatti, attraversano per l’intero episodio un fronte e l’altro, trasformando di continuo il ghiaccio in fuoco e viceversa. I movimenti sincronizzati della comunissima coppia si riflettono nella costante perfezione maniacale ricercata da Fring, mentre la scena surreale che culmina poi nel grottesco intreccio dentro casa “loro” si colora d’improvviso di rosso: il più caldo dei colori irrompe in scena da un momento all’altro, in un raro momento di stacco in cui l’apparente freddezza delle leggi, dell’ordine e delle regole non scritte sembra dominare l’intera narrazione.

Il rosso evoca il mondo della criminalità e del superamento dell’ordine, come segnalato dalla conversazione tra i due ciclisti, preoccupati nel loro piccolo per il mancato rispetto dei regolamenti del quartiere, ma evoca soprattutto un pericolo incombente. Quel rosso pomodoro, infatti, non rappresenta altri che Lalo Salamanca, l’uragano caotico che presto imperverserà nella fittizia vita placida di Gustavo Fring, mite e carismatico sostenitore della comunità. Finché non lo conosci sul serio.

L’introduzione dell’episodio è solo la punta dell’iceberg. Da quel momento in poi, l’impostazione dell’intera puntata oscilla all’interno di una bolla che tende tra il blu, l’azzurro e il verde, quasi fosse un microcosmo dentro il quale i personaggi, intrappolati in bivi morali che li pongono in bilico tra un fronte e l’altro della legge, si rifugiano o si mascherano per celare il proprio lato oscuro. Fin dalle successive scene, infatti, ritroviamo il blu nell’abito indossato da Jimmy per impersonare Howard Hamlin (la simulazione più sfacciata dell’episodio), a sua volta vestito con un abito blu scuro mentre guida una Jaguar verde. Jimmy abbina il gessato con una camicia azzurra e una cravatta blu leggermente più scura.

Ritroviamo quindi il blu e il verde in una lunghissima serie di dettagli. Nella copia delle chiavi usate da Jimmy per utilizzare l’auto dell’ex socio di suo fratello, per esempio. Ma anche nel motel in cui McGill preleva la prostituta Wendy, dominato a sua volta dai due colori e presente in una lunga inquadratura della squallida piscina dello stabile. Per non parlare dell’irriverente murales blu mare, dedicato ad Albuquerque, che vediamo nel momento in cui Jimmy ferma l’auto per mandare un messaggio a Kim, con un telefono che presenta ovviamente un tema azzurro. Verde è anche il cartello che Jimmy deve spostare per evitare che Howard sveli l’inganno e l’automobile usata da Kim per riaccompagnare al motel Wendy, dopo aver incontrato Cliff Main con indosso un abito blu. In un locale caratterizzato da tovaglie spudoratamente azzurre.

Il blu è ovunque, il verde pure. Solo un elemento spezza l’armonia cromatica delle scene illustrate, al pari della casa rossa: un cono. Un cono arancione, caldissimo. Un paradosso, il paradosso di Jimmy: in un episodio in cui aggira di continuo le regole e fa di tutto per infrangere furbescamente le leggi, se la prende a morte con un ignoto che non segue le regole non scritte, sposta il suo cono e rischia di mandare al diavolo l’intero piano criminale orchestrato per fregare Hamlin. Se la prende con un Jimmy qualunque, manco fosse un Howard qualunque. Mentre gli sta rovinando la vita con un intreccio di eventi machiavellico. Il mondo del fuoco si traveste quindi con quelli del ghiaccio per poi scontrarsi col calore ardente di un mondo in cui le regole esistono ormai solo in superficie.

Non è finita qui. L’episodio continua infatti con una scena intima con protagonisti Jimmy e Kim. Una scena ambientata in una stanza da letto, la loro, immersa in una penombra spezzata dal blu esterno che illumina la camera in un modo essenziale, appena accennato. Un po’ come l’acquario che custodiscono preziosamente nel soggiorno, di cui avevamo parlato nell’approfondimento sul simbolismo del colore blu menzionato a inizio articolo. Dentro uno scrigno in cui ricercare una parvenza di normalità: una parvenza d’ordine, mentre crolla il loro castello di carte fatto di menzogne e derive oscure. Un po’ come succede nella sequenza successiva, al contrario. Perché quel mondo dell’ordine è incarnato da un luogo centralissimo in ogni legal drama, il tribunale.

Un luogo familiare a Jimmy in cui aveva imparato a vivere e muoversi, divenuto però da un momento all’altro l’ambiente ostile che lo rigetta. Quasi fosse uno dei suoi pesci rossi in un acquario privato dell’ossigeno, il tribunale respinge quel che resta di Jimmy per mettere alla porta quel che emerge sempre più di Saul Goodman. Anche qui è il blu a dominare la scena, attraverso gli indumenti di diversi tutori della legge (Bill, per esempio) e le luci esterne che si stagliano all’interno e avvolgono ogni cosa. Tutto, a eccezione di Jimmy: vestito di blu con all’orecchio un auricolare col led del medesimo colore, presenta un solo elemento dai colori caldi. Una cravatta rossa, rosso scuro tendente al granata e all’amaranto, il colore del sangue. Un dettaglio rivelatore che gli toglie di dosso una maschera a cui nessuno più crede. Perché la violazione delle leggi scritte vanno provate, ma per la violazione di quelle morali è sufficiente la conoscenza dei fatti.

Si torna poi a Kim, all’interno del diner El Camino che presenta un’insegna caratterizzata ovviamente da tonalità retrò di azzurro e verde, riflessi poi nel primo incontro di Wexler con Mike Ehrmantraut: la prima è vestita di blu (come sempre), il secondo ha una camicia a quadri che tende tra il grigio e il verde e rievoca ancora la coppia di vicini che aveva aperto l’episodio. Nel diner, tuttavia, la maschera del fuoco cede il passo a quel che resta del ghiaccio che aveva sempre caratterizzato Kim, impegnata con lo sviluppo dei casi pro bono che dovrebbero pulirle la coscienza, sempre più compromessa, e restituirla alla sua essenza più pura. La stessa che caratterizza Mike, finito a sua volta su una strada sbagliata ma che conserva dentro di sé il rispetto ossequioso di regole ferree. Non più quelle della legge, ma quelle di un suo personalissimo codice morale che gli restituisce l’impensabile purezza di un sicario al servizio di un boss sanguinario.

Un sicario al servizio di Gustavo Fring, protagonista assoluto degli ultimi minuti di Hit and Run e vero cuore pulsante della rappresentazione della teoria del ghiaccio e del fuoco all’interno dell’episodio. Attraverso la sua prospettiva vediamo infatti tra transizione tra i due mondi, dalla maschera alla realtà. Dalla Volvo (blu) che guida, infatti, il re del pollo fritto entra a casa sua, mantenendo le apparenze fino al momento in cui chiude la porta. Simula e dissimula, passando da una camicia gialla a una dai toni freddi (l’ordine, nel mondo criminale). Una timida luce calda illumina l’ambiente interno primario, ancora dominato da diversi elementi blu che lo tengono ancorato alla facciata dell’imprenditore onesto. Il filantropo al servizio delle forze dell’ordine e di una città che l’ha accolto e ha imparato ad amarlo, senza avere la minima idea di chi potesse essere davvero.

Ma il ghiaccio che ha cristallizzato l’intera puntata dentro una narrativa fittizia si scioglie intorno a sé. Il blu avvolge gli ambienti per l’ultima volta nel momento in cui scende le scale, poi è il fuoco della criminalità a riconquistare gli spazi vitali che, preziosamente, cela tra le righe di una comunità allo sfascio. Una luce calda avvolge quindi il salotto dei due vicini, attraversato da Fring per poi entrare in un lungo tunnel che lo porta verso una stanza dal calore “messicano“, dalla luce naturale gialla quasi artefatta nella sua intensità. Una luce vera, rovente. Quella del fuoco che si schiude nella segretezza di una stanza che solo noi potremo osservare coi nostri occhi, mentre il mondo s’illude di potersi crogiolare nella placidità del blu.

Il blu, quello stesso blu, in cui si ritrovano per l’ultima volta Jimmy e Kim negli ultimi minuti della puntata. Ancora un blu che dall’esterno filtra all’interno di un ambiente, caratterizzato anche dal verde del cartello d’affitto incollato al vetro, da avvolgere con la sua luce. Come già fatto per la loro camera da letto e per il tribunale, come un déjà vu. Stavolta, però, la location è inedita, almeno per loro. Un ufficio, la futura sede dell’impero di Saul Goodman, locale di transizione che poi sublimerà Saul nell’Olimpo criminale di Breaking Bad, mentre la coppia la osserva brevemente per poi allontanarsi, ancora avvolta nel blu della notte, nel frammento conclusivo. La cornice ideale per chiudere un episodio in cui il simbolismo dei colori ha raccontato ancora una volta una storia misteriosa, celata dentro sottotesti in cui niente, ma davvero niente, è mai lasciato al caso. Nel blu dipinta di blu, prima che il calore del giallo, l’arancione e il rosso affondi le unghie su quel che resta dell’ordine della legge e delle regole. L’ultima oasi di tranquillità, prima del caos. E delle fiamme, quelle più incontrollabili che hanno consegnato alla leggenda questo straordinario universo narrativo.

Antonio Casu

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