Una chiamata di Kim Wexler dall’altro capo del continente, dopo che non vi vedete da anni e tu hai anche cambiato identità e sei diventato uno dei principali ricercati dalla polizia di tutta America. Un fratello con cui intraprendere una battaglia morale e legale. Delle cause da portare avanti, ma partendo sempre dal basso, dalla periferia della società. Il mondo della criminalità che ti inghiotte. Saul Goodman ha vissuto sempre per questi momenti. Abbiamo passato anni, più di un decennio, a chiederci come sarebbe andata a finire la sua vita se avesse fatto giusto due o tre scelte diverse. Ma la vera domanda è: Saul avrebbe mai saputo rinunciare a questo? Avrebbe mai saputo rinunciare al brivido di quando le cose vanno male?
Potenzialmente, il nostro protagonista in una data fase avrebbe potuto incanalare la sua vita su dei binari perfetti. La causa con la Sandpiper Crossing gli avrebbe garantito un futuro milionario e tutto quel che doveva fare era aspettare qualche anno per vederla concretizzarsi. E nel frattempo proseguire col suo lavoro, che poi aveva la fortuna essere anche la sua passione. Kim Wexler credeva in lui, amava lui: sarebbe bastato ascoltarla un po’ di più, non ficcarsi in questo o quel casino evitabilissimi (perchè Saul non ha mai avuto reale bisogno di molti dei casini in cui si è cacciato, ci si è cacciato e basta) e tutto sarebbe andato per il verso giusto. Certo, Chuck magari non avrebbe fatto i salti di gioia all’idea di un fratello milionario, onesto, realizzato e sposato in una sorta di vita perfetta, la sua invidia per Jimmy la conosciamo bene. Ma un giorno l’avrebbe accettato, anche lui.
Eppure, se Saul Goodman si materializzasse davanti a noi e avessimo la possibilità di chiedergli se quella vita meravigliosa sopra descritta gli sarebbe piaciuta, siamo certi che risponderebbe di no. No, non gli sarebbe piaciuta. Perchè Saul Goodman ama vivere su un filo elettrico in perenne tensione. Ama distruggere le cose per poi provare a ripararle. E un mondo in cui non c’è nulla da riparare avrebbe rischiato di deprimerlo.
Non è un banale sentirsi vivo solo quando la vita è un rischio continuo, non è la stucchevole epica del bisogno di cadere per poi rialzarsi più forte. Il modo di affrontare l’esistenza di Saul Goodman vive di un maggior numero di layers, vive di strati anche difficili da semplificare. Non è neanche uno con un carattere complicato, Saul, tantomeno è un personaggio autodistruttivo nel senso più pieno del termine (o almeno, non lo è più di tantissimi altri). In un mondo delle serie tv che quasi sempre ci offre protagonisti il cui ago della bilancia pende sempre più verso eroe o antieroe, Saul Goodman non sappiamo definirlo. Probabilmente è il personaggio delle serie tv con un ruolo da protagonista che più assomiglia a un uomo, nel senso più puro del termine. Con Saul, Vince Gilligan è riuscito a portare in scena un essere umano in tutto e per tutto, e in questo è stato semplicemente sensazionale anche Bob Odenkirk.
Provare il brivido di quando le cose vanno male è una cosa tipicamente umana. Quella sensazione eccitante e paralizzante al tempo stesso che ci porta a voler evolvere sempre verso uno step successivo di noi stessi, anche se a volte non sappiamo quale. Il brivido di quando le cose vanno male ci rende spaventati, perchè non sappiamo se riusciremo a ribaltare la situazione. Il brivido di quando le cose vanno male ci rende attivi, perchè abbiamo una voglia smisurata di ribaltarla, quella situazione. In Saul tutto questo è estremizzato all’ennesima potenza, portato ai massimi livelli, in un meccanismo a getto continuo che si autoalimenta solo grazie a questa perpetua girandola.
Un modo di vivere pericoloso ma necessario, per gente come Saul. Jimmy è un uomo estremamente volitivo, volitivo al punto che non ce la fa a stare fermo: e quando non stai fermo mai, poi alla fine qualcosa nel tuo muoverti frenetico la rompi. Ma Jimmy non è un uomo prettamente istintivo, non va avanti continuando a camminare a testa bassa come un pachiderma portato a distruggere tutto ciò che si presenta sul suo cammino. Quando rompe Jimmy prova a fermarsi, e prova a riparare. A volte si perde nel processo intermedio tra rottura e riparazione, ma non si perde mai d’animo. Continua a lottare per stare in equilibrio. Tutta la sua vita, in fondo, rappresenta il tentativo di restare in equilibrio all’interno di una costante zona d’ombra.
Se Saul Goodman si materializzasse davanti a noi e avessimo la possibilità di chiedergli se quella vita meravigliosa di cui abbiamo parlato all’inizio gli sarebbe piaciuta, siamo certi che risponderebbe di no. Lo abbiamo già detto. Il brivido di quando le cose vanno male ha esercitato sempre una forza attrattiva troppo magnetica e inevitabile per lui. Ma se andandolo a trovare nel carcere dove presumibilmente è destinato a passare il resto dei suoi giorni, avessimo la possibilità di chiedergli se si è pentito di qualcosa, siamo certi che risponderebbe di sì. Tornando indietro rifarebbe le stesse scelte, però. Anche se sul momento ci direbbe di no, rifarebbe esattamente tutto quello che ha fatto. In uno dei flashback dell’ultima puntata di Better Call Saul, Walter White si rende conto di chi ha davanti e dice “Ma allora tu sei sempre stato così”. Si, Saul è sempre stato così. E sarà sempre così. Uno scanzonato uomo profondo, sensibile senza farlo pesare al mondo, contraddittorio ma sempre deciso nelle sue scelte.
In quel sorriso amaro seguito da un’espressione corrucciata che abbiamo visto alla fine, quando saluta la sua amata Kim che se ne va, c’è tanta consapevolezza. E se si è davvero consapevoli, in fondo, non si può mai stare davvero male.