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Chuck McGill: era più odio, o più insanità?

Better Call Saul
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Chuck McGill è inequivocabilmente uno dei personaggi più odiati e detestati di sempre nelle serie tv. Avvocato freddo e meschino, fratello di Jimmy in Better Call Saul e vera e propria calamita in grado di attrarre odio e rabbia, vero?

Insomma, non penserete mica che anche Chuck McGill abbia un lato positivo? Alla fine il protagonista della serie è Jimmy, e questi è indubbiamente la vittima degli abusi psicologici del fratello. E poi Chuck gli affibbia pessimi appellativi, lo definisce un poco di buono, un egoista. Insomma: nel calderone di Vince Gilligan, dove nessuno è solo bianco o solo nero, forse abbiamo veramente trovato l’estremo negativo senza possibilità di appello.

O forse no.

Ridurre Chuck, incredibilmente interpretato da Michael McKean, a un personaggio unilaterale non ci sembra giusto. Per quanto ci siano molti motivi per odiarlo (qui ne trovate 10), Gilligan ci ha sempre mostrato due facce della stessa medaglia, e con Chuck la cosa non è andata diversamente.

Il maggiore dei fratelli McGill è a tutti gli effetti una delle figure che più si avvicina al ruolo di villain nelle prime stagioni di Better Call Saul. L’uomo viene messo in costante contrapposizione a Jimmy in ogni contesto, e guardando il tutto dall’esterno Chuck non ne esce così in torto.

Better Call Saul ci mostra come i due fratelli siano cresciuti insieme

E per quanto ogni volta Chuck avesse ragione sul fratello nessuno gli ha mai dato ascolto.

“Le persone non cambiano” così direbbe Chuck, e avrebbe ragione.
Un tempo era Jimmy a rubare dalla cassa del negozio paterno, con il fratello maggiore che provava a farlo capire al padre ma veniva ignorato. Nel presente nulla cambia: Jimmy è rimasto il truffatore di un tempo, Chuck prova a sbandierarlo a tutti, ma nessuno gli crede.

Ha visto il padre finire sul lastrico per colpa di Jimmy, ha visto la madre sul letto di morte invocare il suo nome con le ultime forze, ha visto ogni piccola gioia della sua vita infrangersi per mano diretta o indiretta del fratello. E noi non riusciamo a non provare almeno un po’ di compassione.

Quello di Chuck in Better Call Saul non è odio, o quantomeno non è innato

Perché chi sostiene che Chuck sia sempre stato “cattivo” è nel torto. È un uomo fragile che dopo aver visto la propria famiglia a pezzi non si è dato per vinto e ha conseguito una carriera per sostentarsi e per aiutare più di una volta il fratello.

Vi sfidiamo a dire che non vi siete emozionati almeno una volta quando Better Call Saul ha distrutto la sicurezza dei fan con il flashback karaoke tra i due: “The Winner Takes It All“, così cantava il duo. Chuck cantando (tra l’altro in modo sublime, complimenti a McKean per la voce nel momento da solista) ha predetto in modo corretto il futuro della vicenda.

Il burbero avvocato non è un uomo cattivo, non è nato così. Ci sono due fattori principali che hanno influenzato il suo cambiamento emotivo.

Innanzitutto: Chuck McGill è malato.

Questo è un dato di fatto. L’uomo ha sviluppato negli anni una malattia mentale debilitante e serissima (a quanto pare con delle fondamenta, leggete qui). Un blocco che gli impedisce di vivere serenamente i rapporti interpersonali, e che ne lede l’indipendenza come uomo. Nel corso della serie Chuck affronta molti alti e bassi davanti alla sua condizione. Arriva a combatterla e quasi a uscirne, salvo poi caderne di nuovo vittima a causa del secondo fattore che lo ha reso così: suo fratello.

Jimmy McGill non è una cattiva persona in tutto e per tutto. Ma effettivamente tra i due fratelli quello a danneggiare di più l’altro è lui.
E pian piano che i giorni passano Chuck arriva a comprendere una dolorosa ma inevitabile verità: suo fratello rappresenta tutto ciò che lui odia.

Il più grande dei McGill è un avvocato di successo, devoto alla legge e alla giustizia. Mentre il fratello ha da sempre usato ogni tipo di scorciatoia per non doversi svenare più di tanto per raggiungere i suoi obiettivi.

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Tutto quello che succede a Chuck in Better Call Saul è dovuto a un mix di cose

La serie ce lo mostra da subito con un’ottima rappresentazione nella prima stagione, dove Chuck è circondato sia dalla sua condizione che dal fratello, per poi iniziare ad allontanarsi a sprazzi da entrambe le cose.

Ogni ragionamento di Chuck, preso nella sua forma più pura e basilare, è un concetto quasi sempre giusto e condivisibile. Per lui ogni persona deve rispondere delle proprie azioni, infrangere le regole non è contemplato. Il problema è che lui estremizza questo senso di giustizia diventando un paladino senza compassione o perdono come la legge che tanto ama. Cerca di aiutare il fratello a non cedere alla propria natura ma lo fa tarpandogli le ali e con aggressività.

Però è pur sempre un uomo malato, un uomo la cui mente è debilitata e il raziocinio inizia ad abbandonarlo. Non vuole essere una giustificazione, ma forse se non avesse mai sviluppato questa condizione il suo atteggiamento sarebbe stato più pacato.

Allo stesso modo non possiamo provare il contrario: un fondo di meschinità in Chuck esiste da sempre, sin da quando non disse a Jimmy delle ultime parole della madre. Questo conflitto dell’uomo non è davanti agli occhi dei soli spettatori, ma anche di qualsiasi personaggio all’esterno dei due fratelli.

Il quinto episodio della terza stagione di Better Call Saul è la ciliegina sulla torta del racconto. Un episodio crudo, amaro, ci mostra tutto il marcio del rapporto tra i due protagonisti. Dal flashback in cui Jimmy supera l’esame finale da avvocato sotto lo sguardo dubbioso e non convinto di Chuck.

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“Slippin’ Jimmy era e Slippin’ Jimmy rimane”

Questo frulla nella testa dell’uomo, lo sappiamo. E l’intero processo svolto nella puntata non fa altro che aumentare il distacco, il dolore e la disperazione dei due, avvicinandoli ad un definitivo punto di non ritorno per entrambi.

Chuck esce dal processo umiliato, deriso, sconfitto. Jimmy lo ha ingannato per l’ennesima volta, piazzando una batteria nel suo taschino a sua insaputa e sbandierando ai quattro venti non solo la malattia del fratello, ma anche l’instabilità con cui questi la affronta.

Una vittoria per Jimmy che nessuno intorno a lui vuole godersi, anzi. L’uomo passa sotto gli occhi dei più come quello che ha sbagliato. L’ex moglie di Chuck riassume il pensiero in una frase pregna di significato: “Chuck ha sempre avuto ragione: lui ha un disturbo mentale, la tua scusa qual è?”.

E la stessa Kim rincara la dose quasi pentita delle loro azioni: “Secondo me quello che abbiamo fatto è stato distruggere una persona malata”, e così è.

Chuck perde il confronto con Jimmy a causa della malattia, e perde il confronto con la malattia a causa di Jimmy. È un gatto che si morde la coda, col cervello che va sempre più in pappa. I suoi due più grandi problemi si susseguono, diventando l’uno la costante conseguenza e allo stesso tempo causa scatenante dell’altro. Buttando così Chuck dentro una lavatrice di odio e sofferenza che lo fa uscire più confuso e impotente ogni secondo che passa.

Un uomo vittima di se stesso, della vita, del fratello e della sua condizione. Un uomo che mai riterremmo puro di cuore o anche solo una brava persona, ma che ogni giorno viene ricordato con un odio fin troppo condizionato dalla prospettiva che viene data allo spettatore ad un primo sguardo.

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Eppure Chuck McGill ha sempre avuto ragione.

Aveva ragione quando Jimmy rubava dalla cassa, e senza saperlo aveva ragione quando diceva che suo fratello non era degno del cognome McGill.
Alla fine Jimmy non lo vuole nemmeno, e come sappiamo tutti cambierà credenziali in Saul Goodman lasciandosi alle spalle ogni legame rimasto col passato.

E Chuck, dopo l’ennesimo litigio che ne lede il fragile equilibrio, lascerà questa difficile esistenza in un incendio scenografico quanto significativo.

No, non era solo cattivo, non era solo nero. Chuck McGill era grigio: grigio cenere.

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