5) Better Call Saul, Stagione 2
La seconda stagione di Better Call Saul continua il processo conoscitivo della prima stagione, ma ancora non c’è quell’exploit che ci fa comprendere a pieno cosa stiamo vedendo. D’altronde ci siamo approcciati a Better Call Saul con tante speranze e un occhio piuttosto critico, non sapevamo davvero cosa avremmo visto. La nostra percezione di Saul Goodman, prima di Better Call Saul, si limitava alla superficie.
Ma se c’è una cosa che Gilligan sa fare benissimo, quella cosa è squarciare la superficie e affondare le mani nella profondità dell’anima e del suo marcire. Gilligan affronta le serie tv come un macroscopico video in slowmotion di un frutto e il suo processo di decomposizione. Ci mostra la buccia, poi gli insetti, poi le prime macchie, fino al puzzo putridescente della morte.
Tutto questo processo nelle prime due stagioni è ancora nella fase preliminare, si fondano con pazienza le basi per attirarci nella tana del Bianconiglio e lasciarci inermi e sospesi nel tunnel della sua mente.
Nel frattempo anche la relazione tra Jimmy e Kim cresce sempre di più, mentre noi iniziamo a comprendere il ruolo fondamentale dell’avvocata, con le conseguenti domande e dubbi sulla sua sorte finale.
Insomma, al termine della seconda stagione eravamo ormai consapevoli della grandezza della serie, ma eravamo ancora legati al successo di Breaking Bad, e Better Call Saul non era ancora una Breaking Bad (come all’epoca scrisse il nostro Vincenzo in questo articolo).