Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler sulla 3×05 di Better Call Saul, ma potrebbe non essere indispensabile
Guardatela e riguardatela. Fatelo più volte con la massima concentrazione, e non preoccupatevi di sapere come andrà a finire. Chicanery, quinto episodio della terza stagione di Better Call Saul, ha celebrato per l’ennesima volta l’avvento di uno spin-off capolavoro che si avvicina ogni giorno di più alla serie madre. L’impresa non era affatto semplice, ma quel genio di Vince Gilligan sta vincendo a mani basse una sfida che alla vigilia sembrava impossibile. Il motivo è fin troppo evidente e si lega principalmente alla magnificenza di Breaking Bad, pietra miliare della serialità contemporanea con la quale risultava troppo ardito avventurarsi in ovvi confronti di sorta. Questo, tuttavia, è solo è uno degli ostacoli affrontati: il problema principale, infatti, era la configurazione naturale dei prequel (seriali e cinematografici) che abbiamo visto fino ad oggi, stravolta per molti versi da Better Call Saul. Come? Parliamone.
Il punto è che sappiamo già come andrà a finire e, immersi come siamo nell’era del terrore da spoiler, ci perdiamo tanto altro. Questa considerazione non è vera per svariati prequel, nei quali non abbiamo a che fare con i personaggi della storia originaria, ma lo è per Better Call Saul. Conosciamo già il destino di Saul Goodman, Mike Ehrmantraut e Gustavo Fring, i protagonisti maggiormente in vista, e sappiamo bene che non moriranno, togliendoci una buona dose di suspense in più di una circostanza. Secondo alcuni questo è il vero limite di Better Call Saul (seppure superabile, come ha affermato Vincenzo Galdieri in un articolo del 28 aprile. Se volete dargli un’occhiata lo trovate qui), e sotto certi punti di vista è vero, ma Gilligan è riuscito a rendere quasi superfluo il legame inscindibile che lega Better Call Saul a Breaking Bad. Spesso dimentichiamo incredibilmente che stiamo vivendo un prequel.
Come mai? Perché gli intrecci (nella loro natura più essenziale) hanno lasciato spazio all’introspezione, vissuta attraverso un simbolismo nitido, criptico solo per chi assiste superficialmente agli eventi (ne abbiamo in un articolo di qualche tempo fa, lo trovate qui). In sostanza: cosa succede in Better Call Saul è meno importante di come succede. Questo, più di tutto, associa lo spin-off alla serie madre (capace tuttavia di dare lo stesso spazio al cosa e al come), donandogli allo stesso tempo un’identità totalmente autonoma. A prescindere dalla natura particolare di un prequel che ingloba al suo interno un sequel che scopriremo nelle prossime stagioni (le sequenze in bianco e nero non sono certi dei volgari fan service). A tal riguardo, torniamo a Chicanery. Chi ha visto l’episodio sa bene cosa è successo, ma chi non l’ha ancora fatto non dovrebbe preoccuparsi granché di scoprire la trama. In fondo, era più che prevedibile. Jimmy, messo alle strette da Chuck, si è visto costretto a ricorrere all’ultima arma a disposizione per evitare la radiazione: smascherare le cause più profonde delle sue azioni (emerse con forza nello sfogo finale) e la vera natura della presunta elettrosensibilità che lo affligge da anni.
Sulla carta l’intreccio è fin troppo banale, ma un’opera d’arte è capace di raccontare divinamente una storia semplice e Better Call Saul l’ha fatto benissimo. Grazie ai soliti dettagli registici (l’ultima immagine dell’episodio, riportata sopra, vale da sola il prezzo del biglietto), la scrittura dei dialoghi e le interpretazioni magistrali di Michael McKean (Chuck McGill) e, soprattutto, Bob Odenkirk. È sufficiente guardarlo negli occhi per intravedere il passaggio finale da Jimmy McGill a Saul Goodman. Un uomo che, grazie a questo prequel, appare oggi molto diverso. Al cinismo di chi è pronto a tutto pur di restare a galla si contrappone l’amore di un fratello che aiuta un uomo a cui vuole bene persino nel momento in cui lo sta ferendo mortalmente. Se ci pensiamo, rivelare la verità all’ex moglie di Chuck (presente in aula su richiesta di Jimmy), è una mano tesa verso un fratello destinato altrimenti a morire in solitudine.
Chiunque non abbia ancora visto la 3×05 e abbia avuto il coraggio di leggere fin qui, fregandosene dello spoiler alert iniziale, ha fatto bene: si godrà l’episodio con la stessa intensità con la quale l’ha vissuto chi non aveva idea di cosa sarebbe successo. Un po’ come chi sapeva da prima che Gustavo Fring sarebbe morto per mano di Walter White (per esempio l’autore del pezzo), e sta vivendo un’esperienza indimenticabile con Better Call Saul, un prequel dalle caratteristiche uniche. Quando cosa succederà è scontato, ci si focalizza su come succederà. Ogni dettaglio è uno spunto, ogni inquadratura ed espressione facciale è un’occasione per entrare dentro una nuova storia: non sarà uno spoiler a toglierci qualcosa, e dovremmo tenerlo a mente tutte le volte che si divora una serie con la fame brutale di chi si concentra unicamente sul colpo di scena che si spera sia dietro l’angolo. Stiamo perdendo tanto, in certi casi. Quasi tutto, se si parla di Better Call Saul.
Antonio Casu
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