Si è speculato molto sulla fine del rapporto tra Jim e Kim in Better Call Saul. C’è chi vede la morte di Kim come soluzione quasi inevitabile, altri hanno ipotizzato una separazione tra i due, sempre più lontani per divergenze morali. Ma ultimamente ha sempre più preso quota l’ipotesi di una Kim in cabina di regia, donna dietro le quinte in Breaking Bad. La verità, però, potrebbe già essere contenuta in Better Call Saul.
E forse siamo stati troppo ciechi per vederla.
La quinta stagione di Better Call Saul ha aperto una finestra inaspettata su Kim Wexler. D’altronde, che il personaggio rappresentasse una delle punte di diamante della serie c’erano pochi dubbi. Ma mai come in quest’ultima stagione abbiamo potuto approfondire e sorprenderci per l’evoluzione dell’avvocatessa. I duetti, gli incontri-scontri con Saul hanno raggiunto vette di recitazione mai viste, come nel meraviglioso finale della 5×06.
La quarta stagione aveva lasciato una Kim al palo mentre Saul emergeva in tutta la sua tremenda essenza. Lei era la sconfitta della canzone: “The loser standing small beside the victory”. “Lo sconfitto è fermo, piccolo, accanto alla vittoria”. Sembrava la fine, lo stacco irreversibile che avrebbe portato Saul alla volata finale e Kim nel dimenticatoio. Ma non avevamo tenuto conto di una cosa: Kim ama Jim. Lo ama con tutto se stessa ed è disposta a tutto per preservare questo amore.
Ce ne siamo accorti sempre più, passo dopo passo, nella season 5. Dal muro di separazione, dalla linea nera che separava la routine (criminale l’una, legale l’altra) dei due nella 4×07 siamo passati al compromesso finale di Kim. Lo abbiamo sempre sottolineato: quello che accomuna tutti i protagonisti di Better Call Saul e Breaking Bad è lo scendere a patti con la propria morale. Venire meno alla loro integrità: lo fa perfino Chuck, il fratello di Jim, apparentemente il più integerrimo in Better Call Saul, quando decide di incastrare il fratello ricorrendo ai suoi stessi “mezzucci”.
E lo fa Kim.
Lo aveva già fatto quando, pur consapevole della colpevolezza di Jim, decise di difenderlo contro Chuck. E lo fa, passo dopo passo, in un degrado morale sempre più profondo (il ‘breaking bad‘, tema dominante nelle opere di Gilligan e Gould) nella quinta stagione. Prima sfruttando Saul per vendicarsi su un cliente testardo (il CEO della Mesa Verde, 5×06), poi decidendo di sposarlo per salvaguardarlo. Infine, nel momento in cui il distacco sembra irreversibile, quando Jimmy capisce di essere solo un pericolo per la sua collega e amante, facendo l’ultimo passo, ritrovando complicità e vicinanza nell’unico modo in cui può ottenerla con Saul: nell’inganno.
Kim sceglie di chiudere gli occhi, sceglie di ignorare tutto il mondo che le urla che Saul sarà la sua rovina. Sceglie il compromesso morale più imperdonabile (Unforgivable, titolo del finale di quinta stagione): vendicarsi di Howard la cui unica colpa era stata quella di tentare di mostrarle la verità.
Kim è compromessa, tanto quanto lo è Saul. Sono affiancati irrimediabilmente in una spirale di illegalità, complici e affiatati. È quello che ha sempre voluto la donna: in nome di questo affiatamento ha rinunciato al rigido tailleur della legge e si è spogliata nella nudità di Giselle, nel brivido dell’illegalità. Possiamo quindi escludere che i due si allontanino a causa della distanza morale che li separava? Sì, perché quello stacco non esiste più. Kim ora è macchiata quanto lo è Saul.
Ma allora, quale sarà il loro destino?
Una Kim dietro le quinte anche in Breaking Bad? Per capirlo dobbiamo prestare attenzione a un particolare. È vero, i due innamorati sono accomunati dal compromesso morale, sono vicini più che mai nei loro salti continui nell’illegalità. Ma resta qualcosa che li separa ancora e, forse, irrimediabilmente. La tempra. Saul, l’abbiamo sottolineato più volte, è uno scarafaggio, come lo ha definito Lalo e battezzato lo stesso Vince Gilligan (ne abbiamo parlato qui).
Ha qualcosa dello scarafaggio. Non in senso morale, anche se può sembrare a volte, ma nel senso che ti dà l’idea di uno che sopravvivrà in ogni caso. Non importa quale olocausto nucleare o piaga si dovesse manifestare, questo personaggio finirebbe per ricomparire alla luce del sole anche quando tutti gli altri fossero morti.
La scorza di Saul è quella di chi non teme di rintanarsi, di apparire debole e remissivo per scamparla. Saul interpreta sempre una parte: la parte più funzionale alla sua sopravvivenza. Se questo significa mostrare i denti e banchettare sui cadaveri o se vuol dire rifugiarsi in qualche anfratto in attesa che la tempesta passi per lui non fa differenza. Ha la tempra del truffatore che sa quando lasciare il banco e come trattare con chi è più in alto di lui.
Si agita come un saltinbanco rigirando la sua verità e apparendo innocuo ai potenti: un inoffensivo scarafaggio che non vale neanche la pena schiacciare. Sa come risultare utile, come mettersi al servizio, e al momento opportuno come sparire dalla circolazione. Ma Kim? Kim non si è mai realmente trasformata in Giselle, il suo è l’estremo tentativo di ricomporre lo stacco che rischia di separarla da Saul. Per stare con Saul non può che essere Giselle.
La Wexler, però, non è uno scarafaggio.
Non ha la scorza per sopportare e adattarsi a quel mondo di criminali e compromessi. E se pure ha l’intelligenza per saper affrontare Lalo, non ha la stessa resistenza di Saul. Per lei non sarà mai naturale quello che fa. Mai accettabile, mai sostenibile. E infatti si illude: “Non ci sarà nessuna altra volta“, afferma Kim, dopo averla scampata con Lalo. Ma sa, in cuor suo, che ci saranno infinite altre volte perché quella è la vita di Saul, la vita a cavallo dell’illegalità.
L’epifania di Kim, nella 5×10, non ha nulla a che fare con la genesi di Saul nella simmetrica 4×10. Là era emersa la natura più autentica di Jim, in una vera e propria liberazione esistenziale. Qui siamo di fronte a una “nuova Kim” solo apparentemente. Il suo è uno scimmiottare grottesco, un’imitazione poco credibile di Saul, anche nel mimare le pistole. “È così che si fa“, dice, riferendosi al suo obiettivo di rovinare Howard. Ma noi, come Saul, sappiamo che “Fare questa cosa non è da te“.
E allora il finale non potrà che essere uno e uno solo.
La maschera di Kim si arricchirrà di sempre più crepe e alla fine cadrà sotto il peso di una parte che non sarà più in grado di recitare. Perché Kim non è uno scarafaggio. Per lei e per Saul il destino sarà uno soltanto: l’inevitabile separazione. La Wexler si troverà così di fronte al suo vuoto morale, all’abisso di degradazione dal quale non potrà più uscire. Non potrà più tornare quella di prima, non potrà essere Giselle: un limbo l’avvolgerà.
Soltanto nel futuro, nel tempo del bianco e nero, forse, come accaduto per Jesse, potrà sperare di trovare la pace. Kim e Jesse sono gli unici che hanno mai potuto nutrire questa speranza perché in loro c’è stato sempre un rigurgito di umanità. I suoi errori potranno allora essere cancellati, un riscatto sarà possibile. Una rivincita che non è spettata ad Heisenberg, irreversibile nell’amore per la sua “baby blue” e che non spetterà a Saul che realizza se stesso solo nella natura da saltinbanco e truffatore, attributi della sua essenza ultima e irriducibile.