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Better Call Saul non è Breaking Bad, ma Gilligan ha superato se stesso

Better Call Saul
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E’ appena finita la seconda stagione di Better Call Saul e la prima cosa che viene da fare è alzarsi, battere le mani e complimentarsi con quel fenomeno di Gilligan e con tutti quelli che hanno collaborato con lui alla realizzazione di questa splendida serie. Nient’altro. Perchè questi qua sono riusciti a fare una cosa incredibile: si sono superati.

Non fraintendiamo, Better Call Saul non è Breaking Bad. Se dovessimo scegliere tra le due, propenderemmo sempre per Breaking Bad. Semplicemente perchè è una serie migliore.

Ma il fatto che Better Call Saul non sia Breaking Bad è anche un vantaggio. Anzi, è soprattutto un vantaggio. Parliamoci chiaro: Gilligan sapeva che superare il suo capolavoro, oltretutto con gli stessi personaggi esclusi White, Fring, Pinkman, Hank, Skyler, Marie e Walter Jr. oltre a qualche altro secondario (hai detto poco…) sarebbe stato semplicemente impossibile. Ed anche il tentativo sarebbe stato assolutamente banale, non da lui. Quindi ha deciso di fare una cosa migliore: ha scritto e costruito una serie diversa. Pur puntando su alcuni personaggi che già c’erano prima.

Better Call Saul non è un semplice spin-off, l’avevamo spiegato in quest’articolo un anno e un mese fa, ed a questo punto si può dire che c’avevamo visto lungo. Better Call Saul non si arrampica sugli specchi, non prova ad arrampicarsi nostalgicamente sulle vette inarrivabili della serie che di fatto gli ha dato la vita. Better Call Saul ha deciso di costruire una vita propria. Come un figlio d’arte che, nonostante il padre sia stato una stella ammirata da tutti nel suo lavoro, riesce a costruire la sua carriera lo stesso, pian piano discostandosi dall’ombra di chi c’era prima di lui.

Better Call Saul è come un figlio che ha il cognome ingombrante. Sa che tutti lo paragoneranno al padre, che è stato un fenomeno (in questo caso, mediatico). Ma cammina a testa alta, con la personalità di chi vuol dimostrare che non è semplicemente un figlio di papà. Con la voglia di far capire a tutti che lui, il suo percorso, può costruirselo tranquillamente da solo, pur ringraziando chi gli ha permesso di poter avere tanta visibilità sin dagli albori della sua carriera. Che può meritarsi la gloria, senza vivere di luce riflessa.

Su Better Call Saul c’erano aspettative altissime. E le aspettative sono state ampiamente ripagate. Ma in un modo diverso da quel che ci immaginavamo noi quando abbiamo scoperto che sarebbe nato uno spin-off di Breaking Bad. In tanti si aspettavano una sorta di remake, fatto nel passato o nel futuro, ma sulla stessa falsariga della serie precedente. Nossignore. Better Call Saul costruisce una storia sua. In queste due stagioni, ha costruito una storia sua. Diversa, ma bellissima.

Certo, inutile dire che qualche rinvio c’è. Qualche attaccamento nostalgico pure. Molti luoghi sono gli stessi, molti personaggi tornano in gioco (non solo Saul e Mike, ma anche Tuco, Hector Salamanca, i due gemelli inquietanti, il broker bastardo, Crazy Eight, la nipotina di Mike) ma questa è soltanto una piccola parte del tutto. Un giusto omaggio ai fan di Breaking Bad, che si presume abbiano iniziato a guardare Better Call Saul anche per rivivere almeno un altro po’ quel mondo che li aveva stregati ed assuefatti.

Però poi c’è che è stata costruita una doppia storia, quella di Saul e Mike, fighissima. Due personaggi potenti potenti, che in Breaking Bad erano amatissimi ma che, gioco forza, venivano un po’ oscurati da Sua Maestà Walter White e pure dai vari Fring e Pinkman, a cui veniva dedicato più spazio. Oggi lo spazio è tutto loro, e stanno dimostrando di strameritarselo.

Mike è un uomo senza paura, ma non senza scrupoli. Stiamo vedendo la sua lenta scalata al mondo criminale, dettata quasi più da un’esigenza che da una reale volontà di diventare un cattivo. Forse è per questo che in Breaking Bad, nonostante fosse un freddo assassino, molti spettatori non riuscivano ad odiarlo. E’ come se avessero capito che Mike fosse in fondo un buono. E Better Call Saul ce lo spiega una volta in più: finora Ehrmantraut, esclusi i giustizieri di suo figlio, non ha ucciso nessuno. Ha evitato di uccidere anche quando nessuno se ne sarebbe accorto, ed anche quando probabilmente conveniva a lui per non rischiare guai peggiori. E’ andato al cospetto dei Salamanca senza nessun timore reverenziale. Uomo tutto d’un pezzo era in Breaking Bad, uomo tutto d’un pezzo è in Better Call Saul. La differenza è che nella serie madre lo troviamo già come un criminale esperto e consumato. Qui non lo è ancora. E’ come se stesse studiando per diventarlo, e lo scopo sembra sempre quello di voler tutelare la sua famiglia in grave difficoltà economica. Anche se nelle ultime puntate, con la sfida ai Salamanca, sembra aver cominciato a sguazzarci e quasi ci rimetteva le penne. Qualcuno lo ha salvato quando stava per fare il patatrac. Un uomo di cui non si sa ancora l’identità, ma molti sospettano sia Gustavo Fring. E allora potremmo vederne delle belle. Perchè se approfondiscono Fring come stanno approfondendo gli altri due, si rischia seriamente di sfociare nell’ opera d’arte 2.0.

Saul invece è ancora Jimmy, nessuno lo conosce come Saul. Abbiamo visto in queste due stagioni tantissimo di lui: il fatto che in realtà ha un carattere dolce ed affettuoso, che in certi frangenti sembra un ingenuo bambino. Ben distante dallo squalo che abbiamo trovato in Breaking Bad. L’abbiamo visto amare alla follia la sua Kim ed amare alla follia anche suo fratello Chuck, che però non pare ricambiare troppo. Ma abbiamo visto anche la sua evoluzione\involuzione. Il fatto che la passione per l’imbroglio travestito da stratagemma è insita in lui in maniera radicata. Che poi sotto sotto è disposto a tutto per arrivare ai suoi scopi, sebbene ancora non abbia la situazione in mano (il finale di stagione pieno di umani errori, lo dimostra). La differenza sta nel come affronta le cose: Saul Goodman è una mente del male e non si pente quasi mai, James McGill è una mente\braccio a cui piace giochicchiare sporco, ma poi ci pensa, ci ripensa e ci rimugina. Eccome.

L’evoluzione dei due personaggi che conosciamo è la chiave della serie, i Salamanca e soci per ora nient’altro che contorno. Poi ci sono i personaggi nuovi: da Hamlin a Kim e Chuck. Soprattutto Kim e Chuck. Due ottime caratterizzazioni. Da una parte una donna di talento, intelligenza e intuito fuori dal comune, che vuole realizzare i suoi sogni. Che è sentimentale ma ha sempre il chiodo fisso della carriera, come priorità assoluta. Dall’altra un uomo tanto geniale quanto limitato: Chuck è intelligentissimo, tanto che è l’avvocato più apprezzato della zona ancora oggi, nonostante la sua evidente malattia. Ma il fatto che il fratello, secondo lui meno dotato, provi in qualche modo ad insidiare quella che è stata ed è ancora la sua storia, nel suo campo, lo fa impazzire a tal punto da renderlo tremendamente fallibile, un uomo molto più piccolo di quel che potrebbe essere. Il paradosso è che comunque vuole bene a Jimmy, ma allo stesso tempo lo odia. Il rapporto conflittuale e delirante tra questi due fratelli è riuscito in queste due stagioni a creare momenti di tensione altissima, anche se poi sapevi che non sarebbe morto nessuno.

Ed è questa la grande forza di Better Call Saul. Riuscire a creare momenti altissimi, con tassi di suspense e tensione notevoli, anche se sai che tendenzialmente non morirà nessuno. Che non ci saranno grossi carichi di droga da veder trasportare o cancri da sconfiggere. Tantomeno segreti grossi come una casa in stile Walter White da custodire, o imperi del crimine da scalare rapidamente. 

La forza di Better Call Saul è che i protagonisti sono i personaggi. Non la storia.

La storia di Breaking Bad è una storia pazzesca, da strapparsi i capelli, da consegnare 50 Oscar e 226 Emmy contemporaneamente, pure se non si può. Una storia che difficilmente può avere paragoni. E che ovviamente ha in Walter White un protagonista magnifico, ma lo è anche perchè è protagonista di una storia struggentemente magnifica.

In Better Call Saul la storia non è così wow. E’ una storia, e basta. Una storia che ruota attorno ai contorni della legge. La storia di un avvocato e di un ex-poliziotto che piano piano passeranno dall’altra parte del guado, ma senza epici colpi di scena all’ordine del giorno. Vengono approfondite le loro vite, decisamente più tranquille di quelle di White e Pinkman, e ci tengono incollati allo schermo comunque. 

E allora grazie, Vince Gilligan, perchè stai riuscendo a fare ancora una volta un capolavoro. In modo diverso da quello prima, ma sotto certi aspetti e visto l’ulteriore coefficiente di difficoltà, in modo ancor più significativo. 

Non era facile. Non era facile creare uno spin-off della serie che in molti considerano la serie migliore di sempre, farlo camminare con le proprie gambe, renderlo un prodotto praticamente indipendente e farlo arrivare ad altissimi livelli agli albori della terza stagione. Non era facile, ma tu lo sapevi e poi a te le cose facili non sono mai piaciute. Anche perchè, se ti fossero piaciute, non ti sarebbe manco mai venuto in mente di creare quell’arzigogolatissima meraviglia che risponde al nome di Breaking Bad.

 

Un saluto agli amici di Better Call Saul – Italia e Un saluto agli amici di Breaking Bad – Pagina Italiana !