ATTENZIONE: SPOILER SULL’ULTIMA STAGIONE E SULL’ULTIMO EPISODIO ANDATO IN ONDA DI BETTER CALL SAUL
La grandezza di Better Call Saul consiste principalmente nell’incredibile profondità dei suoi personaggi. Basti pensare a Kim e Nacho, sfide per gli autori che, dalla prima stagione in cui non avevano una vera idea di cosa farne, li hanno trasformati in personalità sfaccettate, affascinanti, tragiche. Howard Hamlin segue un arco simile, evolvendosi da semplice ostacolo per Jimmy a una presenza sullo schermo coinvolgente e comprensiva. Fino a quella sorprendente, incredibile, conclusiva scena che pochi hanno davvero visto arrivare.
Infatti, all’inizio Howard è solo l’antagonista esca, il sostituto della vera minaccia, con quell’ostilità verso Jimmy che maschera l’unico responsabile nel sabotare la carriera legale di quest’ultimo. Che stia appunto facendo il lavoro sporco per Chuck, sia il bersaglio della rabbia di Kim o provochi il peggio in Jimmy, Howard non è mai stato la forza trainante o il personaggio con cui ci identifichiamo in Better Call Saul. Mai una stella con una sua trama, sempre un pianeta che orbita attorno ad altri. Ed è proprio attraverso i loro occhi che osserviamo l’avvocato, soprattutto quelli di Jimmy, la stella della serie. Lo chiama “Lord Vader”, lo considera sgradevole, un nemico da sconfiggere e pure noi lo vediamo così, concentrando l’attenzione sulle sue caratteristiche negative poiché confermano i nostri pareri su di lui. Ciò va avanti durante le stagioni perché Howard continua a opporsi a Jimmy, tranne quando rivela la sua opinione per niente negativa sul protagonista.
Da guscio vuoto, al punto che Jimmy riesce a impersonarlo senza problemi mostrando che oltre l’abito lui non è niente, Howard gradualmente diventa la coscienza di Better Call Saul. Il personaggio più onesto, nonostante l’apparente aria da avvocato arrogante e superbo.
Certo, non è perfetto. Soprattutto quando, stanco dei soprusi di Jimmy, decide ingenuamente di scendere allo stesso livello, giocando al suo gioco anche se non vuole, anche se non ne è completamente consapevole, pur di dargli la lezione che merita. Facendo emergere quel che è davvero (forse) senza il suo inseparabile completo blu, simbolo della solitudine in cui è chiuso.
Del resto, nel corso di Better Call Saul scopriamo tante cose su Howard che ci aiutano a capirlo. Innanzitutto la figura del padre è ingombrante nella sua vita, tanto da definirlo, da influenzare le sue scelte e il suo rapporto con Chuck, nel quale ricerca la stessa approvazione paterna; è per questo che, seppur ammiri Jimmy, asseconda Chuck nella sua crociata per buttarlo fuori dalla HHM. Però, quando il più grande dei McGill diviene un guaio per lo studio con i suoi problemi mentali e la vendetta contro Jimmy, Howard è costretto a cacciarlo e lo fa in modo equo, rispettoso e in perfetta conformità con l’accordo di partnership, rilevando Chuck con i suoi fondi personali e assicurandosi che HHM non ne esca danneggiata. E non è finita qui: guida lo studio attraverso enormi debiti, mentre affronta un divorzio e lotta contro la depressione.
Dettagli che vengono svelati ai margini di Better Call Saul, raramente sono al centro dell’attenzione.
Le preoccupazioni finanziarie dell’azienda vengono menzionate di sfuggita e poi risolte rapidamente fuori dallo schermo. Si scopre che Howard segue una terapia solo perché risulta una comoda opportunità per Jimmy di rubargli la macchina come parte di una truffa. Poi la moglie di Howard appare per la prima volta proprio nell’episodio in cui viene ucciso. Quell’unica scena tra i due coniugi rivela molto di chi siano entrambi. Ed è straziante, soprattutto se vista dalla prospettiva di un uomo che sta cercando di ricostruire qualcosa che si è rotto per sempre.
Quella che abbiamo davanti è l’impressione di una vita, più che la sua esposizione. Eppure Howard acquista sempre più tridimensionalità e sfumature, spesso messo in contrasto diretto con Jimmy.
Howard elabora le sue colpe per il suicidio di Chuck, mentre Jimmy si rifiuta di riconoscerle nonostante avesse avuto un ruolo decisamente più grande. Così come quest’ultimo lo respinge quando l’avvocato cerca di sistemare le cose con lui, lucido nel capirne i limiti e le potenzialità ma cieco nel giudicalo, contattando anche Kim perché preoccupato del comportamento sconsiderato di Jimmy. Ed ecco che Howard diviene l’improbabile centro morale di Better Call Saul. In particolare, in Plan and Execution, c’è un momento piccolo e fondamentale che esemplifica l’essenza e il significato di Howard Hamlin nella serie, ovvero quella in cui l’uomo spiega a uno stagista l’importanza della forza centrifuga nell’impedire che le lattine di bibite agitate esplodano.
E allora, la morte di Howard ha un peso sorprendente in Better Call Saul.
Nel finale di metà sesta stagione l’avvocato si confronta con Kim e Jimmy in merito all’elaborato piano che hanno ordito per umiliarlo e screditarlo. Howard tira fuori alcuni punti validi su come non meriti tale crudeltà, solamente perché si è aggrappato alla carriera, mentre il suo mondo andava a rotoli, nel tentativo di trovare un senso di normalità in una vita sbagliata. Nel profondo ne è consapevole pure Jimmy che, sinceramente scioccato dalla sua confessione, a un certo punto della scena guarda un’imperturbabile Kim, la vera mente dietro l’operazione. E quel trattamento che gli riservano, in realtà, è un giudizio morale su di loro piuttosto che su di lui. Lo sa Howard, come sa che sopravvivrà all’ennesima pugnalata, perché ha vissuto di peggio:
“Solo un’altra cosa su cui il vecchio Howard deve lavorare. Ma sì, atterrerò in piedi. Starò bene. Ma voi? Voi due… voi due siete senz’anima. Jimmy, non puoi farne a meno. Chuck lo sapeva. Sei nato così. Ma Kim? Uno degli esseri umani più intelligenti e promettenti che abbia mai conosciuto, e questa è la vita che scegli?”
C’è un’ironia crudele in tutto questo, che riflette il rigido universo morale di Better Call Saul. Howard probabilmente ce l’avrebbe fatta a superare le loro angherie e a ricostruire la sua reputazione. L’ha già fatto in passato. Tuttavia, non è condannato a causa di una sua scelta, come è successo a Nacho: lui infatti sapeva che sarebbe morto, ne ha accetto l’inevitabilità ed è uscito alle sue condizioni. La morte di Howard è più cupa e la scena lo rende perfettamente nella sua atmosfera sovrannaturale a tinte horror, esplicitata dalla fiamma di una candela che balla quando qualcuno apre la porta. Trema la prima volta con Howard, trema la seconda con Lalo, come se due spettri fossero entrati nell’appartamento. Non è una bella situazione, Howard lo capisce, vuole andarsene e lo dice:
“Penso di essere nel mezzo di qualcosa; non c’è davvero bisogno di…”
E Lalo gli spara senza nemmeno permettergli di finire la frase, senza preavviso.
Semplicemente Howard è un danno collaterale, ucciso perché era nel posto sbagliato al momento sbagliato. Come Hank Schrader, forse addirittura peggio. Con lui muoiono la moralità, la decenza e l’onore; muore davvero Jimmy McGill e la sua vita precedente, lasciando il posto a Saul Goodman e al Cartello. E muore Better Call Saul, assorbito dalla brutalità, dal caos e dalla criminalità di Breaking Bad, senza più la sua forza centrifuga a impedirgli di esplodere. Con conseguenze devastanti.