Il seguente articolo contiene spoiler su Better Call Saul.
Le ambizioni sono la forza che motiva buoni e cattivi, che fornisce energia a ogni persona per fare un passo avanti e diventare qualcuno. Si parla delle ambizioni come di traguardi da raggiungere e mete da varcare, ideali da conseguire e momenti da cristallizzare nel tempo: ognuno di noi ne ha una e chi non ne ha, deve ancora accorgersi di dove questa sia. La vita stessa è una ricerca, tra chi la effettua per raggiungere le proprie ambizioni e chi la effettua per scoprirle e percorrere la strada già iniziata dagli altri. Per questi ultimi la fretta incombe e alita sul collo, rendendo la ricerca confusa e più difficile del previsto.
Jimmy McGill fa parte di questo secondo gruppo, avendo passato tutta la propria vita a rimbalzare tra studi legali e casi da conoscere per scoprirsi. In un tumultuoso percorso tra uffici, flashback e giusto qualche deserto, è arrivato a trovarsi di fronte alla legge un’ultima, fatidica volta. Con il nome richiesto di Saul Goodman che non suonava più così familiare e una strana sensazione dentro al cuore. Le ambizioni possono darti forza, ma se ti affidi troppo a esse puoi perdere di vista la realtà e tornare coi piedi per terra può essere più devastante che mai. Davanti al suo ultimo processo Jimmy ha realizzato che è semplicemente una persona mediocre, un McGill appunto.
Il cognome più falso della storia
L’episodio finale di Better Call Saul ci ha posto davanti a tante realtà scomode sia per noi che per i personaggi, una su tutte quella del cognome McGill. Per anni noi spettatori abbiamo guardato alla M della HHM e alla possibile seconda M in una HHMM, come simboli di potenza e prestigio. Due avvocati in grado di stravolgere il mondo intorno a loro, ognuno a proprio modo. Chuck è una figura quasi statuaria nel mondo della legge, un uomo che sarebbe stato raffigurato in una statua se i suoi colleghi avessero avuto giusto un po’ più di soldi e mezzi. Non tanto per la sua personalità, quanto per l’aura che lo circondava in ogni caso affrontato in tribunale e in tutti i momenti precedenti.
Jimmy la sua statua in qualche modo se l’è costruita da solo a furia di spot, cartelloni pubblicitari e pubblicità radiofoniche. Se vogliamo veramente raccontarci che il tutto sia stato fatto da Saul Goodman possiamo anche farlo, ma la mente era quella. Poteva essere alterata nel moto perpetuo per andare avanti, alterata dalla sete di gloria e ormai corrotta dopo i traumi nella sua vita, ma quello era un McGill. Jimmy è una persona imperfetta a essere gentili, che ci stia a cuore o meno.
È questo uno dei tanti motivi per i quali Chuck lo ha vessato
Jimmy non rappresentava l’ideale di un McGill agli occhi del fratello. Era irrispettoso verso la legge e la sacralità della sua applicazione, ingannava il prossimo e faceva di tutto pur di ergersi più in alto. Pur di ergersi al di sopra dell’accusa, al di sopra del proprio cliente, al di sopra della legge stessa. Una scelta deplorevole agli occhi di chi ha reso la Legge un punto fermo incontrovertibile della propria vita, una vera e propria “legge” nell’altro significato del termine. Jimmy non rappresentava per niente la figura di un McGill, almeno secondo Chuck.
Eppure Better Call Saul è una storia semplice: tutti hanno un loro pensiero, ma la realtà difficilmente viene alterata da esso. La tua visione del mondo è libera, ma mai arbitraria per il prossimo o influente sulla fine della vicenda. Nessuno agli occhi di Chuck era un McGill meritevole di quel cognome: non il padre che non era mai stato in grado di comprendere la sua superiorità rispetto a Jimmy, o punire il ragazzino per le bravate immorali. Tantomeno la madre che in punto di morte aveva pronunciato il nome del fratello sbagliato e non il suo. E lui non è esente dal proprio stesso giudizio: in quella notte dove si spense una vita accendendosi una fiamma, Chuck espiava le sue colpe: si pentiva di aver perso, di esser stato ingannato, di aver fallito nel mostrare al mondo Jimmy per quello che fosse realmente.
Nessun McGill meritava di portare quel cognome
O forse lo meritavano tutti in modo diverso. Un po’ come una maledizione, ma senza risvolti magici e sovrannaturali. Se quattro persone su quattro sono al di sotto del proprio cognome, forse quel cognome è stato posto troppo in alto. I McGill sono persone imperfette a essere gentili, che ci stiano a cuore o meno. Una famiglia che abbiamo conosciuto nei suoi momenti più alti e dai quali potevano solo intraprendere una spirale discendente. Better Call Saul ha voluto mettere in grassetto il più grande inganno di Vince Gilligan, nel quale siamo cascati tutti.
E qui torniamo alla puntata finale – non al processo – ma al flashback. Il ritorno in scena di Chuck era qualcosa che non pensavamo avremmo mai visto nel finale di Better Call Saul, eppure è stata l’esperienza catartica in grado di svegliarci dal torpore della favola. I fratelli hanno l’ennesima conversazione sgangherata e che non porta da nessuna parte delle loro vite. Sembrano quasi incapaci di comunicare e portare a termine una frase senza risultare fuori luogo o incomprensibili. Sono due pezzi di un rompicapo prodotti male e che tu, fiducioso della loro ottima costruzione, provi a liberare. Peccato che il risultato sia ottenere due pezzi ancora più scheggiati e malformati di prima, benché separati.
A pensare così male dei McGill ci sentiamo strani
Forse perché anche noi li abbiamo sempre associati a un cognome che portasse un certo peso e una certa importanza, dando per scontato che da esso derivassero solo aspetti positivi. Abbiamo associato i pregi al cognome, ma per qualche strana ragione mai i difetti. Eppure erano lì, presenti ed evidenti, messi in chiaro per l’ultima volta da una lampada a olio nella puntata conclusiva. Due persone che vivono di rimpianti, di scelte sbagliate e di pessime decisioni. Due persone che per gran parte della loro vita si sono sentite nel giusto, per poi accorgersi di cosa fossero nei momenti finali: di vita per uno, di libertà per l’altro. Laddove si calmano le ambizioni, i sogni irrealistici e la maschera con un nome diverso, Jimmy capisce di essere un McGill nel bene e soprattutto nel male.
Saul Goodman non era una persona perfetta, ma Jimmy è imperfetto nel senso più veritiero del termine: bravo in qualche ambito, ma sempliciotto e pieno di difetti in quasi tutti gli altri. Abbiamo imparato ad amarlo vivendo con lui esperienze mai immaginate e momenti commoventi, sperando che alla fine arrivasse la redenzione, ma consapevoli che sotto sotto non meritava la libertà. Anche a noi piace sognare anche e speriamo con tutto il cuore che quel libro di H. G. Wells, Chuck lo abbia firmato semplicemente come “McGill”. Un po’ perché ai suoi occhi lui era l’unico in diritto di vantarsi del cognome, un po’ perché i rimpianti mascherati da viaggi nel tempo sono così adatti anche al cognome McGill: una famiglia che ha scoperto tutto, ma lo ha fatto un secondo troppo tardi.