La terza stagione di Better Call Saul sta dimostrando episodio dopo episodio quanto Vince Gilligan aspettasse i ritorni eccellenti per dare un’accelerata al ritmo e ingolosire noi spettatori. Il regista continua liberamente e con assoluta naturalezza – oltreché meravigliosa padronanza scenografica – ad aggirarsi tra le atmosfere rarefatte del New Mexico lanciando stimoli costanti che l’occhio attento dell’ammiratore di Breaking Bad non manca di cogliere.
C’è tanto della Serie Madre in quest’episodio. A partire dalla scena d’apertura. Con una tecnica ben nota, Gilligan ci restituisce nel suo stile il teatro di eventi ormai compiuti. La scarpa scolorita appesa sul cavo, il cartello stradale danneggiato sono ciò che resta di una pièce che vediamo compiersi passo dopo passo durante l’episodio. La genialità di Mike nel far cadere la droga sul camion dei Salamanca e l’espediente con cui riesce a evitare che lo sparo insospettisca i corrieri è espressione del più autentico stile-Breaking Bad. Indubbiamente di qui in avanti l’aspetto più avvincente dell’intreccio verrà a legarsi alle vicende di Mike e al suo rapporto con Gus.
L’episodio fornisce motivazione all’origine del rapporto tra i due e per l’occasione ci restituisce anche un altro viso familiare.
Alcuni l’avranno notato, alle spalle di Gus: si tratta di Tyrus, membro dello staff di sicurezza di Los Pollos Hermanos, ampiamente presente nella quarta stagione di Breaking Bad. Ai più attenti non sarà sfuggito neppure il riconoscimento del dottor Barry Goodman che in 4×11 si occupa di curare Fring dall’avvelenamento e Mike dalla ferita d’arma da fuoco. Con lui sono pure le galline simili a quelle a cui Ehrmantraut dà da mangiare nell’episodio 5×01.
La trama lineare delle precedenti stagioni, che pure aveva coinvolto la premiere della season 3, ha lasciato il posto a qualcosa di più intrigante. Avevamo già sottolineato come nella 3×02 un maggior dinamismo fosse infuso dall’attrattiva di piccoli “misteri” autoconclusivi. In “Costi irrecuperabili” si segue questa linea. L’immagine iniziale con il furgone di Los Pollos che solca la strada risulta comprensibile solo sul finire dell’episodio. Altri non è che una prolessi che ci proietta in avanti nel tempo, in un momento in cui Mike è riuscito a sbaragliare la concorrenza dei Salamanca ed è ora Fring a detenere il controllo delle vie di traffico della droga.
La scarpa, che da nuova vediamo consunta e scolorita, segna proprio questo scorrere del tempo. Ma il cartello dello stop? Guardandolo con attenzione notiamo che anch’esso presenta segni di usura.
Per la precisione: dei fori, che immaginare opera di pallottole, non appare certo avventato. Un rimando interessante potrebbe delinearsi in rapporto alle vicende descritte nel quarto episodio della quarta stagione di Breaking Bad. Ricordate? In quell’occasione Mike, nascosto dentro un camion di Los Pollos Hermanos, viene ferito a un orecchio da una scarica di proiettili, opera di alcuni scagnozzi dei rivali del Cartello. Che sia la stessa ambientazione delle vicende antecedenti di qualche anno? Forse una semplice speculazione, per quanto affascinante.
Non va comunque dimenticato che in Better Call Saul la centralità del racconto è posta su altro. Precisamente sulla figura di Jimmy McGill e sulle mille sfaccettature della sua personalità.
La genesi per eccellenza che preme a Gilligan rappresentare è quella di Saul Goodman; non l’incontro di Mike con Gus, o gli eventi che preparano il terreno a Walter e Jesse, quanto l’evoluzione e la conversione di Jimmy in Saul. Anche in questo episodio viene compiuto un piccolo ma decisivo passo in tale direzione. Come già sottolineato nella recensione d’apertura di questa stagione, la trasformazione del protagonista di Better Call Saul non è solo morale e interiore ma passa anche da una esteriorità ben precisa. In particolare dal vestiario.
Ampia analisi è già stata proposta sull’origine dell’anello che Jim porta all’anulare, pegno dell’amicizia con Marco. Un’amicizia basata su elaborate e ben riuscite truffe. Pure è stato detto degli abiti variopinti ed estrosi che saranno poi tratto distintivo di Saul e che abbiamo visto adottati, seppur momentaneamente, nell’episodio 2×07. Come ha sottolineato Jennifer Bryan, costumista di Better Call Saul e Breaking Bad, l’abito è volutamente troppo largo per dare l’idea della condizione disagiata (ma anche del pragmatismo spicciolo) di Saul. In contrasto con l’impeccabile eleganze di Howard Hamlin, ad esempio.
Ora la telecamera, come accaduto in 3×01 con l’anello, indugia voluttuosa su un altro elemento proprio dell’abbigliamento di Jimmy: le scarpe.
La tipologia con morsetto richiama ovviamente la forma delle manette evidenziando la condizione di Jimmy, incarcerato per una notte. Ma esse rappresentano soprattutto i mocassini “finto-Gucci” propri del corredo di Saul Goodman. La stessa Jennifer Bryan in una passata intervista ha rivelato che la loro scelta non è casuale: si è voluto prendere un modello degli anni 2000 di rozza imitazione. Per segnalare ulteriormente l’infima qualità, il morsetto è stato staccato e quindi riattaccato con del nastro. È lo stile di Saul, avvocato dai mezzi modesti e dai metodi poco ortodossi.
Molto distante dal personaggio che appare in Breaking Bad è invece Francesca, misurata e coscienziosa. Quando Jim afferma: “Questa non è una tipica settimana per lo studio [legale]”, candidamente la segretaria replica: “Sì, certo, non credevo che lo fosse”. E inevitabilmente viene da sorridere sapendo come si svilupperà il rapporto tutto pepe tra i due.
Una relazione che rappresenta invece un grande punto interrogativo è quella tra Jimmy e Kim.
In questo episodio l’avvocatessa compie il passo decisivo verso il completo sostegno al collega, prima proponendosi come suo legale, poi, in chiusura di episodio, affermando: “Hai bisogno di me. […] Non intendo lasciarti in balia di quella gente. […] Chiamiamola fallacia dei costi irrecuperabili”. Quest’ultimo termine (sunk cost, in lingua originale), che dà il titolo all’episodio è un rimando all’episodio 2×01 quando Jimmy, rivolgendosi a Kim chiarisce: La fallacia dei costi irrecuperabili è il pensiero dei giocatori: buttano i loro soldi al vento, sperando di far girare la fortuna. Dicono: “non posso fermarmi ora altrimenti tutti i soldi che ho investito andranno persi. Non c’è alcun premio alla fine dei giochi”.
Kim è troppo compromessa ormai per tirarsi indietro e cade in questa spirale che la costringe a continuare un gioco a perdere destinato al fallimento. E l’immagine della donna e della sua abitudinaria, impeccabile, quotidianità mattutina contrapposta al risveglio in galera di Jimmy ci ricorda pesantemente la distanza -incolmabile- tra i due.
L’immagine dei due avvocati appoggiati al muro è anche un rimando – con rovesciamento – all’episodio pilota di Better Call Saul, “Uno”: lì era Kim a fumare la sigaretta e Jimmy a fare un tiro, qui l’opposto.
A proposito: avete notato la marca delle sigarette? Si tratta delle Wilmington, brand fittizio già presente in un evento cruciale della quarta stagione di Breaking Bad.
Qualche altro piccolo easter eggs: la musica che si può ascoltare durante l’accertamento doganale è la stessa udibile nell’episodio 2×08, in un analogo (ma dall’esito molto diverso) controllo. L’espressione “tough but fair” che viene a perdersi nel doppiaggio italiano, pronunciata dal buffo avvocato “amico” di Jimmy fa riferimento all’episodio 1×02 quando Jimmy riesce a estorcere a Tuco una punizione “severa ma giusta” (questa la traduzione che avrebbero dovuto adottare). Un modo di dire che, anche in Italia, ha assunto carattere virale proprio a seguito dell’episodio di Better Call Saul.
Lo spazio conclusivo di questa recensione è inevitabilmente destinato a Chuck, ormai sempre più indifendibile nel suo comportamento.
Se da un lato comprendiamo, per quanto possibile, il fine “educativo” nei confronti del fratello, il licenziamento del povero Ernesto rappresenta una vigliaccata senza scusanti. È inevitabile che anche noi, di fronte alle parole rivolte da Jimmy al fratello ci uniamo in un coro di apprezzamento:
Ecco che cosa succederà: un giorno tu ti ammalerai. Di nuovo. Uno dei tuoi dipendenti ti troverà avvolto in quella tua coperta spaziale. Ti porterà in ospedale. Ti attaccheranno a uno di quei macchinari rumorosi e starai male. Ma questa volta non ti aiuterà nessuno. Alla fine tu morirai lì. Da solo.
L’ultima scena di questo terzo episodio ci regala l’immagine di Jim e Kim coalizzati contro Chuck. I due riprendono i nomi che avevano adottato nella truffa del primo episodio della seconda stagione di Better Call Saul consolidando così un’intimità totale. Jim torna a essere “Viktor con la kappa” e Kim “Giselle”, la Bonnie di un Clyde sempre più Saul.