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Hector, sei ancora lì dentro?

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Ding. Ding. Ding. A lungo è stato questo l’unico suono che abbiamo associato a Hector Salamanca, perché è così che lo percepiamo in Breaking Bad. È con Better Call Saul, tuttavia, che abbiamo un quadro più completo di quello che possiamo a tutti gli effetti definire un villain, un antagonista, sia nella serie madre che nello spin-off. Come sempre, però, Gilligan ci dimostra la sua incapacità nell’essere banale e ci regala un personaggio, seppur secondario, ricco di sfaccettature e sfumature.

Hector, sei ancora lì dentro?

Un primo elemento che balza subito agli occhi è l’impressionante incisività, in Breaking Bad, di un personaggio secondario ridotto in sedia a rotelle, muto ma ben vigile mentalmente. Se infatti pensiamo al ruolo che ha nell’economia della trama ci stupiamo di quanto riesca a spostare gli equilibri. Ma da questo punto di vista è necessario fare un passo indietro e tornare al momento in cui Hector camminava e parlava. Eccome se parlava.

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In Better Call Saul vengono dissipati (se ancora ci fossero) gli ultimi dubbi sul perché questo personaggio sia spregevole. Avevamo già visto in Breaking Bad (in alcuni flashback) che quando non era disabile, Hector aveva ucciso il socio, nonché migliore amico, di Gus Fring, a sangue freddo davanti al giovane cileno. Ma nella serie dedicata a Jimmy McGill, e in particolare nel filone narrativo che riguarda Mike, veniamo a conoscenza di nuovi elementi di questo personaggio. Nello specifico: cosa lo porta a finire sulla sedia a rotelle e incapace di parlare.

Il punto è proprio questo: la sua disabilità. Quella che a primo sguardo potrebbe sembrare una situazione da compatire, ci viene in realtà spiegata puntata dopo puntata in Better Call Saul.

Hector Salamanca è sulla sedia a rotelle proprio a causa della spregevolezza. Il suo modo di fare dispotico, violento, incapace di scendere a compromessi, infatti, attiva una reazione a catena che spinge Nacho a sottrargli le pillole per procuragli un malore e farlo, eventualmente, morire. Non andrà esattamente così, ma forse (e questo Gus Fring lo capisce bene) quello a cui è condannato Hector è peggio della morte.

Ci chiediamo dunque se Hector sia ancora lì dentro? Certo che sì.

È inevitabile, dunque, ripercorrere il suo rapporto con Gus Fring. Anche in questo caso Better Call Saul aggiunge dei tasselli che con Breaking Bad potevamo solo immaginare. Sappiamo, per il motivo detto sopra, che Gus detesta Hector: probabilmente non esiste un’altra persona al mondo che lui odi più del vecchio Salamanca. Il punto è, tuttavia, che l’odio è reciproco. “Mai fidarsi dei sudamericani” ripete sempre il vecchio tìo.

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Ma quel che Hector sopporta meno è il fatto che Gus stia pian piano monopolizzando il traffico della cocaina in quello che è anche il territorio dei Salamanca. Imbarazzante, infatti, la scena della terza stagione in cui Don Eladio umilia Hector davanti agli altri distributori lodando la grande quantità di denaro portata da Gus. Oppure ancora si pensi alla rivalsa che Hector crede di avere quando si reca a Los Pollos Hermanos e si atteggia a boss di Gus.

Gus, che adora apparire debole per distruggere l’avversario, trattiene il suo odio solo nelle parole. Nei fatti, è lui che ordina l’interruzione delle terapie (da lui stesso finanziate) che stavano guarendo Hector troppo in fretta. La perversione di Gus sta nel fatto che egli sente di avere il potere su Hector, potere decisionale sulla sua vita. Non deve morire perché deve farlo soffrire. Non deve guarire troppo velocemente perché deve soffrire. Ed è proprio Gus a chiedersi se Hector fosse ancora “lì dentro”, e la risposta che si dà è affermativa.

Hector, dal canto suo, non rinuncia alla lotta. Per quanto può in Better Call Saul dà direttive su come i Salamanca devono muoversi. In Breaking Bad, Walter White gli offre la possibilità di sconfiggere il suo nemico. Gli dice:

“So che mi disprezzi. Ma entrambi conosciamo qualcuno che tu odi ancora di più”.

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L’odio che Hector prova per Gus è talmente forte da superare l’orgoglio e l’amore verso una vita che il vecchio non ritiene più degna di essere vissuta. Lo sguardo finale con cui condanna a morte Gus è la risposta definitiva. Sembra dire: “Sì, sono ancora qui. E tu verrai con me”. Boom. Niente più ding. Niente più Hector e niente più Gus. Solo l’odio, che riecheggia profondamente nel corridoio di morte in cui entrambi si avventurano.

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