Dalla regia di alcuni episodi di X-Files alla direzione di una delle migliori serie tv mai realizzate: Vince Gilligan è sicuramente uno dei migliori registi in circolazione al momento. Nel 2008 dà vita alla favola di Breaking Bad. Nel 2015 – sull’onda del successo – a uno degli spin-off meglio riusciti di sempre: Better Call Saul. Una sfida tutt’altro che semplice quest’ultima. Pensare anche solo di sfiorare le vette raggiunte da Breaking Bad, per di più a soli due anni dalla sua conclusione, sembrava quasi folle. Eppure la maestrìa di Gilligan non ha tardato a splendere per la seconda volta. Better Call Saul è riuscita a ritagliarsi il suo posto d’onore nella qualità seriale dell’ultimo decennio di produzione.
Una regia virtuosa, una sceneggiatura impeccabile, una fotografia emozionante e una profonda caratterizzazione dei personaggi hanno garantito a Better Call Saul un livello qualitativo che ha davvero poco da invidiare alla serie madre.
Tuttavia, oltre queste innegabili virtù, è importante riconoscere a Vince Gilligan il merito di una scelta contenutistica piuttosto audace. Quando lo script di Better Call Saul stava prendendo vita avrebbe potuto essere di certo più rassicurante – in termini di successo – amalgamarlo alle vicende narrate in Breaking Bad. Anche solo dei piccoli rimandi a quest’ultima avrebbero garantito l’attenzione dei fan sul nuovo progetto, spingendoli ad appassionarsene sulla base della nostalgia per Breaking Bad. Tuttavia ciò avrebbe distolto l’attenzione dai personaggi narrati in Better Call Saul decentrando il focus su fatti e personaggi già abbondantemente approfonditi.
Gilligan ha perciò optato per una strategia alternativa. Better Call Saul non ruota attorno a Breaking Bad, ma vi balla intorno in maniera sopraffina grazie alla sua struttura temporale.
Ogni inizio di stagione ritrae un malinconico Saul Goodman – ormai commesso pasticciere sotto falso nome a Cinnabon – che vive nella paura d’essere scoperto e ripensa ai suoi trascorsi. Fotografata in bianco e nero, l’apocalisse portata dall’uragano Walter White mostra la vita ormai spenta di quello che in passato è stato un personaggio invece molto “colorito”. E proprio nelle vicende di quel tempo ormai andato si sviluppa Better Call Saul, e nella mente dell’ormai ex avvocato ha origine la sua storia. Un costante flashback in cui il nostro protagonista ripercorre la strada che da Jimmy McGill lo ha portato a diventare Saul Goodman.
Ovviamente in Better Call Saul rivediamo più di un personaggio che abbiamo conosciuto bene in Breaking Bad, e ne osserviamo origini ed evoluzione. Esattamente come avviene per Jimmy/Saul, abbiamo modo di conoscere gli eventi che li hanno resi ciò che abbiamo visto in Breaking Bad, apprezzandone ogni sfumatura.
Ci interfacciamo quindi con gli sviluppi di personaggi chiave come Mike Ehrmantraut, Tuco ed Hector Salamanca e Gus Fring. Grazie a Better Call Saul hanno finalmente risposta innumerevoli domande. Conosciamo le ragioni che spingono un poliziotto in pensione, amorevole nonno, a intraprendere l’insidiosa carriera di “capo della sicurezza per Los Pollos Hermanos” condividendone i “valori aziendali”. Comprendiamo meglio la scalata al potere di Gus Fring: cileno in territori dominati dai signori della droga messicani. Vediamo quel “vecchio bastardo che vuole sempre ammazzare tutti” camminare sulle sue gambe per poi finire nelle condizioni in cui lo abbiamo conosciuto per mano di un suo dipendente. Inoltre sappiamo finalmente chi ringraziare per il ding con cui “Tìo” Hector comunica.
Ma soprattutto abbiamo modo di apprezzare lo sviluppo che ha portato Jimmy McGill a diventare Saul Goodman: ambiguo avvocato con uno sfacciato attaccamento al denaro, un’ampia disponibilità di cellulari e una passione per gli spot che pubblicizzano se stesso.
Sappiamo che quel percorso è stato lastricato di faticosi tentativi di riscatto da parte di un’anima “ribelle” ma profondamente generosa. Che questa storia affonda le sue radici in complessi rapporti familiari che purtroppo non hanno conosciuto un lieto fine. Sappiamo che dietro quella flessibilità morale che porterà Saul Goodman a diventare l’anello di congiunzione tra Walter White e l’impero della droga, c’è un uomo che ha gettato la spugna. Un uomo stanco di dover dimostrare sempre qualcosa, di dover rispettare un’etica soggetta a mille interpretazioni, di tentare onestamente di elevarsi agli occhi di chi lo considererà sempre un idiota.
Il Saul Goodman che “conosce una persona, che conosce una persona, che conosce una persona” è un uomo che ha deciso che in ogni situazione potenzialmente “it’s all good man!“. Non per superficialità, ma per sopravvivere in un mondo in cui i pregiudizi non vengono uccisi facilmente.
La persona che vediamo in Breaking Bad ha abbandonato i panni del Jimmy McGill per vestire quelli di un uomo a cui non interessa più fare la cosa giusta, ma ciò che potrebbe essere meglio per sé stesso. Anche a costo di correre dei rischi. In fondo “The winner takes it all”, giusto? Eppure sarà proprio su questo che Saul si troverà a riflettere, nella profonda solitudine degli eventi post-Breaking Bad inseriti in un’atmosfera simbolicamente molto noir.
Il legame tra Better Call Saul e Breaking Bad è sottile: un filo che unisce storie di diversi personaggi legandoli tra loro come pezzi di un puzzle. Entrambe raccontano una rete che ha inizio e conclusione in Better Call Saul, ma sviluppo centrale in Breaking Bad. Nella prima vengono gettati nel terreno i semi dai quali, nella seconda, cresceranno le piante.
È comunque importante precisare che Better Call Saul e Breaking Bad sono due serie completamente diverse, che si pongono obiettivi altrettanto differenti. È proprio questo che ha permesso alla prima di funzionare bene come corpo di Breaking Bad ma anche come serie autonoma. Ci ha raccontato i pezzi mancanti di un puzzle, di cui tuttavia non abbiamo sentito la mancanza nella serie madre, ma che in Better Call Saul delineano una storia che sarebbe accattivante anche senza avere il suo completamento. I due gioiellini di Gilligan si rivelano complementari tra loro ma, nonostante ciò, entrambi in grado di brillare di luce propria.