I piani criminali più folli possono essere tranquillamente gestiti da una singola persona, non serve l’artiglieria pesante, o almeno, non sempre, quanto più quel pizzico di follia e spregiudicatezza tipico di un soggetto instabile, imprevedibile. E’ proprio l’imprevedibilità che ha reso Lalo Salamanca il più temuto e contemporaneamente ammirato villain di Better Call Saul, se non di tutto l’universo Breaking Bad. Lalo è l’anello mancante della famiglia Salamanca, quello che è mancato fino al suo arrivo. Di certo neanche Tuco, i gemelli e il buon zio Hector sono da meno, la pazzia e la violenza, soprattutto la violenza, sono due armi di casa. Anzi, è grazie al lavoro svolto in una prima fase (Breaking Bad, per l’appunto) con la famiglia Salamanca che Vince Gilligan è riuscito a togliere fuori dal cilindro un personaggio così complesso, così detestabile e contemporaneamente irresistibile, facendo evolvere il gene del male che già aveva inculcato nella stirpe dei pericolosi narcotrafficanti di origine messicana.
Ma Lalo è diverso, ha qualcosa in più. La sua è la mente di un criminale geniale, e la sua genialità emerge in maniera straripante grazie al modo in cui gestisce e affronta ogni situazione, con una calma incredibile e il sorriso malefico che tanto ricorda quello di uno dei più famosi villain del cinema e non solo. Parliamo di un uomo che sarebbe in grado di ottenere qualsiasi cosa nel modo più assurdo ed impensabile, un uomo che non si spaventa di fronte ad impervia alcuna. Oltre al fatto che Lalo Salamanca se la senta più di chiunque altro al mondo, è anche possibile leggere tra le righe il problema di fondo che lo ha condannato a una fine impietosa e assolutamente evitabile. Perché con una personalità così straripante si tende a non accontentarsi mai, a voler strafare, a volersi godere la violenza del momento e la vendetta il più possibile. La fine di Lalo è proprio quello che si meritava e che noi ci meritavamo.
Perché se nel momento in cui arrivi lì, ad un passo da quello che si può definire come l’obiettivo principale della tua intera esistenza, dopo che hai escogitato un piano a lungo termine, diabolico e dettagliato in modo incredibile, ecco, se arrivi lì e decidi di strafare, meriti di finire come lui (con le giuste proporzioni, dai). Lalo Salamanca è stato ucciso da Gustavo Fring, il killer che non ti aspetti (almeno per ora). Per quanto quell’altro pazzo maniaco di Gus abbia dimostrato a più riprese la sua pericolosità in Better Call Saul e soprattutto in Breaking Bad, bisogna ricordarsi di quanto questi fosse terrorizzato da Lalo. E’ un po’ come se il Joker di Nolan affrontasse se stesso, perché si tratta di due signori indiscussi del crimine e soprattutto della pianificazione, proprio come l’antagonista di Batman. Tutto perfetto, tutto curato nei minimi dettagli, da parte di entrambi. Gustavo stava per essere fregato dalla sua stessa impazienza, mentre Lalo è rimasto schiacciato dal peso del proprio ego.
Why so serious?
Prendere la vita come Lalo Salamanca, ad ogni modo, non è poi così male. Di lui diranno che sorrideva sempre, e che con quello sguardo penetrante era in grado di insediarsi dentro la mente di chiunque e manipolarla senza troppo sforzo, seminando terrore nelle sue vittime, ma sempre con un inquietante sorriso stampato in viso. Rivedendo di fila l’ultima puntata del primo blocco di quest’ultima stagione di Better Call Saul, e subito dopo la 6×08, si apprezza ancora di più la decisione di eliminare due personaggi così centrali come Lalo e Howard in modo così diretto ed connesso. E, ovviamente, nulla è lasciato al caso. Howard e Lalo sono probabilmente i migliori rappresentanti delle due più lontane tipologie di personaggi che troviamo in Better Call Saul. Da una parte un avvocato impassibile, che nasconde la sua estrema fragilità e le sue insicurezze dietro ad un abito sartoriale impeccabile, un uomo che incarna la definizione di serietà e di dedizione, ma anche di finzione.
Dall’altra parte colui che non sa cosa significhi la parola pericolo. Lalo calcola le mosse in silenzio, senza darlo a vedere, apparendo come una minaccia soltanto per la sua follia e la sua irruenza tipiche del temperamento dei Salamanca, ma più determinante è il fatto che agisca, sempre, senza tirarsi mai indietro. Da una parte troppe riflessioni e meno concretezza, dall’altra la spregiudicatezza come arma a doppio taglio. Howard se ne va in modo orribile, per il semplice motivo di essersi trovato nel posto sbagliato al momento sbagliatissimo, mentre Lalo paga a caro prezzo la sua straripante personalità. E vederli uno accanto all’altro nella tomba, così diversi eppure accomunati dallo stesso destino, è l’ennesima dimostrazione di quanto in Better Call Saul niente sia mai casuale. Ma c’è del poetico nella dipartita di Lalo, c’è una dimostrazione forte e chiara, quella di un uomo che ha costruito un personaggio e non si distacca da lui nemmeno sul punto di morte, anzi, guarda negli occhi il proprio aguzzino e gli sorride istericamente, la più evidente ed importante delle analogie con il personaggio del Joker. Sembra voler ridere di se stesso, del fatto che per un eccesso di egocentrismo ha fatto una frittata enorme, ha firmato la sua condanna a morte. Ma nemmeno la morte può cancellare a Lalo il sorriso dalla faccia. Non ha paura di morire, non ne ha mai avuta, e proprio questa consapevolezza ha reso possibile il suo rocambolesco cammino nella serie, sempre appeso ad un filo, sempre in bilico, ma mai e poi mai con un accenno di paura nel suo sguardo, una maschera della morte perfetta. Perché siete tutti così seri? Sembra dire Lalo agli uomini in giacca e cravatta con i quali se la vede in Better Call Saul, mica vi crederete più furbi di me? E con il sorriso si defila anche lui, il più affascinante villain che quel genio di Vince Gilligan potesse regalarci.