E’ un fenomeno patologico capace di provocare, nel soggetto che ne è colpito, idee, rappresentazioni mentali o pensieri che vengono avvolti ed incatenati tra loro da un sentimento d’ansia continuo. Tale stato mentale si impone al soggetto, trascinandolo in un vortice di angoscia che talvolta lo porta a compiere atti o avere pensieri esagerati ma irreprimibili. E l’ossessione in questione non è quella che ormai chiunque la guardi prova per Better Call Saul, bensì quell’opprimente senso di colpevolezza misto a paura che accomuna i protagonisti della serie.
È l’ossessione di Gus. Un uomo che nella sua apparente ed appariscente normalità cela demoniache gelosie ma anche un passato costellato da sofferenze. È forse lui il principale propagatore d’ansia di Better Call Saul (e Breaking Bad), per via della sua maniacale attitudine al controllo, un po’ celata in quanto fissazione, un po’ esibita per costruire una facciata, uno scudo che tenga lontani i nemici. Di ossessione ne ha tante Gus, a partire dal suo secolare e profondo odio per i Salamanca, oltre che per la stessa organizzazione a cui appartiene. Vuole primeggiare, vuole essere l’unica alternativa, l’unica via, costruendo un impero mai visto prima, sulle ceneri dei propri nemici. Ma mai avevamo visto Gus così in difficoltà dai tempi del vis a vis con Heisenberg, unico capace di eludere il suo controllo. Lalo rappresenta per lui una minaccia troppo grande, tanto da farlo barricare in una fortezza irraggiungibile. E’ la classica storia del cane e del gatto, con i ruoli che si alternano a seconda di chi tenta di sbarazzarsi dell’altro. Ma al contempo forse questa è l’unica volta che Gus ha trovato un osso troppo duro, perché Lalo, anche nei momenti di vulnerabilità più totale, ha sempre un asso nella manica. E se non riesce a centrare l’obiettivo con le cattive, ecco che si appella alle care vecchie buone maniere, e ce ne saranno delle belle, stiamone certi.
È l’ossessione di Kim. Preda tramutatasi in feroce predatrice, ma che non può fare a meno di restare vigile, perché per natura è come un felino, guardinga e attenta a non prendere rischi indesiderati, soprattutto se si tratta di un pericolo ignoto. In Nero e blu la vediamo preoccuparsi, ma mai perdere la calma. Qualcosa però la sta portando ad allontanarsi da Jimmy, in un certo senso. Non avvisarlo che Lalo è ancora in vita è evidentemente una mossa volta a proteggere il suo partner, per paura che possa commettere qualcosa di stupido. Ma Kim ha altri piani in mente. E’ sempre più ossessionata dalla storia di Howard, pianifica una mossa e già sta pensando alla prossima. Però potrebbe anche essere il suo eccesso di foga nei confronti di questa situazione la causa del mancato confronto con Jimmy, forse non vuole rischiare che si distragga. Ma così facendo finirà per staccarsi sempre di più da lui, cambiando i piani per il futuro, sempre che non lo abbia già fatto. Siamo ad un passo dalla svolta narrativa di Better Call Saul e Kim, nonostante appaia sempre sicura e forte, sembrerebbe essere in realtà sull’orlo di un buco nero dal quale potrebbe non uscire più come prima (o non uscire più e basta).
È l’ossessione di Jimmy. Il più frastornato, il più smarrito. Non è un caso che attualmente sia l’unico ignaro dei movimenti di Lalo, l’avvocato si trova in un punto morto della narrazione. Intendiamoci, il suo personaggio attualmente non sembra avere in serbo cambiamenti radicali per quanto riguarda la trama in questione, ma continua a portare avanti la sua trasformazione nell’avvocato più meschino del New Mexico. Questo spaventa perché potrebbe voler dire che Saul Goodman è diventato Saul Goodman per una serie di eventi esterni, incontrollabili, e che quindi la parte dell’avvocato arrivista che abbiamo conosciuto in Breaking Bad sia il girone infernale che spetta a quelli come lui. Ma attualmente Jimmy si tiene impegnato con la sua, di ossessione: Howard Hamlin. Costui rappresenta, infatti, tutto ciò che Jimmy odia di sé, del suo passato e dei suoi demoni. Howard è Chuck, è quella parte della sua vita della quale sono rimasti solo rimpianti. E nell’accettare di combattere sul ring con lui, finisce un po’ per sfogare la sua rabbia su se stesso, sull’uomo che poteva essere e che non è stato, sul senso di colpa opprimente misto a delusione, rammarico. Restiamo ingannati nel vederlo affogare i suoi problemi nel lavoro, ma a volte ci sembra che si stia sforzando per non esplodere.
È l’ossessione di Lalo. El màs peligroso dei Salamanca, il più furbo, il più bello (da vedere all’opera), il più pericoloso e temuto. Se c’è qualcosa in cui Better Call Saul ha sicuramente superato Breaking Bad è proprio lui. L’uomo da cui tutti sono ossessionati, il più ricercato, el màs peligroso. Lalo ora è la quiete prima della tempesta, e possiede il coltello dalla parte del manico, perché ha il privilegio di poter agire in totale oscurità, ben conscio del fatto che Gus tema il suo ritorno più di ogni altra cosa, e che sia pronto a sferrare il colpo decisivo. Ed è proprio qui che Lalo sguazza, che fiuta la paura e la usa come arma. Un tempo avrebbe scatenato una guerra sanguinaria, ma ora decide di indossare una nuova pelle, quella di un inaspettato galantuomo, per avvicinarsi alla vedova Ziegler e intrufolarsi in casa sua in cerca di prove, di un qualcosa che possa stanare Gus dall’esterno e che lo riporti in netto vantaggio sul suo avversario. Ma forse è troppo avanti, tanto da non essere adatto al tempo in cui si svolgono i fatti, siamo sicuri che in Breaking Bad avrebbe fatto il suo come esponente della famiglia, ma nonostante la (chissà quale) fine che farà, ce lo teniamo stretto in Better Call Saul, per tutto il percorso di crescita che sta affrontando, perché tra tutti i villain è quello più imprevedibile. Nella giungla di Vince Gilligan, Lalo è il predatore supremo, un infallibile (anche se immaginiamo come andrà) scacchista, diverso dagli altri membri della sua famiglia, meno opportunista e più calcolatore, temuto come nessun altro.