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Big Sky: è solo colpa dei cliché

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Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler su Big Sky

In un’epoca dove ormai è davvero difficile trovare originalità nel panorama televisivo, spesso ci ritroviamo a
guardare prodotti che non fanno altro che offrirci cose già viste e riviste. È il caso della serie targata ABC, Big Sky, un mix thriller/mistery creata da David E.Kelley (The Undoing, Big Little Lias) e basata sui protagonisti del romanzo The Highway di C.J. Box.

Come si potrebbe intuire dal titolo da Big Sky, ci troviamo in una piccola cittadina tra belle e suggestive montagne sotto il cielo del Montana.

La serie racconta le indagini di Cassie Dewell, una detective privata (Kylie Bunbury), e Jenny Hoyt (Katheryn Winnick), un’ex poliziotta. Entrambe amanti dello stesso uomo, Cody Hoyt (Ryan Philippe), si ritrovano a collaborare attraverso un’agenzia investigativa, mettendosi sulle tracce di due sorelle scomparse, ma scopriranno ben presto che le ragazze sono soltanto le ultime vittime di una lunga lista. Tutte rapite da un folle camionista di nome Ronald Pergman, interpretato da un buonissimo Brian Geraghty. Sin dai primi episodi, lo show possiede elementi coinvolgenti ed un buon ritmo, ma finisce subito per cadere nei soliti cliché. La trama, infatti, manca di profondità, ma riesce comunque ad intrattenere il pubblico attraverso qualche colpo di scena e ai cliffhanger inseriti alla fine di ogni episodio. Tra la gli elementi positivi è doveroso sottolineare il ruolo degli antagonisti, Ronald, appunto, un uomo disturbato e traumatizzato sin da bambino per via della madre. E Rick Legarski (John Carroll Lynch), uno sceriffo del Montana dal passato misterioso e ben voluto dalla comunità, ma che ben presto si rivelerà essere tutt’altro che un uomo di legge.

La prima stagione, di ben 16 episodi, è divisa in due parti. Nella prima parte assistiamo ad un continuo inseguimento, una corsa contro il tempo alla ricerca di Pergman, del ritrovamento delle ragazze scomparse e il mistero che ruota intorno allo Sceriffo Legarski. Alta tensione, suspense ma poca azione, per un thriller poliziesco a tratti lento e che mostra non pochi limiti sul piano narrativo. Nella seconda parte, invece, gli sceneggiatori decidono di cambiare le carte in tavola, introducendo una nuova trama e quindi un nuovo caso, proseguendo parallelamente con l’altro. Si indagherà sui Kleinsasser, una famiglia che sembra nascondere dei segreti e in conflitto tra loro per aggiudicarsi le rispettive eredità all’interno di un Ranch. Nel complesso la prima stagione poteva certamente fare di meglio, resta molto discutibile l’idea di aver aggiunto un’altra storie con personaggi che incidono poco e non fanno altro che creare confusione allo spettatore.

La Abc inizialmente ordinò solo 6 episodi per la prima stagione, ma visto il successo della serie, portò gli episodi a 16. Nella seconda, invece, gli episodi sono 18.

Nella seconda stagione, fatta di alti e bassi, Dewell e Hoyt, sempre impegnati alla ricerca di Ronald, sono costrette a separarsi a causa di nuove dinamiche, tra cui: un incidente automobilistico seguito da una spedizione di droga scomparsa e soprattutto l’arrivo di una potente famiglia in città, i Bhullar. Tra le novità, più sorprendenti, troviamo un John Carroll Lynch nei panni del fratello gemello dello sceriffo Legarski, da lui stesso interpretato nella stagione precedente, un personaggio ambiguo che ben presto incrocia sulla sua strada un Pergman ormai sempre più in fuga. L’altra novità di rilievo è l’ingresso nel cast di Logan Marshall-Green (The Oc, Devil) che interpreta Travis, un agente sotto copertura, nonché, una vecchia conoscenza di Jenny e di suo marito. Peccato, però, che anche in questa stagione il ritmo non è dei migliori, dialoghi poco intensi e altri numerosi volti nuovi che mancano di spessore. La cosa positiva è che almeno il cerchio inizia a stringersi e le indagini delle detective si avvicinano alla conclusione. Finalmente si arriva ad una svolta sul fronte Pergman, archiviato una volta per tutte dopo un angosciante e lungo inseguimento. Il finale resta aperto, però, con l’arrivo di un nuovo sceriffo che si prospetta davvero interessante.

L’ingresso di Jensen Ackles, porta un po’ di freschezza alla serie, grazie al suo fascino e la sua personalità, per la gioia dei suoi numerosissimi fan.

Nella terza si riparte dal finale della stagione precedente e quindi dell’arrivo del nuovo sceriffo in città, Beau Arlen, interpretato proprio da un ottimo Dean Winchester in versione western. Questa volta con il suo aiuto, il team investigativo indaga su un nuovo mistero tra le montagne, riguardante un gruppo di escursionisti ed alcuni incidenti all’interno di esso che portano ad un omicidio. In primo piano la scomparsa di un viaggiatore con uno zaino in spalla, visto l’ultima volta alla Sunny Day Excursions, attività gestita dalla famiglia Barnes, composta da Sunny (Reba McEntire), suo marito Buck (Rex Linn) e il figlio Cormac (Luke Mitchell). La coppia, inizialmente molto accogliente e gentile, ben presto si rivelerà essere l’esatto opposto, al contrario del figlio, ignaro di tutto. Sale la tensione all’interno del gruppo quando spariscono altre persone, sospetti che aumentano e vecchi segreti che vengono a galla, il che porta proprio i Barnes a dover agire con astuzia, insabbiamenti e doppi giochi. Notevole l’idea degli autori di incentrare la storia in un campo escursionistico in mezzo al nulla, tra i boschi circostanti a fare da sfondo, creando la perfetta ambientazione che rende il tutto più thriller, dando quella spinta che serviva dopo una seconda stagione poco avvincente. Netto miglioramento, quindi, in questa ultima stagione, dove la storia si rivela più interessante, scorrevole e con continui twist. Un merito va dato, sicuramente, alle interpretazioni brillanti delle new entry del cast che fanno la differenza, alzando il livello della qualità delle scene.

Nonostante un buon miglioramento in quest’ultima stagione composta da 13 episodi, lo show resta prima in bilico per un periodo di tempo e poi successivamente cancellata dopo terza stagioni. Resta, comunque, disponibile sulla piattaforma Disney+, nella sezione Star.

Tirando le somme, possiamo dire che non è bastato nemmeno ad un esperto come David E.Kelley riuscire a valorizzare al meglio un prodotto destinato sin dall’inizio ad essere ritenuto uno dei tanti per via della poco originalità della trama. Il creatore dello show, sempre una garanzia, per la prima volta fallisce andando contro le aspettative, facendo di Big Sky un buonissimo show, senza mai eccellere, quindi l’ennesima e non ultima serie promossa per il potenziale ma, sfortunatamente, bocciata per il risultato finale.