Attenzione: seguiranno spoiler su Biohacker.
È proprio vero che questi giovani di oggi non smettono di stupirci! Sono sempre propensi a coltivare le passioni e i talenti più disparati. Ma che succede se alcuni di questi siano in fissa con le tecnologie biomediche? Beh, Biohacker ci apre una finestra su tutte quelle domande che l’uomo non ha mai smesso di farsi dalla notte dei tempi e per le quali non ha mai trovato esaustive risposte. Se però sei sveglio, intuitivo e preparato sull’argomento come Mia Akerlund, alias Emma Engels, vedresti sicuramente più luce in fondo al tunnel.
Tuttavia è un angosciante buio a caratterizzare da sempre la vita della perspicace e introversa ventenne. Non deve essere stato facile, infatti, convivere con il ricordo di un fratellino venuto a mancare a causa di un esperimento genetico eticamente molto opinabile. Parliamo dunque di un originale innesco che parte da un dramma familiare, per poi proseguire verso un traguardo da young adult sui generis di Netflix. A questo proposito Mia sarà costretta a fare svariate scelte. Prima tra tutte, quella tra perseguire con sfrontatezza i suoi delicati e temerari obiettivi oppure mollare tutto per essere sempre leale con i suoi strambi amici e Jasper, con cui condivide un feeling sentimentale oltre che professionale. Deciderà di vivere così in un limbo che nonostante le difficoltà, riuscirà a contestualizzare con coerenza.
Non a caso, la ragazza rientra nel filone delle eroine delle serie tv
Questa infatti è costretta a diventare una self made woman e combattere con una latente ma travolgente sete di vendetta, senza però compiere passi falsi. Diventerà dunque rivale della prima antagonista di Biohacker, la quale passerà poi il testimone ad altri nemici nel prosieguo della storia. Mi riferisco alla Professoressa Tanja Lorenz, dal profilo autorevole, lo sguardo apparentemente gelido e una discutibile moralità. Nonostante quest’ultimo dettaglio, inutile dire che la Lorenz sia una lodevole donna di scienza, che non ha mai smesso di trasmettere ai suoi studenti tutta la sua sconfinata cultura scientifica e l’intento filantropico che in realtà c’è dietro ogni sua ricerca.
Il suo principale obiettivo degli ultimi anni era quello di correggere il DNA in quei punti che avrebbero fatto insorgere nella persona possibili malattie genetiche. Frutto di questo esperimento è stato quindi il tormentato evento che ha sconvolto la vita e la famiglia della protagonista. Ed è tramite l’investigazione sulla morte del fratello che si innesterà inoltre il plot twist che vede la stessa Mia come risultato stavolta riuscito dello stesso test.
Questo lo si scoprirà con l’ardito flash forward iniziale della prima stagione di Biohacker, che vede Mia e lo scostante amico Niklas in viaggio su un treno. Ad un certo punto qui qualcuno, che si scoprirà essere Jasper, libererà delle zanzare geneticamente modificate con un virus infettante. Tutti i viaggiatori si ammaleranno, esclusa Mia che cercherà in tutti i modi di offrire il suo aiuto. Mentre invece in futuro, dopo aver analizzato il DNA di tutti i suoi studenti, la Lorenz appurerà come il sistema immunitario di Mia rasentasse la perfezione.
Pertanto, il suo progetto “Homo Deus” non era stato fallimentare in toto
Eppure, dopo questa “piacevole” notizia, non possiamo lasciare che il nome della sua ricerca passi in sordina. Ci troviamo infatti immersi in uno degli argomenti più discussi e quindi spinosi della storia dell’umanità. Può infatti l’essere umano cambiare la propria sorte o quella degli altri? È possibile vivere una vita sana e lunga, toccando quasi la soglia dell’immortalità? Questo e molto altro viene sollevato in Biohacker. Qui, ai nerd annebbiati da codici e algoritmi segretissimi si sostituisce Mia e gli altri personaggi della serie. Questi, infatti, indossando occhialoni protettivi e abiti freak, vivono immersi in una costante ricerca per attuare bizzarre sperimentazioni su creature viventi di vario tipo. Sfiorando persino il surreale, determinate volte.
Mi riferisco infatti alle singolari invenzioni bio-tecnologiche di Ole. Esempio? Il suo collirio psichedelico, o le improbabili piante di marijuana fluorescenti di Chen-Lu o i tentativi di guarigione di Jasper. Proprio così, poiché per esacerbare la sua fame di scienza, la sorte gli ha riservato pure la convivenza con la malattia di Huntington. Questa è diventata così il suo principale movente per una dedizione un po’ tossica al biohacking e la creazione del suo laboratorio segreto nel bosco. Tenendo fuori da questa valutazione la Lorenz e Mia stessa, che sembra avere spesso un atteggiamento anche più maturo della sua età, in Biohacker ci imbattiamo in pratiche scientifiche colorate da disattesi tentativi di humor. Non parlo di trovate tragicomiche nel senso letterale del termine. Però quello che succede spesso nell’appartamento di Mia sfiora non poco quel trash volto a distendere un po’ la carica delle tematiche maestre trattate.
E il lavoro di Christian Ditter, ideatore di Biohacker?
Sarà risultato abbastanza complesso raccontare in due stagioni, di 6 episodi ciascuna, argomenti ostici e poco raggiungibili da tutti. Il suo vero obiettivo è stato inoltre quello di direzionarli alle giovani generazioni. Puntando sulle tappe chiave dell’adolescenze come la vita universitaria, le prime relazioni amorose, le feste e tutti i piccoli ostacoli della vita lontana dalla famiglia. A questo ultimo spunto si collega il duplice dramma della vita di Mia. Di fatto, oltre a perdere il fratello per via di Homo Deus, la ragazza perde anche i genitori in un incidente d’auto. Ricordo che riemerge attraverso strategici flashback che mostrano la presenza della Lorenz anche in quell’occasione.
Da questi accenni si comprende già come la commistione di generi che connota Biohacker emerga con evidenza da un episodio all’altro. Si passa così dallo sci-fi più implicito al drama non solo teen, fino a toccare le cime del true crime e della più celata dark comedy. Questa produzione tedesca che ha scelto come location Friburgo, voleva infatti distaccarsi dal suo passato fatto di procedural e period drama. Per dare il via ad un genere più fresco e attraente. A questo proposito una serie come Maxton Hall (qui la nostra recensione della serie), ha strategicamente cavalcato questa stessa onda scardinando ogni limite di aspettativa! Nulla vieta comunque di recriminare il poco credibile smaltimento di questi temi in pochi episodi di mezz’ora.
Tuttavia, con tale formato il ritmo di Biohacker è decisamente incalzante
Nonostante non abbondi un’incisiva tensione funzionale alla narrazione tra una vicenda e l’altra, il risultato è buono. L’equiparabile inattuabilità di alcune scene che vedono Mia farla franca in ogni caso, sono volte a sostegno della temeraria protagonista di Biohacker. Un’eroina infatti non può passarsela peggio degli altri personaggi. Piuttosto, sarà nella seconda stagione a dover soccombere tra rapimenti e amnesie che la porteranno a collaborare con il “nemico”. Infatti, una volta che il suo contatto anonimo si rivela essere poi il suo rapitore in combutta con il padre dell’inaffidabile coinquilina Lotta, il barone Wolfgang von Fürstenberg, tutto è costretto a cambiare. Notiamo dunque un notevole risvolto che permette un sorprendente colpo di scena nella seconda stagione. Costruita in modo da svelare il complotto che si celava dietro alla conseguente perdita di memoria di Mia.
Tale vicenda segnerà un’evoluzione in termine di dinamismo dei personaggi, i quali in un primo momento non hanno goduto di un approfondito spessore psicologico. Questa decisione infatti è stata presa per lasciare uno spazio più ampio a tutti quegli assunti di scienza incomprensibili alle menti più semplici. Decisamente un’ambiziosa sfida per l’ideatore di Scrivimi Ancora e Girlboss (qui una nostra analisi sulla serie). Pertanto i confronti a cui può tenere testa Biohacker non sono né scontati né irrilevanti. Pensiamo infatti a prodotti tedeschi come Dark, che dall’alto dei suoi generi thriller e fantascienza rappresenta un inaudito colosso del panorama seriale. La vera differenza sta nelle intenzioni tra i due prodotti. Infatti, quest’ultimo ruota sul principio dell’autoconsistenza secondo cui i personaggi sono in grado di spostarsi nel tempo senza poter cambiare però il proprio destino e quello altrui.
Tale concetto si basa dunque sul paradosso della predestinazione
Biohacker è proprio questa astrazione che vuole deviare attivamente, e in positivo. L’implacabile desiderio di Tanja Lorenz da medico e scienziata è quello di salvare vite umane facendo compiere grandi passi alla scienza del futuro. Da donna ovviamente, il suo operato diventa il tentativo di autorealizzazione e appagamento estremo per poter combattere una battaglia alla pari con il divino. Pertanto, ciò che sembra impossibile nell’universo di infinite altre opportunità che è Dark (qui un articolo su cosa ci ha insegnato la serie), è qui abbastanza palpabile a colpi di scienza piuttosto che di magia. Il romanzarla poi con qualche inciso fantasy fa parte del gioco che ha messo in atto il formidabile trio composto da Mia, Jasper e Lorenz. Ognuno con la propria ostinazione, l’impulsività, l’ingordigia e l’inevitabile paranoia per le situazioni costantemente ansiogene.
Se inoltre vogliamo aggiungere un ulteriore termine di paragone, annoveriamo un prodotto polisemico come The Rain (qui una nostra analisi). Questa ci apre infatti un varco nel microcosmo di tutte quelle distopie che non a caso, si servono di realtà riconoscibili da contaminare con qualcosa di estraneo sia in senso lato che figurato. Che si tratti dunque di pioggia infettiva creata in laboratorio o di dubbie azioni svolte sul genoma umano, parliamo ugualmente dell’atavica lotta tra l’uomo e la natura, tra la sua mortalità e la vita eterna sulla Terra. L’idea stessa che la cura al virus della pioggia fosse da sempre custodita nel corpo di Rasmus, si avvicina alla speranza di Biohacker che dentro se stessi gli umani possano trovare cura e riscatto assoluto.
Cosa possiamo dire sulla conclusione di Biohacker?
È stata sicuramente una strategia narrativa coerente quella di aver fatto terminare la serie con un episodio dai tratti action e ad alto valore drammatico. La temperatura dunque si alza. Tra allarmi antincendio, fughe disperate e infine l’utilizzo dell’interfaccia cerebrale per ricostruire la memoria di Mia. Ma la vera vittima, alla fine dei giochi, sarà insospettabilmente la visionaria Professoressa Lorenz. Questi infatti verrà colpita da un proiettile sull’addome, aprendo così un dibattito su coloro che speravano potesse avere un finale tanto tragico e chi sin dall’inizio nutriva un’ambigua ammirazione per lei. Apprezzando a questo proposito la nuova alleanza con Mia.
Pertanto, di un’ipotetica terza stagione di Biohacker si è pure parlato, in quanto il finale risulta tipicamente aperto e in un certo senso tronco. Tuttavia, è esattamente nell’ultima battuta che emerge il vero significato del prodotto, depurato a questo punto dalla cornice narrativa e dalle influenze dei personaggi. Alla luce di ciò a cui assistiamo possiamo forse affermare che Ditter voleva farci arrivare un messaggio puntuale e non troppo pretestuoso in fin dei conti. Sembra infatti che il suo obiettivo fosse quello di elargire una meritata punizione alla Lorenz e alla sua tracotanza perpetrata nel tempo, nonostante gli errori commesso nel percorso. Ragion per cui, nonostante abbiamo conosciuto il suo lato più verace e umano, meritava di essere un po’ punzecchiata, una volta che Mia e i suoi amici sembravano adesso fuori pericolo.
Manteniamo però un certo ottimismo
Idealizziamo quindi un lieto fine per questo esordio della biologia sintetica rivolto alla new generation. Ammesso dunque che un proiettile non sempre debba rivelarsi fatale, ci immaginiamo un più sincero legame futuro tra Mia e Tanja. Fatto indubbiamente di pentimento, perdono e condivisione della stessa vocazione. L’unica da bistrattare tra tutti i cattivi resterà dunque Lotta, che da stereotipata cheerleader del liceo, è diventata una talpa infame e pertanto imperdonabile.
Speriamo poi in ultima analisi che anche la storia d’amore tra Mia e Jasper, alleggeriti adesso da sospetti, vendetta e oblio, possa prosperare seppur con i suoi alti e bassi. Come ogni young adult che si rispetti! E al pubblico che ha particolarmente apprezzato Biohacker non posso far alto che fare una seria raccomandazione. Non provate a replicare in casa i mirabolanti esperimenti di Ole o a spingervi verso l’ignoto sentiero dell’editing genomico, se non avete tutte le carte in regola!