Tra la miriade di piattaforme streaming disponibili, Apple Tv si piazza, a torto, tra quelle più snobbate considerando la qualità dei suoi prodotti tra cui spiccano serie tv come Defending Jacob, Ted Lasso e, appunto, Black Bird. Rispetto alle cugini ben più famose e loquaci, Apple tv non ama molto parlare di sé senza avere realmente qualcosa da dire ma indubbiamente quando lo fa non si può che restare a bocca aperta per lo stupore. La quantità di prodotti, prediletta da servizi streaming come Netflix e Amazon Prime Video, non è mai interessata alla piattaforma della mela, piuttosto incline a prediligere il caro vecchio detto “pochi ma buoni”. Rispetto quindi a un incessante ricambio di produzioni che durano il tempo di una stagione, Apple Tv propone un catalogo scarno ma per nulla misero tra comedy intelligenti, drammi in costume e thriller entusiasmanti.
Ed è facile allora, all’interno di un catalogo già di per sé poco conosciuto, perdersi piccole perle seriali di nicchia come la Black Bird con protagonisti Taron Egerton, Paul Walker Hauser e il compianto Ray Liotta.
La miniserie in sei puntate racconta la vera storia del serial killer Larry Hall, che negli anni Novanta stuprò e uccise circa venti ragazzine senza mai rivelare l’esatta ubicazione dei cadaveri. Potrebbe trattarsi dell’ennesima serie tv che cavalca l’onda della moda di turno se non fosse che Black Bird è davvero molto più che un altro show true crime. A cominciare dal racconto vero che ha portato all’incriminazione di Larry, così assurdo da sembrare una storia di fantasia. La miniserie si basa infatti sull’autobiografia di James Keene. E questo chi è adesso? Direte voi. Bene, “Jimmy” Keene potrebbe essere l’esemplare perfetto per descrivere un americano bianco, etero di successo. Aitante, bello, carismatico, James è il self made man sbruffone ma dall’animo gentile, sicuro di sé ma anche irrimediabilmente solo. Insomma, il protagonista di un romanzo qualsiasi di narrativa americana moderna.
Arrestato per spaccio di droga, Jimmy viene condannato a 10 anni di carcere. Il mondo del ragazzo dalla vita invidiabile va improvvisamente in frantumi. Un’occasione arriva però sotto forma di ricatto da parte dell’ FBI che gli promette la commutazione totale della pena se lavorerà sotto copertura. Il piano? Farsi trasferire in un carcere di massima sicurezza per far confessare a Larry Hall, serial killer di professione, dove abbia sepolto i corpi. Il racconto, va da sé, procede dal punto di vista di Keene che decide per disperazione di addentrarsi nel girone più profondo dell’Inferno.
Perché Jimmy è pronto a rischiare ogni cosa? In gioco, infatti, non c’è più solo la libertà ma la sua stessa vita. Non stiamo parlando di un agente sotto copertura ma di un criminale senza privilegi e protezione che ha deciso, volontariamente, di farsi trasferire in un luogo da incubo pieno zeppo di assassini e psicopatici. Perché quindi? Perché uscire prima di prigione significa poter passare insieme il tempo che resta a sua padre, sempre malato e in fin di vita. Ecco quindi che Black Bird non è solo un altro true crime – anche molto ben fatto vogliamo aggiungere – ma una storia di legami familiari e, in special modo, del rapporto padre-figlio.
Un rapporto affrontato in maniera duplice: da un lato attraverso i gesti d’amore smisurato ed emotività che caratterizzano il padre di Jimmy; dall’altro i turbamenti psichici e la prepotenza maschilista che il padre di Larry ha inculcato nel figlio mentalmente instabile. Due background che hanno segnato irrimediabilmente la vita dei protagonisti, uno figlio devoto pronto a mettersi nei guai per regalare una vita migliore al genitore, l’altro mostro insensibile disperatamente alla ricerca di una figura paterna. Anche nel rapporto con la donna, è possibile rendersi conto dall’abisso che separa Jimmy da Larry.
Se il primo, infatti, è incapace di instaurare un legame duraturo pur rispettando l’altro sesso, il secondo ha ricevuto un’ “educazione” contorta e sbagliata.
Nel duello psicologico che in Black Bird si instaura tra l’eroe Jimmy e il demonio Larry, si staglia brillantemente un’altra figura, quella che, nella più classica delle tradizioni fiabesche, ricoprirebbe senza ironia il ruolo della fata madrina. Nel ruolo di Big Jimmy, ex poliziotto malato, Ray Liotta ci regala un’ultima interpretazione ricca di dolcezza ed emotività. Il suo personaggio è l’emblema stesso dell’anti-mascolinità tossica che permea l’intera vicenda e di cui abbiamo continue dimostrazioni con Larry, gli altri detenuti, gli strozzini e persino il fratello di Larry. Mentre quest’ultimo volge ripetutamente lo sguardo altrove, anche quando è ormai sempre più palese la colpevolezza del gemello, Big Jimmy conosce perfettamente suo figlio e lo accetta nel bene e nel male.
They never said to me the love of your life could be your child
Siamo di fronte a una figura genitoriale vera e realistica, imperfetta quando, nel tentativo di aiutare il figlio, lo mette ancora più nei guai. Un padre che mostra tutto il suo amore e la sua vulnerabilità incastrandosi in un immaginario collettivo che troppo spesso pecca di figure paterne fredde e distaccate. Nel contrapporsi allo stesso virilismo mostrato da Jimmy, in quanto arrogante playboy, e da Larry, in quando killer di ragazzine, Big Jimmy rappresenta la sensibilità che resiste e riesce a vincere nonostante il mondo intero ti dica che non dovresti provare nulla. Quella stessa sensibilità alla quale si aggrappa Jimmy per non mollare e che che Ray Liotta ci dona dunque come suo ultimo regalo. Grazie.