Can’t handle the consequences, don’t enter the game.
Esiste una concezione comune, condivisa dalla stragrande maggioranza dei leoni da tastiera che bazzicano i social media, secondo cui chi diventa famoso deve necessariamente sottostare alla gogna pubblica e alle continue interferenze nella sua vita privata. Anzi, la vita privata non ha neppure il diritto di averla. Perché, come un giovane Spiderman di quartiere, il vip o la vip di turno deve sapere che “da grande fama deriva grande rottura di c******i”. Da questo input prende avvio il quarto episodio di questa sesta stagione di Black Mirror, intitolato “Mazey Day”. Una puntata che condivide con “Joan is Awful”, due importanti elementi: il primo è il mondo delle celebrità con i suoi pro e contro; il secondo è una messa in scena sterile.
ATTENZIONE! Se non avete ancora visto il quarto episodio di Black Mirror, la recensione potrebbe contenere SPOILER.
Siamo nel 2006, periodo degli i-pods, di Mtv, dell’amicizia tra Lindsay Lohan, Paris Hilton e Britney Spears e sì, anche l’anno in cui l’Italia ha vinto i Mondiali. Ma noi siamo qui per parlare di serie tv (a tal proposito ci sono parecchie serie tv nate nel 2006 che forse non ricordate) e distopie. Stavolta, in realtà, di distopico non c’è nulla. Ennesima prova di come Charlie Brooker con questa nuova stagione abbia deciso di cambiare rotta e fare vela verso spiagge inesplorate.
“Mazey Day” è dunque il risultato più evidente di questa inversione di direzione, con un episodio che mette da parte la fantascienza e la distopia per buttarsi a capofitto nell’horror e nel fantasy. Senza che manchi ovviamente anche una bella critica sociale. Bo (Zazie Beetz) è una paparazzi con qualche dubbio morale, che decide di lasciare la professione quando si rende conto di quanto degradante e antitetico molto spesso sia quello che arrivano a fare per una “buona foto”. Contestualmente anche la star emergente Mazey Day (Clara Rugaard) abbandona di punto in bianco il lavoro per ritirarsi lontana dalle luci della ribalta. Sono passate due settimane da quando l’attrice è sparita dai radar e la caccia allo scatto migliore si fa sempre più agguerrita. Come una preda da braccare (metafora utilizzata non a caso dalla sottoscritta), anche Mazey è trattata e vista solo alla pari di una bella testa di cervo da esporre sopra il camino. Ma la preda si trasformerà presto in cacciatore.
Affamata di soldi, Bo mette da parte ogni scrupolo morale e si unisce lei stessa alla caccia braccando la povera Mazey. Quella che segue nell’ultima parte della puntata è una risoluzione poco efficace e con un enorme potenziale sprecato. Viene, infatti, rivelato come la notte dell’incidente, la star sia stata morsa da un licantropo che l’ha trasformata. L’incubo a occhi aperti che la giovane Mazey è costretta a vivere viene ripreso e fotografato, ugualmente a qualsiasi altra debolezza o vizio che i paparazzi sono sempre pronti a immortalare. Questa metafora potentissima viene però interrotta bruscamente, nell’esatto momento in cui Black Mirror decide di trasformare l’episodio in uno spin-off di Teen Wolf.
Nessuna privacy è mai realmente privata. Questa era la contorta morale del clima tossico che avvolgeva il mondo di Hollywood e dei suoi paparazzi a inizi Duemila. Un clima, che seppur si sia notevolmente ridotto, esiste tutt’oggi con diverse star costrette a prendere posizioni anche molto forti per salvaguardare la propria privacy e quella dei loro familiari (un caso recente è quello di Blake Lively e delle sue figlie). In questo “Mazey Day” centra il punto ma si lascia sfuggire l’occasione di farci davvero paura optando per un qualunquistico finale, degno di un teen drama fantasy di serie B.
Nella morte spacciata per suicidio della giovane stella emergente non percepiamo alcuna tragicità, alcun pathos e, soprattutto, alcuna cinica lezione da portarci dietro durante i titoli di coda. La morte, per Mazey, è quasi più una liberazione, una risoluzione che la ricorderà come l’ennesima star morta troppo presto ma nulla di più. Prossima notizia, prego.
Sarebbe stato decisamente più cattivo e allo stesso tempo più vero mostrare come, di fronte a questa casta di privilegiati, l’essere umano medio sia propenso a non provare alcuna pietà. Una Mazey rinchiusa in gabbia, alla mercé delle fotocamere e degli occhi indiscreti. Questo era il finale che Black Mirror avrebbe dovuto tenere in serbo per noi. Una realtà oscura per cui se sei famoso, allora non hai alcun diritto di lamentarti. Zitto e balla, per citare una Black Mirror che ormai non esiste più.