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L’angosciante episodio di Black Mirror di cui non si parla mai

Black Mirror
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Sapremo sempre meno  che cos’è un essere umano.
Libro delle previsioni

Si tratta della prima volta che ho guardato Black Mirror. Me lo ricordo molto bene, perché dimenticarselo è difficile. Eppure la mia iniziazione a questa serie non è avvenuta con la visione del primo episodio della prima stagione, niente messaggi a primi ministri, niente maiali, per intenderci. Avevo letto qualche articolo qua e là e avevo sentito amici parlare di questa Serie Tv. L’idea del titolo mi piaceva proprio: quel riferimento allo schermo nero di smartphone, televisori e monitor che ci fa da specchio di ciò che già siamo, di ciò che stiamo diventando. Poi, ecco, la storia della critica alla società tecnologica era tutta da vedere, insomma, è pur sempre una Serie Tv che si basa sull’utilizzo di tali mezzi a volerli poi denunciare. Mi piaceva anche il fatto che fosse antologica, che ogni episodio fosse a sé, ma parte del fil rouge che ne costituisce il cuore. Ero davvero molto curiosa, ma non immaginavo le sensazioni che avrei provato.

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Martha: Sei bello!
Copia di Ash: Certo, sono giovane.
Martha: Voglio dire, sembri lui nei momenti migliori.
Copia di Ash: Le foto che memorizziamo migliorano, ma non credo di essere diverso.

L’episodio incriminato è Be Right Back (Torna da me, nella traduzione italiana), il primo episodio della seconda stagione. Non ho memoria di aver mai visto, prima di quel momento, alcuna puntata tanto angosciante.

Martha e Ash stanno insieme e convivono in un posto tranquillo, nella campagna, lontano dal traffico urbano. Si amano, sono giovani. Una di quelle coppie che potremmo incontrare ogni giorno, ovunque. La vita scorre tranquilla, nella normalità che tutti noi conosciamo. Ash controlla i suoi profili social, sempre come facciamo noi. La serenità della coppia cessa presto: Ash muore in un incidente stradale. Martha è evidentemente distrutta quando, al funerale, un’amica cerca di darle una speranza. Quest’ultima le parla di un servizio online che permette alle persone di rimanere in contatto con i propri defunti. Si tratta di una specie di database creato a partire dai social media: grazie ai dati raccolti (foto, post, messaggi vocali, mail, chi più ne ha più ne metta) si può creare una copia virtuale del morto, un nuovo Ash. Inizialmente Martha si mostra più che riluttante, ma l’amica la iscrive comunque a sua insaputa al servizio. È così che la giovane inizia a ricevere mail dal clone del suo fidanzato. In un primo momento Martha va su tutte le furie, ma di lì a poco scopre di essere incinta e, sopraffatta dal dolore, inizia a messaggiare con la versione virtuale di Ash. Ormai il vaso di Pandora è scoperchiato. Martha conversa quotidianamente con il finto Ash, ci parla anche al telefono (il servizio riproduce perfettamente la voce del giovane riprendendo i vecchi messaggi vocali e i video). A causa della rottura del cellulare, Martha ha un attacco di panico e capisce di aver sviluppato una vera e propria dipendenza, così decide di smettere. In quel momento, la copia di Ash le offre il livello successivo del servizio. Si tratta di un’opzione ancora sperimentale, un corpo sintetico in cui è stato caricato il programma: insomma, un Ash riconoscibile dai cinque sensi. Quello che Martha otterrà non è però quanto sperato. La versione artificiale non possiede i dettagli minimi che distinguono le persone: somigliante quasi alla perfezione all’originale, il clone non ha i nei, i peli, non respira, non dorme, non mangia, manifesta emozioni solo su comando, è totalmente sprovvisto di personalità e carattere, si dimostra accondiscende in tutto. Martha è stremata e decide di liberarsi di lui. Lo conduce così sul ciglio di una scogliera e gli ordina di buttarsi giù. Inizialmente egli accetta, salvo pregarla di salvarlo quando lei gli comunica che il vero Ash non avrebbe mai acconsentito a una simile richiesta. È così che Martha comprende di non riuscire a sbarazzarsi della brutta copia del suo fidanzato. 

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Martha: Sei solo un accenno di ciò che era lui. Non hai nessuna storia. Sei l’interprete di qualcosa che lui faceva senza pensare, non può bastarmi ciò che sei!

Trascorre il tempo. Martha continua a vivere nella casa di campagna, nella quale ha cresciuto la figlia. Chiusa in soffitta, la versione sintetica di Ash. La piccola può vedere il finto padre nel weekend, tranne quel giorno, che è il suo compleanno: la bambina finge di voler dare una fetta di torta ad Ash, così da mangiarne una in più lei. Dalla soffitta, la figlia chiama la madre. Dopo un attimo di esitazione, Martha sale le scale. 

Eros e thanatos, amore e morte, i temi più antichi del mondo sono proprio i cardini di questa puntata di Black Mirror che sembra dimostrarci come, che si tratti del passato, del presente o del futuro, le paure e i desideri dell’uomo rimangono gli stessi: medesimi i nodi su cui si arrovella e contorce il pensiero.

Be Right Back parla di questo: dell’assenza, dell’incolmabile vuoto che lascia nella vita la sparizione di una persona amata. Alla paura della perdita che tali pensieri recano con sé, questo episodio di Black Mirror aggiunge un’angoscia che è raro provare guardando la Tv e ci apre la mente su nuove domande, nuove richieste di senso.

Se anche la morte potrà essere fintamente negata, se anche quel vuoto  – il Vuoto – potrà essere apparentemente riempito con delle copie di noi che ci somigliano in tutto, eccettuati i nei, le cicatrici, l’affanno del respiro, la scompostezza del sonno, l’istinto della fame, la volontà di opporsi persino alle voglie di chi amiamo, se tutto questo un giorno sarà possibile davvero, dove saremo finiti?

“Sapremo sempre meno che cos’è un essere umano”. 

Elisa Belotti

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