Tra le tante cose che Black Mirror ci ha insegnato durante i suoi episodi (qui trovate la classifica dei migliori 5), una delle costanti è la spinta ad essere più cinici nei confronti del nostro presente. Lo scenario futuristico che ci viene mostrato nella serie è spesso prepotentemente disumanizzato dalla presenza della tecnologia, scenario che nella maggior parte dei casi non ci sembra neanche così inarrivabile, anzi. Il fatto è che il futuro di Black Mirror trae liberamente spunto dal nostro presente, gli mette un bel fiocchetto tecnologico e lo proietta in avanti, in quello che sembra un domani preoccupantemente vicino. Il primo episodio della terza stagione di Black Mirror, Caduta libera, da esattamente questo tipo di sensazioni, complici una serie di fattori narrativi che citeremo più avanti nell’articolo. Ciò che voglio proporre però, è un’analisi comparativa tra la visionaria puntata di una delle serie più rivoluzionarie di sempre e un consigliatissimo romanzo distopico del superlativo Dave Eggers, Il cerchio.
Il cerchio di Eggers è perfettamente in linea con l’universo Black Mirror
Per chi non conoscesse il romanzo proverò a fare una tanto breve quanto esplicativa introduzione, ahimè però, lungo l’articolo non potrò fare a meno di citare il finale di entrambe le storie, quindi occhio agli spoiler. Se vi piace il genere distopico pensato in chiave metamoderna recuperate questo autentico capolavoro. Il romanzo di Dave Eggers, che tra l’altro ha avuto una (deludente) trasposizione cinematografica con Emma Watson e Tom Hanks, racconta delle vicende legate a una compagnia, Il cerchio (The Circle in lingua originale), che ha tutta l’aria di essere un colosso, stile Amazon o Google per intenderci, ma del quale non conosciamo con esattezza l’occupazione di base. The Circle opera in più settori, e ben presto ci rendiamo conto che questa sua onnipresenza nel mondo del business è atta volontariamente ad arrivare al controllo di tutto con l’uso delle più avanzate forme di tecnologia.
La protagonista è Mae Holland, una ragazza semplice e dedita al lavoro che entra a far parte della colossale compagnia grazie ad una sua vecchia conoscenza del college, Annie, già ai piani alti dell’azienda. Durante il suo percorso Mae subisce un trattamento di assoluta disumanizzazione, come nei più crudi episodi di Black Mirror, arrivando a concedersi ed abbandonarsi alla tecnologica per sposare la causa del cerchio. Lavora nel reparto della Customer Experience, per il quale è fondamentale rapportarsi con altre persone e ottenere sempre il punteggio di gradimento più alto possibile. La disumanizzazione prosegue anche al di fuori dell’ambito lavorativo. Infatti The Circle è come una setta, dispone di un inner circle, il profilo social aziendale, e di un outer circle, quello rivolto ai follower dell’azienda sparsi in tutto il mondo, che se sfruttato nel giusto modo rende i membri del cerchio dei veri e propri influencer. L’inclusività è un aspetto fondamentale che viene incoraggiato dal PartiRank, una classifica a punteggio che si basa sui parametri della partecipazione ad iniziative aziendali e in generale alla vita sociale prettamente virtuale dei membri del cerchio. Ciò a cui assistiamo è dunque il tentativo di trasformare Mae in una simil influencer totalmente trasparente con i suoi follower, che dovrà decidere se piegarsi o meno dinanzi alla supremazia del controllo virtuale imposta dal cerchio.
Black Mirror: l’ossessiva perfezione di Caduta libera
Quello descritto in Caduta libera è un mondo ai limiti dell’ossessivo compulsivo. Tutto è geometricamente e cromaticamente perfetto. Le tonalità pastello le troviamo nei vestiti, negli edifici e perfino nel cibo. E seppur tendenzialmente comunichino positività e calma, la loro sovraesposizione porta a comprendere al meglio il nervosismo generato da uno stile di vita che si basa sul mantenimento dello status quo, in termini di perfezione.
Tutto deve stare sempre al suo posto in modo impeccabile. La musichetta di sottofondo accompagna gran parte della puntata ed inizialmente sembra comunicarci gli stessi sentimenti dell’elemento cromatico, ma anche questa, quando viene proposta in situazioni di sconforto, si traduce in una sensazione di ansia e ossessività opprimente. Dunque gli elementi costitutivi di Caduta libera fungono da perfetta cornice descrittiva di un mondo che vuole essere perfetto in tutto e per tutto ma che nasconde una parte macabra fatta di gelosie, malumori ed ansie sociali per cui risulta impossibile vivere come si vorrebbe. Lacie, la protagonista, fa di tutto per omologarsi, mangia ciò che non vuole ma che risulta instagrammabile (come diremmo oggi), condividendolo immediatamente sui suoi canali social, si veste abbinata sempre in rosa, ricordandoci tanto la Umbridge di Harry Potter. Inoltre fa di tutto per risultare gentile agli occhi delle altre persone e vuole comprare una casa che non può permettersi solo per aumentare il suo status. Una vita passata ad inseguire la perfezione ma sempre ad un passo dal tracollo emotivo.
Lacie e Mae: vittime di un mondo schiavo dei social
Lacie Pound, interpretata dalla bravissima Bryce Dallas Howard, fa il percorso inverso rispetto a Mae. La protagonista del romanzo di Eggers subisce lentamente, e senza rendersene conto, la potenza dell’inclusività del cerchio e si fa ammaliare dalla brama di popolarità fittizia, finendo per proporsi come nuova cavia per gli esperimenti dell’azienda. Lacie invece è già parte integrante del meccanismo e la vediamo battersi a suon di stelline pur di aumentare il suo status. La popolarità nel mondo raccontato in Caduta libera è tutto ciò che conta per vivere al meglio. Maggiore è il grado di popolarità, che si misura con un rating che va da 0 a 5, maggiori saranno le possibilità di ottenere benefit più o meno esclusivi, come un posto su un aereo o una casa da sogno.
Il modo per diventare popolare è tanto semplice quanto simile al nostro, ovvero tramite l’assegnazione di un punteggio che va da 1 a 5 stelle, cosa che tendenzialmente si fa ogni qualvolta che si interagisce con un’altra persona. Sia Lacie che Mae puntano ad ottenere sempre il massimo del punteggio e prendono come una sconfitta una via di mezzo. La FOMO, ovvero la fear of missing out, è una forma di ansia sociale sempre più comune nel mondo dei social, ed è ciò che affligge Lacie e Mae e la maggior parte dei personaggi che abitano i due scenari. Uniformarsi alla massa rende sia popolari che, in un certo senso, invisibili. Perché arrivati ad un certo punto ciò che conta davvero è essere come gli altri, né migliori ma sicuramente neanche peggiori. Lacie e Mae affrontano un percorso inverso, la prima si ribella, anche se solamente una volta che si ritrova con le spalle al muro, la seconda decide di abbracciare questo stile di vita che non le è mai appartenuto e passa dall’essere una timida ragazza di provincia che ama starsene da sola in kayak nel tempo libero ad una super influencer che condivide tutti i minimi dettagli della sua quotidianità con dei followers senza volto, con i quali si relaziona come se fossero amici stretti o parenti. Le due protagoniste di questi racconti distopici sono l’estremizzazione della trasposizione umana di ciò che i social fanno alle persone. O sei dentro o sei fuori, o sei al top o sei una nullità, non sono ammesse vie di mezzo. Lacie passa dall’essere una rispettabilissima 4.2 a uno 0, una nullità totale che addirittura sfocia nell’illegalità e viene rinchiusa in prigione. Mae scala la classifica del PartiRank ed i vertici dell’azienda più potente al mondo.
Verso dove siamo diretti?
Ora, il riferimento diretto a The Circle di Eggers, nell’episodio di Black Mirror c’è eccome. Quando Lacie si trova a colloquio con quello che ha tutta l’aria di essere un consulente d’immagine social, ci viene mostrata su uno schermo la rete dei contatti di Lacie, dalla quale deve partire per migliorare il proprio status. Sullo schermo vediamo scritto precisamente “Inner circle”, ovvero la rete dei contatti più stretti della protagonista. La casualità in questi termini non esiste, ma non siamo qui a decretare sul fatto che Caduta libera sia realmente ispirato al romanzo di Eggers o meno. Ciò che ci preme è riflettere su tutto quello che si vede e si legge in questi due esempi di realtà non troppo ipotetica. In futuro sarà sempre più importante avere una buona fama in rete, già oggi pian piano questo sta sfociando nel mondo del lavoro e ha da tempo preso il sopravvento sulla vita sociale. Ma fino a quanto l’uomo resisterà all’omologazione completa? Oppure, e questa è una visione più speranzosa ma contemporaneamente più improbabile, quanto ci metterà l’uomo a stufarsi, ad arrivare al punto di rinunciare all’interazione virtuale pur di riabbracciare, magari, l’autenticità del buon vecchio calore umano? Verso dove siamo diretti? Verso un mondo di valori fittizi e virtuali oppure un progressivo e lento ritorno al passato?
Come accade a Lacie sul finale, quando si ritrova in prigione a comunicare faccia a faccia con un altro detenuto, senza device, senza profili social, insultandosi animatamente, sfogandosi e mandandosi reciprocamente a quel paese con fare quasi scimmiesco, come nel più kubrickiano del ritorno alle origini.