Black Mirror non è una semplice serie tv. Ed io non mi stancherò mai di elogiarla e consigliarla e spargere la voce affinché tutti possano conoscerla.
Ho visto il primo episodio e sono a dire poco esterrefatta.
La tematica trattata, come sempre, è talmente reale e vicina che quasi mette i brividi pensare a quanto ci ritroviamo nelle vicende rappresentate.
Quante persone conosciamo che hanno come unico scopo nella vita quello di piacere a tutti? Di cambiare in base alle situazione, in base alle persone con cui ci si trova?
Si può davvero chiamare vita quella “dedicata” al voler piacere a tutti?
La 3×01 di Black Mirror, “Nosedive“, è l’emblema della società odierna. E’ il simbolo perfetto di come i social network e i giudizi delle persone influenzino le nostre vite, la nostra quotidianità. Insomma, chi sei se non hai tanti like alle foto? Se non hai 3000 amici su Facebook e 1000 seguaci su Instagram non sei nessuno.
Molto spesso, nel nostro presente governato dalla ricerca costante di apprezzamenti esterni, l’autostima e la personalità del singolo si dileguano. Siamo in base a ciò che appariamo. Ci sentiamo ciò che gli altri credono che noi siamo. Il nostro essere noi è soltanto un collage dei gusti dei più.
Nel primo episodio di Black Mirror è proprio ciò che ritroviamo: la ricerca costante di apprezzamenti, più piaci alle persone più il tuo punteggio sale e più il tuo punteggio sale più la tua vita sarà facile. Come se per essere qualcuno ci sia bisogno di piacere agli altri.
E ovviamente, perchè Black Mirror ha capito tutto e sa come arrivare dritto al punto, ci insegna che rincorrere la chimera della popolarità non porta da nessuna parte. Perchè voler piacere a tutti implica il perdere sé stessi.
Alessandro Verri – sì, quello della rivista “Il Caffè”- aveva già capito tutto tantissimo tempo fa quando individua l’inconveniente del socializzare proprio nel meccanismo del dissipamento: annullare se stessi per trovarsi in sintonia col mondo che ci circonda. Tutto questo si regge su una base di insicurezza che appariene al singolo, che spinto dalla voglia cieca di piacere, di socializzare, viene travolto dall’onda dell’omologazione nonchè dell’ipocrisia.
E “Nosedive” è proprio questo che ci fa capire.
Con la camionista che ne frega di tutto, che sceglie di essere se stessa perchè è quella la vera vita. A chi importa di ciò che pensano gli altri? Noi siamo perchè esistiamo, non esistiamo perchè la gente pensi chi dovremmo essere. E la stessa cosa accade alla fine, quando Lacie viene messa in cella e finalmente, non più succube del dispositivo degli apprezzamenti, si sfoga di ciò che ha dentro e -anche scherzosamente, se vogliamo- comincia quello scambio di battute-insulti col ragazzo della cella di fronte a lei.
“Nosedive” ci spinge a staccarci dalla realtà virtuale: non è la vera realtà.
Vivere ed essere sé stessi: questa è la vera realtà.
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