«Our job is to explain what’s happening to you as best we can.»
Il nostro compito è spiegarti cosa ti sta accadendo nel miglior modo possibile, così si descrive Black Mirror nel suo profilo ufficiale Twitter.
Un modo efficace per riassumere in breve l’essenza di questa serie Tv, la cui terza stagione è disponibile dal 21 ottobre su Netflix. Il potere di Black Mirror sta tutto nell’angoscia, il terrore che suscita in noi alla sua visione, in una continua provocazione che si spinge sempre più in là, sempre più inquietante. In questo particolare caso a farci paura non sono mostri o sovrannaturali presenze, ma la pura riflessione sulla nostra quotidianità attraverso la speculazione tecnologica.
Black Mirror continua a ferire a suon di colpi psicologici e scenari distopici la coscienza di tutti, spingendoci verso una rivalutazione del nostro rapporto con la tecnologia, i media e di come questo influenzi l’ambiente, la concezione di sé e degli altri. Ci mette di fronte a scenari che all’inizio ci appaiono assurdi, ma che una volta nel vivo dell’episodio capiamo non essere così lontani dalla realtà.
Oggi prendiamo in disamina Nosedive (tradotto con Caduta libera), il primo episodio di questa nuova stagione, co-scritto dal creatore Charlie Brooker, Rashida Jones e Michael Schur. Alla regia abbiamo Joe Wright, noto e amato sul grande schermo per film come Anna Karenina, Orgoglio e Pregiudizio ed Espiazione.
Se il passaggio dei diritti a Netflix e il cambiamento del format da tre episodi per stagione a dodici divisi in due tornate (i prossimi sei in uscita nel 2017) avessero in qualche modo destato perplessità riguardo alla riuscita di questa terza stagione, possiamo essere certi sin da Nosedive che la qualità dei temi e della performance tengano testa a quando Black Mirror era proprietà della BBC. Le differenze ci sono e si vedono, ma non hanno alcuna influenza negativa.
Veniamo però al dunque. Tema odierno: la reputazione.
Lacie (interpretata da Bryce Dallas Howard) è la protagonista di questo episodio, in cui tutte le persone, attraverso degli impianti alle retine ed il supporto tecnologico degli smartphone, sono valutati fino ad un punteggio massimo di cinque, visibile da chiunque. Ogni interazione è seguita da una valutazione su una scala di cinque stelline, che influisce sul proprio punteggio, ed ognuno possiede un feed in cui condividere le proprie azioni ed interagire con la propria rete sociale. In questo universo la reputazione è la discriminante della propria posizione sociale e corrisponde alla prima impressione che si offre agli altri.
Lacie è un’amabile ragazza che dispensa cinque stelle e cortesia a chiunque si imbatta in lei, e trascorre interi minuti a provare sorrisi davanti allo specchio. La sua reputazione ha un punteggio di 4.2, notevole ma non eccellente, non un 4.5 che la farebbe accedere allo status di Premium Influencer e le garantirebbe uno sconto sull’affitto della sua casa dei sogni. Il suo sforzo si riversa perciò tutto sul piacere e compiacere le persone con cui interagisce, ma soprattutto ad accaparrarsi la benevolenza digitale dell’amica di vecchia data Naomie, una stella dei social con una vita perfetta che le propone di essere la sua damigella d’onore. L’occasione per Leslie è quella di commuovere tutti gli invitati Premium Influencer e guadagnarsi una valanga di cinque stelline che la porterebbero dritta alla sua casa dei desideri. Un sogno servito su un piatto d’argento, che si rivela un incubo quando il viaggio di Leslie verso il matrimonio di Naomi inizia con la cancellazione del volo ed una lieve perdita di compostezza porta ad una catena di cattive valutazioni e pessime conseguenze per la protagonista e la sua reputazione.
Il concetto (piuttosto inquietante) di questo episodio è chiaro: vi è un ribaltamento tra quello che ora è confinato all’universo dei social media e la realtà. Se la nostra vita fosse la nostra pagina di Facebook, visibile a tutti in tempo reale?
Oggi un tema particolarmente discusso ed in voga è quello del self branding; bisogna creare un marchio, un’immagine di se stessi da offrire al proprio pubblico e costruirsi una reputazione sulla base delle azioni. È quello che fanno gli influencer, i blogger, quelli che contano nel world wide web. Ogni azione è sotto i riflettori e soggetta all’immediato giudizio del pubblico; va da sé che, per forza di cose, perché in internet tutto si crea e nulla si distrugge, non sono ammessi errori, pena: il danneggiamento (potenzialmente permanente) della reputazione. Si tratta di mantenere una facciata e scegliere sempre la mossa vincente, per sé e per gli altri.
Ma se siamo umani, ed errare è altrettanto umano, quali sono le implicazioni di portare sempre con sé il fardello della propria reputazione, misurata su una stupida scala di stelline? Semplice, il fattore umano viene meno, e con lui la spontaneità. Da persone a brand, che si affidano ad agenzie di relazioni pubbliche (nel caso di Nosedive, la Reputelligent) per incrementare e quantificare la propria reputazione e trarne profitto, che hanno una responsabilità sociale ma alla prima crisi, al primo errore umano perdono tutta la loro credibilità agli occhi dei pubblici.
Black Mirror anche stavolta ci dice di andarci piano, che il mondo dei social media è bello, ma non esageriamo, perché non lo sarebbe altrettanto se uscisse dal confine degli schermi. Va bene dare cinque stelline ad un ristorante su TripAdvisor per la cortesia, la puntualità e una se ci hanno servito un contorno di mosche, ma non dovrebbe funzionare così con le persone.
Se la vita quotidiana è già una grande recita, diceva il sociologo Goffman, non abbiamo bisogno di alcuno strumento che ci privi della spontaneità che ci rimane. Dimentichiamo le grandi aziende, gli influencer dei social media, e pensiamo alle nostre interazioni con le persone in cui ci imbattiamo giornalmente: pensate di agire in funzione del punteggio che sperate e ritenete di meritare, che diventa il vostro biglietto da visita, la vostra presentazione ancora prima della stretta di mano.
Anche stavolta Black Mirror non è si è discostato molto dalla realtà, perché un’app per valutare le persone esiste veramente e si chiama Peeple, una sorta di TripAdvisor per umani. Fortunatamente, però, non ha avuto l’accoglienza sperata dalle ideatrici poiché ha subito destato i legittimi dubbi negli utenti. Kudos per l’umanità, per una volta!
Nosedive ci pone quindi il dubbio amletico: essere o apparire? Questa puntata ci offre molti momenti significativi in merito, tra i quali uno in particolare mi ha colpito: Lacie acquista un cappuccino ed un biscotto sorridente, di cui morde un pezzo che prontamente sputa via per creare un perfetto quadretto da immortalare e condividere sul suo feed con la descrizione “Cappuccino con biscotto. Il paradiso!”. Ça va sans dire che il biscotto e il cappuccino non verranno mai consumati. Chiaramente una riflessione sul nostro stesso rapporto con i social e la condivisione, che spesso sembra prendere il sopravvento sull’esperienza stessa, annichilendola.
«In this world, we’re all so caught up in our own heads, it’s easy to lose sight of what’s real.» – Lacie
In questo mondo siamo così presi da quello che succede nella nostra testa che è facile dimenticare ciò che è reale.
Guardare questo episodio, senza che io ve lo dica, sarà un incentivo piuttosto convincente a proseguire la visione della terza stagione di Black Mirror. Questa serie ci ha abituati al luccichio degli schermi, al grigiore e alla freddezza dei suoi scenari più raccapriccianti, ma stavolta sarà un incubo dalle tranquille tonalità pastello che nascondono un mondo tutt’altro che idilliaco, proprio come i nostri feed, spesso e volentieri, parlano di persone che in fondo non ci assomigliano nemmeno un po’.