Apparentemente San Junipero è quanto di più lontano possa esistere dalla natura di Black Mirror. Già l’incipit lascia intuire che possa trattarsi di un episodio sui generis. Non è infatti la tecnologia a fungere da perno alla storia, nè abbiamo traccia di chissà quale scenario distopico. L’ambientazione è tanto familiare quanto dissonante: il look, le locandine fuori ai cinema, le musiche trasudano anni ’80 da tutti i pori.
Al netto dei salti temporali, negli anni ’90 e 2000, viene approfondita la love story di Kelly e Yorkie. Lo sviluppo del loro rapporto non è diverso da tanti altri mostrati al cinema e in Tv, a dispetto delle implicazioni, estremamente più profonde, rivelate nella seconda parte. C’è l’iniziale idillio, l’ostacolo, e – cosa inusuale data la Serie in questione – un lieto fine.
Charlie Brooker ci ha abituato a concepire la sua creatura come una sequenza di brutali pugni allo stomaco, trend confermato nei primi tre episodi della terza stagione. Per questa ragione, il fatto che Kelly e Yorkie siano destinate a restare insieme per l’eternità stona, disorienta, anche più del famigerato cazzotto, come detto una costante ineluttabile.
Esiste, tuttavia, il contraltare: la pars destruens che rimette tutto in discussione. E che ci impone di ragionare secondo il principio del “coniglio o anatra?” tanto caro a un’altra Serie, qual è How I Met Your Mother.
In un episodio della quinta stagione della popolare sit-com, viene posta l’enfasi sul fatto che ogni cosa o persona presenta un lato buono (da coniglio) e uno negativo (da anatra). Tutto si riduce alla percezione che ne ricava il diretto interessato. Per la cronaca l’illusione anatra-coniglio aiuterà Robin a valutare cosa rappresenta per lei l’allora collega e futuro fidanzato, Don.
San Junipero non è solo il luogo immaginario in cui Yorkie e Kelly consumano il proprio amore per l’eternità. È, prima di tutto, una casa di riposo per anziani che garantisce, artificialmente, la vita eterna (nonché l’eterna giovinezza). Le due ragazze, giovani e piene di vita non sono altro che gli avatar delle reali Kelly e Yorkie, anziane, deboli e prossime alla morte.
Un’innovazione di questo calibro ha i suoi pro e i suoi contro e qui emergono le differenze tra le due protagoniste. Yorkie, ridotta in stato vegetativo sin dall’età di 21 anni, può godersi l’eternità come compenso per tutti gli anni che non ha potuto vivere; Kelly, d’altra parte, ha perso i propri cari, tra chi non ha potuto e chi non ha voluto beneficiare di tale tecnologia. Che senso ha l’eternità se non la puoi passare con chi hai amato nel tuo passaggio sulla Terra?
La seconda visione, intrisa di pessimismo, soppianta molti degli aspetti importanti della nostra vita, dalla religione alla rilevanza che attribuiamo ai ricordi e agli affetti. Il tutto messo in campo con una raffinatezza estrema, espediente quanto mai efficace per consentire allo spettatore di metabolizzare ciò che sta guardando, e per rendere lo stesso parte integrante del dilemma.
Ma non è tutto: non sarebbe Black Mirror senza un’immagine disturbante che spinge fino all’estremo più oscuro le ripercussioni della tecnologia.
Sulle note di ‘Heaven Is A Place On Earth’ – canzone che sembra essere sempre esistita in funzione dell’episodio – si arriva al finale, la cui interpretazione è affidata alla soggettività dello spettatore. Kelly che cambia idea e opta per la permanenza eterna, in compagnia di Yorkie, è effettivamente un lieto fine, come è stato evidenziato anche in questo articolo.
D’altro canto, Brooker ci mostra beffardamente i server, con l’aspetto e la funzione di loculi, contenenti ogni coscienza umana presente a San Junipero. L’immagine delle nostre vite rinchiuse in un bit e rappresentate da qualche codice è tanto breve quanto potente. A prescindere dall’opinione che ognuno ha sulla questione, se arriverà il momento, chi vorrebbe sapere davvero cosa accade in quella sala?
Forse anche a causa di una stagione molto più ricca di episodi rispetto alle precedenti (e, dunque, per avvicinare una Serie del genere alle logiche del binge-watching), Black Mirror sacrifica il suo nichilismo in nome di una riflessione portata a uno stadio mai visto prima. San Junipero parla non solo alla testa dello spettatore, ma anche alla sua pancia.
Svestendo i panni della commedia sentimentale, quello che ci viene proposto è uno dei primi dilemmi sulla vita eterna che lasci una concreta alternativa alla fine della vita stessa. Non seguirà in maniera ortodossa l’iter della Serie, ma San Junipero è perfettamente in linea con l’obiettivo che Brooker si è prefissato quando ha concepito Black Mirror: indurre alla riflessione riguardo alle implicazioni tecnologiche.