Il terzo episodio della 1° stagione di Black Mirror, “Ricordi Pericolosi”, merita di essere analizzato e presentato per ciò che è: un’opera d’arte.
Se siete qui, è perché siete intrigati da Black Mirror, la Serie antologica più sfrontata, alienante e iconica che sia mai stata creata (e non a caso nasce da quel laboratorio di scienziati pazzi che risponde al nome di Channel 4, fucina di altre opere altrettanto coraggiose sbarcate anche oltreoceano).
Attraverso varie idee e provocazioni, gli autori ci hanno mano a mano fatto entrare in mondi sempre diversi, tutti quanti simili al nostro, ma che differivano per un piccolo (gigantesco!) dettaglio in grado di mandare a farsi friggere tutte le convinzioni che avevamo precedentemente circa l’esistenza umana e in particolare al suo rapporto con la tecnologia.
In tal senso, è inevitabile che il nostro occhio clinico plani prepotentemente su “Ricordi Pericolosi“, forse la puntata più introspettiva e delicata dell’intero branco.
La rivivremo, la analizzeremo e la capiremo insieme, senza pregiudizi o saccenteria, bensì con l’unico desiderio di scoprire le dimensioni nascoste di una storia apparentemente banale che in realtà nasconde al suo interno chiavi di lettura di rara importanza, impossibili da dimenticare.
Devo davvero esplicitarvi il fatto che da qui in poi vi immergerete in una foresta di SPOILER? Ma sì dai, repetita iuvant.
Tutto parte da Liam Foxwell, un giovane e aitante avvocato chiamato a sostenere un colloquio di lavoro per andare a lavorare in una non meglio specificata compagnia: dopo alcune schermaglie verbali, l’incontro si conclude con una frase un po’ enigmatica e il più classico dei “le faremo sapere”.
I conti non tornano. Cosa avranno voluto dire quegli esaminatori? Sarà piaciuto o no? Non è che forse si è caduti in qualche terribile gaffe?
Ecco allora che fa il suo ingresso l’elemento caratteristico di “Ricordi pericolosi”, la memoria artificiale: ogni essere umano, infatti, ha installato dietro l’orecchio un sistema in grado di immagazzinare ogni immagine registrata attraverso lo sguardo del suo titolare, con la possibilità poi di rivivere ogni ricordo di questa gigantesca libreria semplicemente proiettandolo contro una data superficie, andando avanti o indietro con un telecomando come se si fosse al cospetto di un qualsiasi DVD e non della propria vita.
Liam riguarda ossessivamente la sua performance e le espressioni degli esaminatori (manco fosse Cal Lightman…) nel tragitto che lo porta a casa di amici di famiglia, dove ad attenderlo ci sono tra gli altri sua moglie Ffion e uno strano individuo di nome Jonas che lei stessa gli presenta caldamente.
Tra frecciatine, vino e battute la serata prosegue con questo Jonas costantemente al timone delle operazioni e Foxwell via via sempre più scuro in volto, pensieroso, preda dello stress del suo scadente colloquio e del sospetto che le continue e banali risate di Ffion alle scialbe battute di quel tizio gli instillano nel cervello.
Tornati a casa, una bottiglia di liquore scatena definitivamente la paranoia di Liam che si mette a sviscerare ognuno dei suoi ricordi alla ricerca spasmodica di un microscopico dettaglio che gli confermi finalmente che la moglie l’abbia effettivamente tradito con Jonas o che comunque tra i due ci sia un legame differente dalla semplice amicizia che Ffion continua a predicare negando contemporaneamente qualsiasi intrallazzo.
Le domande diventano un interrogatorio, l’ansia si trasforma in rabbia, la paranoia aumenta mano a mano i giri del proprio motore portando addirittura il protagonista al confronto fisico con il suo novello rivale, ma alla fine la verità viene a galla.
Ffion e Jonas hanno avuto una relazione in gioventù, dopodiché c’è stata una rovente “ricaduta” proprio nove mesi prima della nascita di Jodie, la figlia di Liam e Ffion, che a questo punto si scopre essere in realtà frutto del seme di Jonas.
Boom.
Cosa sarebbe successo senza l’ausilio di quello strumento così veloce, dinamico e soprattutto ESATTO? Magari una scenata di gelosia e nulla di più.
Con la commercializzazione e la fruibilità dell’esperienza, invece, le cose hanno preso una piega del tutto imprevista: poter rivedere alcuni scambi di sguardi tra i due peccatori ha confermato i dubbi di un ragazzo preoccupato, divenuto prima geloso e poi paranoico nella ricerca di prove che avvalorassero la propria terribile teoria, probabilmente più con il desiderio di non trovarle che altro…peccato le abbia trovate, anzi, le abbia viste.
Siamo quindi al cospetto della morte della fiducia.
La parola della persona che ami non basta più, i momenti belli passati insieme non hanno alcun significato, nemmeno nel primordiale legame dell’unione sessuale si può trovare un briciolo di autenticità (il fatto che per eccitarsi entrambi si focalizzino sui primi ricordi della loro storia la dice lunga su un rapporto che, tradimento o meno, era logoro già da tempo evidentemente).
La memoria artificiale sembra una vera e propria arma a doppio taglio in grado di solleticare i vizi, alimentare la fornace del sospetto e, come in questo caso, rovinare letteralmente la vita alle persone, ma può essere anche virtuoso strumento di analisi e di critica!
Che male c’è nel rivedersi gestire un colloquio di lavoro nell’ottica di smussare i propri difetti in vista del successivo? Cosa c’è di sbagliato nel riproporre davanti ai suoi stessi protagonisti delle serate degne dei peggiori bar di Caracas commentandole e sfottendosi a vicenda? Perché quello che dovrebbe essere il serbatoio della nostra vecchiaia diviene un armadio ricolmo di scheletri?
Il punto è che ciò di cui stiamo parlando è tecnologia ed essa, per definizione, non è mai né buona né cattiva: tutto dipende da chi l’imbraccia in un dato momento.
Liam è diventato l’alfiere del complottismo non solo per cause intrinseche alla sua anima, ma anche per lo stress lavorativo e per l’abuso di alcool, due elementi che non possono che mandare a monte i valori morali di chiunque, perciò sarebbe troppo facile condannare qualcosa o qualcuno solo in virtù dei propri estremi più biechi.
Chiediamoci dunque: cosa si potrebbe fare di buono con un simile strumento?
Liam non si pone nemmeno il problema, decide di disfarsene, distrutto e annichilito dal peso della verità e soprattutto dalla responsabilità di averla scoperchiata riducendo il famoso vaso di Pandora a un suppellettile da collezione.
Noi come potremmo usarlo? Si è già detto delle sue potenzialità in campo formativo e ludico, però non va dimenticato quanto di buono si potrebbe fare ad esempio per venire incontro alle esigenze di un malato di Alzheimer desideroso di rivivere quel film di cui proprio non riesce a ricordare il finale; si potrebbe regolamentare il dispositivo facendo in modo che esso possa registrare un massimo di ricordi al giorno e che per farlo in occasioni di gruppo serva il consenso degli altri membri; alcuni ricordi sarebbero perfetti per essere usati in ambito educativo per sensibilizzare i giovani su determinati temi come il fumo o l’alcool etc etc.
Avete altre idee? Fatevi sotto gente, qui ci si sta semplicemente confrontando, ed è proprio questo che fa di “Ricordi pericolosi” un’opera d’arte importantissima.
Grazie ad essa stiamo ragionando sull’importanza di un tema delicato come la memoria che altro non è se non la base su cui verrà eretto il futuro, la traccia da cui partire per completare il romanzo, il punto di partenza principe per ogni riflessione, pensiero o azione che noi e i nostri figli saremo chiamati a fare.
Questa generazione è chiamata a non sottovalutare affatto questo concetto, specie in tempi frenetici e colmi di variabili come questo, che potrebbero portare le vite di tutti noi in direzioni inaspettate.
Oggi scolpite nella vostra mente questo: non bisogna MAI dimenticarsi di ieri, altrimenti domani sarà il caos.