Sono venuto al mondo urlando e coperto nel sangue di qualcun altro, e lascia che te lo dica, non ho paura di andarmene allo stesso modo.
Charles Vane
Quando pensiamo ai pirati, nell’immaginario collettivo, vengono subito in mente tre cose: tesori, vascelli e tanto tanto rum. In Black Sails, serie tv targata Starz, sono presenti tutti e tre questi elementi ma anche molto altro ancora. Una storia che unisce finzione e verità dipingendo un mondo piratesco crudo, violento e feroce, in cui uomini e donne lottano ogni giorno per la propria libertà contro un progresso che cerca di lasciarli indietro. Opposte alle avventure rocambolesche e fantastiche di Jack Sparrow, in Black Sails assistiamo a battaglie epiche che si combattono in mare aperto ma anche all’interno di stanze chiuse a chiave. È la battaglia dei pirati, quelli veri e storicamente esistiti, che si opponevano ai dettami della società e alle regole del buon costume issando una bandiera nera con un teschio sopra.
Lo show nasce come prequel ideale del classico d’avventura “L’isola del Tesoro”, scritto da Robert Louis Stevenson, riprendendo dall’opera madre alcuni famosi personaggi e diversi spunti narrativi ma costruendo pian piano una storia assolutamente unica e distinta. Il capitano Flint e John Silver sono entrambi pirati usciti dalla penna di Stevenson, ma mentre il primo è assente nel libro e di lui si parla solo attraverso riferimenti e citazioni, l’altro è l’antagonista per eccellenza dell’opera. Nella serie tv, c’è grandissima libertà narrativa che permette di esplorare i caratteri, le ambizioni e la morale di due personaggi drasticamente diversi tra loro. Se da un lato Flint (un eccelso Toby Stephens) rimane un buono, un uomo che ha sempre agito per amore pur nascondendolo sotto una scorza burbera, John Silver si trova su una linea moralmente ambigua, sempre in bilico tra interesse personale e giustizia comune.
In mezzo, tra loro, troviamo un’altra figura centrale nella trama di Black Sails e che stavolta fa il suo ingresso trionfale direttamente dai libri di storia: Charles Vane.
Ma chi era in realtà questo pirata vissuto nel XVIII secolo e portato magistralmente in vita da Zack McGowan nella serie tv? Come diverse altre storie di pirati anche quella di Vane è ammantata nel mistero. Di lui ci sono arrivate, infatti, poche e sparse informazioni e dati storici. Sappiamo, per esempio, che è nato intorno al 1680 in Inghilterra e che deve essere diventato un pirata già in giovane età. La sua fama cresce durante gli anni 1716-1719, quando Vane si fa un nome nelle Indie Occidentali.
In questo periodo, diventa capitano su una nave chiamata “La Ranger” ed è noto per essere uno dei pirati più spietati in circolazione. Contrariamente a molti suoi compagni che decidono di abbandonare la strada della pirateria a causa delle minacce sempre più insistenti da parte della corona, Charles Vane diventa il simbolo stesso della nuova era dei bucanieri. Per nulla intimorito da re Giorgio né tantomeno dal nuovo governatore inglese di Nassau Woodes Rogers, Vane continua la sua sfolgorante ascesa fino a trasformarsi in un mito che attraversa i Sette Mari.
Eppure appena pochi anni dopo la nascita della leggenda, giunge prematura la sua stessa disfatta. Verso la fine del 1720, la flotta di Vane fu travolta da un uragano riportandolo sulla terraferma. Bloccato su un’isola deserta per alcuni mesi, Vane viene infine catturato da una nave della Royal Navy guidata dall’acerrimo nemico Woodes Rogers che lo riporta a Port Royal in Giamaica. Qui, Charles Vane subisce l’impiccagione nel 1721, andando fieramente incontro alla morte senza mai supplicare per aver salva la vita. In soli cinque anni dall’inizio della sua carriera piratesca, Vane ha travalicato i confini tra mito e realtà imponendosi come un simbolo di libertà assoluta, senza mai cercare compromessi o scappatoie.
La complessità di una figura storica così ribelle e sprezzante viene ben rappresentata nella sua controparte fittizia.
Presentato, fin da subito, come l’opposto del capitano Flint, Charles Vane è il crudele pirata che semina il terrore a Nassau, che non si cura del prossimo e che vive per soddisfare i propri interessi e pulsioni. John Silver è ambiguo ma, per gran parte della narrazione, rimane legato a quel topos dell’antieroe. Charles Vane esula da qualsiasi tipo di catalogazione. Da un lato, è un pirata spietato e brutale che non esita a commettere atti violenti e crudeli senza mai pentirsene, dall’altra parte è però anche capace di dimostrare un profondo senso di onore e lealtà.
Rispetta l’opinione dei suoi uomini fidati, ha a cuore la vita delle persone che ama e combatte strenuamente per le proprie convinzioni. Il desiderio bruciante e costante di arricchirsi e di conquistare il potere spesso si scontra con alcune leggi morali che guidano da sempre il suo animo e le sue azioni. Leggi che, in parte, gli sono state inculcate da un maestro di vita come Barbanera. Proprio questo conflitto interiore è un aspetto centrale della sua caratterizzazione, soprattutto con l’avanzare della trama, e contribuisce a renderlo un personaggio intrigante e mai pienamente decifrabile.
Non è lo spietato bucaniere che la prima stagione di Black Sails tratteggia.
Impariamo ben presto a conoscere le sfaccettature ambigue dell’animo oscuro di Charles Vane, un uomo che risponde solo a se stesso e ai suoi ideali. Anche a costo di morire. Nel corso della serie, il feroce pirata conosce una notevole evoluzione, acquisendo maggiore complessità e costruendosi attraverso le lotte, le sfide personali e il confronto con gli altri protagonisti. Seppur rivali, infatti, Flint e Vane rappresentano due facce della stessa medaglia, due uomini che lottano per ciò in cui credono con perseveranza e coraggio, anche se le loro posizioni si stagliano agli antipodi. Nella battaglia finale contro Woodes Rogers, i due miti uniscono le forze trovando un fondamentale punto in comune nella difesa senza remore della libertà. Una libertà che è sempre più tenuta sotto scacco da chi crede di avere le risposte, da chi pensa di sapere quale sia il tipo di società più giusta.
Di fronte a chi gli ha sempre detto come vivere, Charles Vane risponde con un’ultima grandissima beffa. L’uomo che non si è mai fatto piegare da nessuno, che non è mai sceso a compromessi anche di fronte alle torture e alla vergogna, adesso guarda in faccia i benpensanti alzando orgoglioso la sua bandiera nera. Scegliendo di sacrificarsi, il pirata trascende il suo status di fuorilegge trasformandosi in un simbolo che resisterà al tempo e alla storia. L’atto eroico di Vane, il cui obiettivo è quello di proteggere qualcosa di molto significativo, dimostra la crescita del personaggio e una volontà non più limitatamente egoistica. La morte di Vane ha, d’altronde, un forte impatto emotivo sugli altri personaggi, a prescindere dai legami con questi. Sia l’avversario Flint che l’amico Jack Rackam sono profondamente scossi dall’atto del pirata, ritrovando nuova energia e forza per combattere gli invasori.
Charles Vane muore ma lo fa alle sue condizioni, scegliendo di assumere il ruolo di cervo sacro per permettere ai pirati di salpare e proseguire il loro viaggio.
Così come una non meno famosa Ifigenia aveva scelto il sacrificio per una causa superiore. Qui, però, non sono gli dei a chiedere al nostro protagonista di immolarsi, anzi sono proprio loro ad aver abbandonato i pirati, lasciandoli a marcire tra i mari dei Caraibi mentre il progresso avanza inesorabile con la chiara intenzione di eliminarli dai libri di storia. La morte di Vane, allora, è un sacrificio non richiesto e, per questo motivo, ancora più simbolico e decisivo. Una presa di posizione netta contro la società e le sue ingiustizie. Non esistono catene in grado di tenere a bada la volontà di un uomo, così Charles Vane sceglie di morire sottolineando, persino nei suoi ultimi istanti di vita, che lo fa da uomo libero.