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Black Sails e la magia di un finale troppo controverso

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ATTENZIONE: proseguendo nella lettura dell’articolo potreste imbattervi in spoiler sulle quattro stagioni di Black Sails.

Black Sails è un’epopea grandiosa e tragica. Un racconto romantico, poetico e terrificante, che si insinua tra storia e leggenda, restituendoci il profilo di un’opera magnifica. È il grido dei derelitti, degli emarginati, degli scarti d’umanità che la storia non ha voluto. “Cosa bisogna fare degli inadeguati”, si chiede una voce fuori campo, aprendo l’ultimo, meraviglioso capitolo della saga. Cosa bisogna fare di quelli che la civiltà deve necessariamente estirpare per proteggere la sua stessa ragion d’essere? “La civiltà determina se stessa per ciò che esclude. Il progresso sarà sempre destinato a lasciare sul suo cammino detriti umani, che dai margini lo osserveranno”.
E quei detriti umani, quelle tracce di storie tragiche e spaventose, abbiamo imparato a riconoscerle, ad annusarle e a inseguirle per tutto l’accidentato cammino di Black Sails. La serie di Jonathan Steinberg e Robert Levine si inerpica su per quattro stagioni, una più bella dell’altra. Un burrascoso vortice di emozioni, spesso contraddittorie, impetuose, vertiginose. 

Black Sails

Black Sails è una grande storia d’avventura. Un’avventura consumata tra la salsedine e il sangue, seguendo il moto imprevedibile delle onde, passando attraverso la tempesta a vele spiegate.

È una storia di riscatto e lotta, un inno idealistico e romantico che cresce episodio dopo episodio, senza lasciarsi intirizzire dalla bonaccia. Il finale di serie è il giusto, coraggioso epilogo di un racconto potente e indimenticabile, il modo in cui gli autori hanno scelto di levare gli ormeggi per consegnare la propria storia di uomini, disgraziati, derelitti e criminali alle leggende dei pirati. Non tutti hanno amato il finale di Black Sails, almeno non subito. L’atto finale della serie si apre nel bel mezzo della guerra tra i pirati di Nassau, che vogliono liberarsi per sempre del giogo dell’Inghilterra, e il comandante Woodes Rogers, caparbiamente determinato a spazzare via qualsiasi forma di resistenza sull’isola. Una guerra alla quale tutti hanno consacrato la vita, chi per un motivo chi per un altro. Il governatore Rogers ha giurato di riportare la bandiera britannica a svettare sul forte di Nassau, consegnando i pirati alla morte e all’oblio. I suoi interessi personali si sono intrecciati col desiderio di strappare alle vele nere ogni barlume di speranza. Il capitano Flint è riuscito ad arrivare a un passo dalla vittoria da sempre agognata, quella sulla madrepatria bigotta e ipocrita e per la libertà e l’autodeterminazione della sua gente.

Due estremi – Woodes e Flint – di una spirale distruttiva che non conosce compromessi, mezze vittorie o cedimenti. In mezzo, ci sono le vite e le speranze di tanti individui, ci sono i contorni amorfi di quel maledettissimo incubo che Long John Silver inizia a vedere sempre più distintamente. La battaglia finale tra la nave dei pirati e quella del governatore sembra essere l’apice di una guerra che incontra finalmente uno snodo decisivo. Il sogno di Flint potrebbe avverarsi, capovolgere le leggi ferree della civiltà e dare un senso alla sua rivoluzione, ai suoi morti, ai suoi fantasmi. Ma a quale prezzo ancora? Quante altre vite dovranno essere immolate sull’altare della causa? È quello che Silver si chiede con terrore sempre più crescente.

Black Sails è stata anche una storia d’amicizia, di contrapposizione tra due personaggi opposti e per questo convergenti: Flint e Silver.

Black Sails

Nell’atto conclusivo, lo scontro che appariva ormai inevitabile sembra pronto a scoppiare. La fattura dei dialoghi in questa serie è sempre pregiata, ma nel finale riesce persino a superarsi. Il capitano Flint e Long John Silver, posti l’uno davanti all’altro in una terra dimenticata e misteriosa, riescono col solo uso delle parole a far deflagrare più bastioni che con un intera batteria di cannoni. L’azione vera di Black Sails si condensa tutta in quell’ultimo dialogo tra i due personaggi, l’eroe tragico e il leader pragmatico. Tra l’ultimo, disperato slancio idealistico e la concretezza del compromesso, della via di mezzo suggerita di Silver. Per Flint la guerra è tutto, la Causa è ciò che riesce a tenerlo in vita a dispetto di tutto, a dispetto dei re, delle regine, dei governatori e della marina britannica. Rinunciare ad andare fino in fondo, a perseguire l’ideale fino alla sua concreta manifestazione, è per il capitano semplicemente inaccettabile.

Saremmo stati inutili, al servizio delle loro cronache. Distorti, per assomigliare ai loro racconti. Finché non riusciranno a trasformarci nei mostri delle storie che la sera leggeranno ai loro figli.

Ciò che però Silver riesce a intravedere nella folle determinazione di Flint è un furore cieco, che desidera solo vedere il mondo bruciare. Una voragine aperta quando gli è stata strappata via la felicità, un immane vuoto da riempire ogni volta con una guerra. Il finale di Black Sails riesce a disorientare lo spettatore, a sballottarlo da una parte all’altra con la sola forza delle parole. Molti hanno storto il naso nel vedere il famigerato capitano Flint abbandonare il mare per ricongiungersi all’amore della sua vita. Sembra una conclusione stonata, disarmonica rispetto al profilo del personaggio. E invece è la giusta chiusura di un cerchio, è il capitano Flint – nato da una tragedia – che torna al punto d’origine, a quel James McGraw sepolto e dimenticato.

Black Sails

Nassau è retta dalla legge di un governatore amico, la pirateria è sparita – almeno così si sussurra – e gli uomini e le donne che hanno combattuto per la propria libertà ora riescono a svolgere i loro commerci senza l’incubo del cappio alla gola. I Guthrie sono tornati sull’isola, Woodes Rogers ha conosciuto una fine più infamante della morte e Billy Bones ha perduto se stesso a Skeleton Island. Rackham ha ottenuto la sua vittoria da abilissimo diplomatico, Anne è rimasta al suo fianco e Max è la vera governatrice di Nassau. Anche Long John Silver ha trovato la pace, o forse no.

Black Sails non fa fan service e non strizza l’occhio al perbenismo immolando tutto sull’altare del lieto fine. Al contrario, lascia asciutte le gole assetate di sangue degli spettatori nel punto più alto del climax e confeziona un epilogo che per molti è deludente, non all’altezza, insoddisfacente.

Il capitolo XXXVIII regala la giusta dose d’azione, ma consacra se stesso con le parole invece che col sangue. È un nuovo punto di partenza più che di arrivo. La destinazione la sceglie chi viaggia con la fantasia, pronto a salpare per una nuova incredibile avventura. Anche perché chi lo dice che il racconto di Silver non sia solo l’ennesima storia ben congegnata?

Storie vere, storie false, poco importa. Le storie a cui vogliamo credere: sono quelle a sopravvivere.

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