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Black Sails merita molta più attenzione

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Le dinamiche che portano una serie tv al successo seguono leggi spietate che non sempre valorizzano quei lavori che meritano di arrivare in cima: è lo sfortunato caso di Black Sails, la serie tv statunitense elaborata da Johnatan E. Steinberg e Robert Levine per il canale via cavo Starz e attualmente presente nel catalogo di Netflix. Ambientata nella prima parte del Settecento, la serie ruota attorno alle vicende del Capitano Flint, del suo variegato equipaggio e dei suoi interessanti nemici.

Black Sails attinge a fatti e personaggi storicamente avvenuti, miscelati abilmente alla finzione, per regalare allo spettatore un raffinato antefatto della storia narrata ne L’Isola del Tesoro di Robert Louis Stevenson. Le premesse, dunque, sono (o erano, visto che la serie è ormai conclusa e qui vi spieghiamo il finale) ottime. Eppure queste quattro stagioni hanno fatto breccia nel cuore di un numero di spettatori inferiore a quello che avrebbero meritato.

Quello che vogliamo fare in questa sede è dare a Black Sails l’attenzione che merita, sottolineando gli aspetti fondamentali di questo prodotto.

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Forse uno degli ostacoli che hanno impedito una fruizione più ambia della serie è dato dal pregiudizio che può esser nato nella mente degli spettatori più sensibili durante la visione dei primi episodi: a un primo sguardo sembra che Black Sails faccia perno sull’avvenenza fisica dei protagonisti e diversi passaggi violenti senza offrire altro. Purtroppo, questa è una prima impressione che non dà giustizia allo spessore e alla profondità che la storia costruisce dagli episodi successivi e via via di stagione in stagione. Chi ha deciso di avventurarsi nella visione senza fermarsi al primo impatto avrà notato che Black Sails è un vero e proprio affresco della storia della pirateria, della sua ascesa e disfatta, ma non solo. Questa serie affronta tematiche quali libertà, indipendenza, vendetta, perdono, e lo fa tramite l’interazione tra personaggi ben delineati e psicologicamente approfonditi.

In questo senso, i due nomi che spiccano su tutti sono quelli del Capitano James Flint e del rivale Charles Vane.

Interpretato da Toby Stephens (tra l’altro figlio della nota attrice Maggie Smith), il Capitano Flint è uno di quei personaggi che non si impara mai a conoscere, perché in continua e perenne evoluzione. Una personalità complessa che si scontra con le intemperie della vita, con grandi tradimenti ed episodi sconvolgenti che trasformeranno la sua esistenza in qualcosa di sempre più duro e complicato. Uno dei punti più profondi del personaggio viene toccato dopo la morte della moglie: un magistrale Toby Stephens riesce a comunicare allo spettatore un senso di disperazione e vulnerabilità che nessuno avrebbe immaginato nei primi episodi.

Sfrontato, ribelle e mai banale, Charles Vane invece è un personaggio sradicato dalla storia reale e collocato all’interno della narrazione. Anche lui segue un arco di evoluzione non lineare ma sfaccettato e complicato. All’inizio sembra invincibile, tutto d’un pezzo, senza scrupoli. Eppure nel corso della storia il pubblico scopre che anche Vane in fondo ha un cuore e lo dimostra soprattutto nei confronti degli amici Jack Rackham e Anne Bonny, mettendo a rischio la sua vita per mettere loro in salvo.

True Detective

E si potrebbero fare anche altri esempi di personaggi ben costruiti, a partire dalle tre figure femminili principali: Eleanor, Anne e Max, tre donne diversissime tra loro.

La molteplicità e varietà dei personaggi si incastra perfettamente in un altro aspetto fondamentale, ossia quello dell’ambientazione. Posto che per il budget molto ridotto gli effetti speciali non rientrano di certo tra i migliori della storia delle serie tv, bisogna però fare una menzione d’onore a tutte le scene collocate in mare aperto. In particolare nell’ultima stagione, tempeste, diluvi universali e mari indemoniati hanno creato scenari mozzafiato che permettono allo spettatore di sentirsi parte della storia in prima persona, quasi fosse uno spettacolo in 4D. Dall’altro lato, anche le scene girate all’interno non sono da sottovalutare. Gli ambienti sono curati nel minimo dettaglio: case, taverne, il sottocoperta delle navi o il bordello, tutto è studiato, gli oggetti sono scelti e collocati al punto giusto con precisione, facendo intuire una scenografia molto studiata. E la stessa attenzione al dettaglio la possiamo trovare per quanto riguarda i costumi dei personaggi, che ne mettono in risalto le caratteristiche, oltre a incastrarsi perfettamente nel periodo storico che devono raccontare.

Ultimo elemento, ma per nulla meno importante, è quello della strepitosa colonna sonora di Bear McCreary. La sigla iniziale è molto lunga, però è quasi impossibile skipparla: fa calare lo spettatore nell’atmosfera giusta, in un attimo penserà di non essere più sul divano, sul letto, o in qualsiasi altro luogo, ma crederà di essere in nave o in uno dei territori di Black Sails. E al di là della sigla, ogni brano della colonna sonora si adatta perfettamente al momento in cui viene proposto, comunicando emozioni e tensioni e restando impresso nella mente dell’ascoltatore.

Ci sono dei casi in cui la colonna sonora è dimenticabile, con questa serie è tutto il contrario.

Il cast di Black Sails

Alla luce di tutti questi elementi, confermiamo ciò che abbiamo affermato nel titolo: Black Sails merita decisamente più attenzione.

Se ancora non avete provato a dare una chance alla serie tv (o se vi siete fermati ai primi due episodi della prima stagione), l’invito è quello di provare ad addentrarvi in questo mondo di pirati e suggestioni (qui 5 cose da sapere prima di iniziare).

La serie è presente anche nel catalogo Netflix, perciò non ci sono scuse!

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