Negli ultimi due episodi Blocco 181 ha decisamente preso il largo. L’identità della serie è venuta fuori definitivamente e in modo sorprendente, mettendo in scena la spontaneità e l’innocenza con cui i protagonisti si approcciano ad un mondo pericoloso e difficile da pensare, pieno di insidie e trappole nascoste; d’altro canto Blocco 181 ha dimostrato di avere un piano ben preciso, un disegno logico destinato a sfociare in un finale di stagione che promette di essere ricco di colpi di scena e soprattutto di consegnare ai posteri un inizio inatteso, che porterà il prodotto, prima o poi, a far discutere parecchio. Here we are: la nostra recensione.
Blocco 181: una spiritualità moderna
Uno degli aspetti più interessanti della serie, che già avevamo accennato nelle nostre prime impressioni (le trovate qui), riguarda il modo in cui viene dipinta la nuova generazione della metropoli italiana. Si tratta di un conglomerato di etnie e culture con radici evidentemente differenti, che trovano una propria espressione comune che non fatica ad assumere credibilità, nel suo complesso. Bea, Mahdi e Ludo vengono da mondi e culture diverse, diametralmente opposte. Ma nel bacino della nuova gioventù c’è spazio per tutti e tre. E l’armonia che si crea sembra assumere i tratti di una nuova spiritualità, una nuova ritualità. A partire da una triade indissolubile che condivide gioie e dolori ma soprattutto passione, quest’ultima raffigurata in più scene in cui l’erotismo è palpabile ma allo stesso tempo ha qualcosa di intimo e solenne, pur nella sua manifesta esibizione del proibito. Ma c’è altro di più frivolo, almeno apparentemente: il tema della superficialità. Quella delle nuove generazioni che santificano l’apparire, rendendo omaggio ad un morto ammazzato con un paio di sneakers, le stesse che poi gli vengono sottratte perché ritenute troppo per lui. Sembra banale tutto ciò, un dettaglio che quasi si perde nel complesso, ma che si può leggere come nuovo esempio di ritualità, in tutta la sua superficiale insignificanza. La Misa è la rivisitazione in chiave moderna della spiritualità sudamericana. Bea è la Siguanaba, la femme fatale che, prima o poi, costerà la pelle a qualcuno. Ricardo invece è il palabrero, una figura temuta e rispettata, il capo di una tribù che vuole apparire coesa e quindi si riversa nelle strade per celebrare la vita di uno di loro, uno qualunque che, almeno nell’apparenza, è morto ingiustamente, ma dal suo sacrificio può nascere un nuovo inizio, rappresentato solennemente dall’immagine di un’autentica ultima cena.
Il serpente solitario
E’ destinato ad un ruolo chiave, di svolta. Si perché Snake, oltre ad essere il personaggio meglio disegnato e più intrigante, è anche l’unico che ci è sembrato in grado di mettere le mani nel sistema. Il primo punto è presto spiegato: Snake è uno dei pochi personaggi di Blocco 181 (insieme probabilmente a Ricardo e pochi altri), ad incarnare la sfera della fatidica complessità narrativa. Aspetto che deriva dal più classico degli escamotage, quello di arricchire la storia con una personalità divisiva e contemporaneamente sospetta. Snake decide di chiudere con il passato e di mettersi in proprio con i tre dell’ave Maria, forse perché spinto da un senso d’ammirazione nato nel momento in cui, seguendoli, si rende conto che i tre protagonisti hanno davvero una marcia in più. Oppure, e i sospetti stanno tutti in questa versione, Snake sta progettando un impero solitario, per il quale gli basterà servirsi di tre anime in pena, convinte di essere sul punto di arrivare alla vetta. La seconda faccenda riguarda il livello di credibilità generale che abbiamo avuto modo di osservare fino ad ora, in Blocco 181.
Rizzo e Lorenzo, con le loro facce da schiaffi, tutto sembrano tranne che dei futuribili boss, malvagi e temibili. Ma non è questo che si vuol raccontare di loro. Si tratta di due pedine appartenenti allo stesso sistema che incarnano due differenti facce della criminalità del mondo reale. Proprio perché (almeno per ora) l’Italia non è invivibile, non è il far west che i critici additano alla serie di voler dipingere, non possiamo e non dobbiamo aspettarci solo e soltanto boss crudeli e violenti. Ma parlando di questa possibilità, l’unico che può assumere tale ruolo è senz’altro Snake. L’antieroe di Blocco 181 che manda tre ragazzetti a rischiare la vita parlandogli come un padre fa con i suoi pargoli il primo giorno di scuola, lo stesso che soffre per il suo amato cane ferito. Decisamente un personaggio pieno di sfaccettature e ancora tutto da interpretare.
Finalmente Mahdi
Fino ad ora era stato il più freddo di tutti, il più distaccato e impenetrabile tra i personaggi di Blocco 181. Ma nei suoi occhi si leggeva qualcosa di simile ad una richiesta d’aiuto, non tanto per essere salvato da qualcosa (come forse accade più a Ludovico), quanto per emergere, venire fuori e mostrare tutta la propria rabbia repressa. Snake prima di chiunque altro vede in lui questa voglia di mettersi il mondo in tasca, tanto da affidargli una pistola. Mahdi si spaventa perché un’arma non l’ha mai usata contro nessuno, né tanto meno ha fatto parte di una spedizione come quella. Ed infatti l’inesperienza quasi smaschera il trio nel bar in cui, divorati dall’attesa, si fanno prendere dal panico all’arrivo dei poliziotti. Quel giorno però succede qualcosa. Ludovico finalmente rivela l’entità dei demoni del suo amico: Mahdi ha un padre in carcere, lì a Genova, città in cui avverrà il fatidico scambio, un padre assente che non vede da anni. E nell’incontro con il suo vecchio, in lui scatta qualcosa: rassegnazione, presa coscienza dell’ineluttabile realtà. Il padre non ha alcun interesse nel rivederlo, parla solo di soldi e di come gliene servano di più per poter pagare un buon avvocato e tornare in libertà, a Milano. Del legame con Rizzo ancora non conosciamo bene l’entità, ma intuiamo, pezzo dopo pezzo, che Mahdi sia stato abbandonato a se stesso e che il Blocco sia tutto ciò che ha e che abbia mai avuto. Tutti questi sentimenti finiscono per sfociare nella scena dello scambio quando, messo alle strette, Mahdi non esita neppure un secondo ed estrae il ferro, facendosi grosso di fronte al nemico, assumendo una posizione dall’inaspettata credibilità. La triade è salva e il piano può essere messo in atto, con un Mahdi più sicuro e meno attaccato ad un passato che lo ha rigettato.