Per la gioia dei fan di Reign, Bridgerton e The Crown il 23 Novembre si è unito al reame di Netflix un nuovo prodotto televisivo che segue le vicende di corte: Blood Sex and Royalty. La serie è incentrata sulle vicende della regina Anna Bolena -la regina consorte più influente e importante che l’Inghilterra abbia mai avuto- dal momento del suo incontro con Enrico VIII. Il primo episodio si apre su una Londra del 1536 e mostra Anna Bolena seduta ad un tavolo in compagnia di un uomo sconosciuto al quale inizia a raccontare la sua storia.
Nata nel 1507, Anna era stata cresciuta alla vita di corte -a partire dal contesto francese- e così in seguito al suo trasferimento a Londra nel 1522 riuscì subito a farsi notare. Tra i vari corteggiatori, tra cui il poeta Thomas Wyatt, la Bolena può vantare lo stesso affascinante Re Enrico che però al momento del loro incontro era “incastrato” in un matrimonio di potere con Caterina d’Aragona. In Blood Sex and Royalty riviviamo con Anna il principio di scintilla di interesse per Enrico e come questo è poi sfociato nell’ardente fiamma che sarà la causa della sua rovina.
All’inizio sembrerebbe quindi che la regina sia diretta narratrice degli eventi, ma invece non è così. Infatti, dopo poco intervengono altri a commentare ciò che vediamo, ovviamente si tratta di voci esperte: professori, storici, autori e conoscitori di Anna Bolena. La presenza di questi storici ha quindi lo scopo di fornirci ulteriori informazioni sul contesto, costruendo la cornice generale nella quale è inserita la trama. Fino a qui, potremmo pensare che Blood Sex and royalty appartenga al genere docu-drama: uno spettacolo televisivo che combina i campi del documentario e del dramma, in pratica una specie di live action di un libro di storia, dove alla narrazione fedele dei fatti storici corrisponde la messa in scena da parte di attori.
Tuttavia, Blood Sex and royalty va oltre questa idea. La serie crea piuttosto una forma di storytelling ibrida, interessante, ma purtroppo anche confusionaria.
Abbiamo il resoconto di Anna Bolena quindici anni dopo rispetto agli eventi che è quindi raccontato con un linguaggio e un tono emotivo e personale, che crea un certo tipo di clima e di empatia da parte nostra.
Poi, abbiamo l’analisi storica degli esperti, la quale anziché essere oggettiva e distaccata, si limita a descrivere ciò che vediamo (deducibile benissimo anche senza il loro aiuto, perchè la parte recitata serve a quello). Infine, abbiamo la Bolena del presente del racconto che rompe la quarta parete, come commenti aggiuntivi.
Se consideriamo anche la narrazione per immagini, ne risulta un minestrone di punti di vista e informazioni che tendono ad appesantire una trama, che invece cerca fin da subito di seguire una strada moderna e leggera.
La serie ha dei meriti da riconoscere. L’idea alla base è intrigante e la scelta del cast ottimale.
Amy James-Kelly indossa magnificamente le vesti di Anna Bolena, caparbia, seducente e enigmatica, l’esca perfetta per il Re Enrico VIII, la cui corona è portata da Max Parker (visto già nella serie tv The Vampire Academy). Attraverso tre episodi di circa 43-46 minuti, Blood Sex and Royalty svolge una rapida lezione di storia moderna sia per un pubblico che è appassionato alle vite dei reali sia per uno che gradisce dell’intrattenimento educativo.
Il problema è che alcuni dettagli stonano tra loro: abbiamo il cast, abbiamo i costumi d’epoca, ma contro una colonna sonora strettamente contemporanea (rap, soul, electro e techno) invece che adattata come la soundtrack di Reign oppure rivisitata come quella di Bridgerton. Abbiamo dialoghi che non si schierano né a favore del linguaggio moderno né all’estetica del tempo, e alcune scene invece sorprendentemente degne degli ultimi episodi di Bridgerton che appiano fuori luogo se associati agli interventi degli storici.
Drammatizzare una storia ispirata ad eventi reali, giocando con le linee temporali e con i personaggi è possibile
The Crown ne è la prova, come anche Reign e The Tudors. Nel primo esempio le situazioni inventate si mescolano con quelli reali, amalgamandosi quasi perfettamente, mentre negli altri due l’elemento fiction prevale sul fattore documentaristico. Nessuno dei due è sbagliato, sono angolazioni differenti di verità storiche, ogni forma di intrattenimento sceglie la propria strada. Blood Sex e Royalty sceglie la sua. C’è del romance, del trash, un po’ di realismo storico, un piacevole plot twist e a noi piace proprio così.
Nonostante i suoi difetti, la serie mantiene un valido potenziale che una seconda stagione potrebbe sfruttare. Alla fine, i personaggi della corte reale che il pubblico amerebbe vedere sullo schermo non mancano, chissà che Netflix non possa sorprenderci.