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Abbiamo visto Bloom, la serie sulle seconde possibilità nella vita

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L’anno nuovo è iniziato con Bloom. La nuova serie tv australiana prodotta da Stan è un progetto davvero interessante e con un cast di primissimo piano. Abbiamo visto il pilot e ci sembra opportuno darvi le nostre impressioni in attesa che esca la versione doppiata in italiano.

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Nella nuova serie originale di Stan, pubblicata il primo gennaio, il rimpianto è alla base delle azioni dei personaggi: azioni distruttive, amorevoli e appassionate.

Una terribile alluvione ha devastato la piccola cittadina di Mullens. Un anno dopo i suoi abitanti stanno ancora lottando per riprendersi dal dolore delle cinque persone che la pioggia ha portato via. Ma la natura ha deciso di bilanciare ciò che si è presa: nei luoghi simbolo della tragedia, dove sono stati trovati i corpi, è infatti spuntata una pianta magica, simile a un bulbo, che pare avere il potere di riportare alla giovinezza chi la assume.

Ray Reed (interpretato da Bryan Brown) si rende conto delle possibilità offerte dalla pianta dopo che questa viene accidentalmente ingerita dal suo vecchio labrador “Honey”. Sua moglie Gwen (Jacki Weaver) è una ex attrice che sta velocemente e dolorosamente soccombendo alle devastazioni dell’Alzheimer. Ormai è solo il vuoto guscio di sè stessa e non ricorda quasi più nulla della loro vita assieme. Ray consegna quindi questa pianta a Gwen per darle una nuova speranza.

Gwen recupera tutta la sua giovinezza e la sua condizione fisica. Con la ritrovata gioventù (e col corpo di Phoebe Tonkin, apprezzata in The Originals) la donna riscopre un notevole e sorprendente appetito sessuale.

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Nel frattempo Sam (Ryan Corr) vaga per la cittadina causando il caos. Ruba auto, vestiti e tormenta la giovane Tina (Nikki Shiels), stringendo poi amicizia con Isaac (Thomas Fisher). Quest’ultimo è un ragazzo particolare che non accetta la morte della madre. Infatti dopo l’inondazione il cadavere non è mai stato rinvenuto e il ragazzo resta convinto che lei possa essere ancora viva, da qualche parte. Il comportamento di Sam, invece, è dovuto a un segreto del suo passato che continua a tormentarlo. Come i rimpianti che non è ancora riuscito a elaborare e superare.

La scoperta di questa pianta costringe i cittadini di Mullen a confrontarsi su cosa significhi avere una seconda possibilità. Anche questa domanda rientra nel forte elemento introspettivo che caratterizza i pensieri e i dialoghi dei personaggi di Bloom. Ma tutto questo ha un prezzo. Coloro che assumono la sostanza infatti ne sono come drogati, sempre più assuefatti e dipendenti. Pronti per una nuova correzione della loro vita o del loro passato.

Senza dubbio è un tema molto interessante sull’ossessione della nostra società verso la giovinezza.

Questo primo episodio ci mostra una serie intrigante e ben fatta. La produzione di Stan e Playmaker è stata all’altezza dell’investimento fatto e dei soldi spesi, pur con qualche difetto. Il tono dell’episodio pilota pecca nella fretta di voler mostrare tutti i personaggi e lo scenario degli eventi. Anche la narrazione ricerca troppo spesso i colpi stilistici, come l’uso eccessivo di scene al rallentatore per sottolineare gli stati d’animo dei personaggi. In ogni caso bisogna riconoscere che fotografia e colori sono di livello altissimo e danno un tocco di qualità non indifferente all’immagine.

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Questo pilot voleva mostrare la centralità del concetto, universalmente riconosciuto, della forza del rammarico. E la missione è compiuta.

Ciò che distingue Bloom da altri drama del genere è l’indubbio livello degli attori e delle loro interpretazioni. Tutte eccellenti. Avere a disposizione interpreti di primo piano, come Bryan Brown, fa davvero la differenza. E non sono da meno gli altri: Jacki Weaver, Phoebe Tonkin, Ryan Corr e Sam Reid (che interpreta la giovane versione dell’amore infantile di Gwen, Max) hanno la capacità di rendere profonda e drammaticamente valida un’idea che corre il rischio di scadere nel ridicolo.

Riescono a dare empatia e umanità ai loro personaggi, superando molti drama di questa tipologia. Bisogna anche ammettere che un altro aspetto ben riuscito è l’abbinamento tra le versioni vecchie e giovani dei personaggi. Tutte molto convincenti ed efficaci.

Bloom, sulla base di questo primo episodio, non sembra essere una serie perfetta. Le manca indubbiamente un po’ di raffinatezza, ma dà comunque l’idea di essere davvero avvincente. Forte di una premessa interessante e ben pensata, con aspetti tecnici (su tutti la fotografia) di alto livello, un cast decisamente valido e la vastità dell’outback australiano come sfondo, Bloom merita sicuramente di essere continuata dopo il pilot.

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