La catarsi assume diversi significati in base al tipo di esperienza che viene considerata. Nella psicoanalisi, è catartico il liberarsi di esperienze traumatizzanti o di situazioni conflittuali, facendo riaffiorare alla coscienza dell’individuo gli eventi responsabili.
BoJack Horseman 6 ruota interamente al concetto di catarsi: la riabilitazione, il viaggio, l’accettazione di sé stesso.
L’esito non può che essere il cambiamento, ma per conoscere il nuovo sé bisogna essere consapevoli del vecchio io: ed è qui che la prima parte dell’ultima stagione della serie di Raphael Bob-Waksberg si complica. Irrimediabilmente, forse.
I protagonisti di BoJack Horseman 6 sono tutti alle prese con le conseguenze delle loro azioni e scelte: BoJack, Diane, Princess Carolyn, Mr. Peanutbutter e persino Todd. Tutti hanno un comune obiettivo: quello di incastrare i cambiamenti derivanti dalle loro scelte con il proprio vecchio sé. Pensiamo a Diane e a come provi con tutte le sue forze a vincere la sua tendenza autodistruttiva, trasferendosi a Chicago da Guy, perché cerca di capire una volta per tutte che, molto semplicemente, le cose belle sono migliori di quelle brutte. E l’ulteriore passo di accettare gli antidepressivi e conseguentemente ingrassare rappresenta quel tipo di cambiamento di cui parlavamo.
Princess Carolyn cade sempre in piedi, è vero. Ma quanto è lunga questa caduta in BoJack Horseman 6: il momento più affermante e complicato della sua vita è rappresentato dall’arrivo della piccola istrice, chiamata poi Ruthie (come la pro nipote immaginaria del futuro nella quarta stagione), che mette a dura prova la sua concezione dell’esistenza. La seconda puntata, The New Client, ben sintetizza queste problematiche in un vero e proprio gioco di devastante quotidianità. Ma la gatta rosa riesce a mettere ordine nella sua vita, ed è paradossale che a darle consigli esistenziali sia proprio l’odiata Vanessa Gekko: non è detto che amerai fin da subito tua figlia, ma alla fine lo farai.
Non meno complessa, strano a dirsi, sembra la vita di Mr. Peanutbutter.
Se c’è infatti una caratteristica interessante dell’intera stagione è quella legata all’approccio alla depressione. La tematica viene sfacciatamente trattata (mentre era solo accettata come esistente nelle stagioni precedenti) proprio nel momento in cui il protagonista sembra essere in via di guarigione. Addirittura diventa la trovata pubblicitaria per rendere Mr. Peanutbutter popolare di nuovo. Tuttavia, questa scelta nasconde un messaggio più profondo: l’idea che la compassione verso una persona depressa possa portarci a giustificare le sue azioni.
È ciò che per anni BoJack ha fatto con sé stesso.
E arriviamo, appunto, al protagonista. Come anticipato, la catarsi di BoJack passa attraverso il comprendere che tutto ciò che di solito si perdonava (e che pretendeva venisse perdonato) non va affatto bene.
La sigla, simbolicamente il viaggio nei ricordi sfocati a causa dell’alcol, è tristemente emblematica: il tema del passato è sviscerato nella sua dimensione più cruda, toccando i ricordi della triste infanzia del cavallo e mostrandoci le vite che il protagonista ha distrutto nel corso dei decenni.
Persino noi spettatori siamo portati a guardare con una maggiore gravitas le azioni di BoJack: non siamo più portati a ridere per le sue ubriacature, come abbiamo fatto finora. Comprendiamo finalmente quanto malato sia BoJack, quanto grave sia ciò che ha fatto nella sua vita. E lo comprendiamo perché, per la prima volta, lo sta capendo anche lui.
Sarah Lynn è quella che, per dirla alla Lost, può essere definita la sua costante: il continuo memorandum di tutto ciò che ha sbagliato e che non può permettersi di ripetere.
Quello che BoJack Horseman 6 ci trasmette è un cambio di prospettiva. Se finora la grande domanda era stata: “Come si fa a essere felici?“, adesso l’interrogativo è “Qual è il senso di essere infelici?“.
Da questo punto di vista BoJack che smette di, per dirla alla Diane, “fetishize his own sadness“, è la rottura dell’eterno ritorno di Nietszche, così chiaro invece nella quinta stagione. I protagonisti, infatti, smettono (o almeno ci provano) di ripetere gli stessi errori, cercano di scappare dal vecchio sè per accettare il nuovo io. Il fatto che BoJack, ad esempio, smetta di tingersi i capelli o che cambi il suo tipico outfit a vantaggio di nuovi vestiti rappresenta simbolicamente la definitiva volontà di cambiare la propria vita. Guardando quella bottiglia di vodka, piena delle stelle del planetario di quella maledetta notte, BoJack si ricorda che l’eterno ritorno va interrotto. C’è, tuttavia, un grande “ma“.
L’ultimo episodio, A quick One, While He’s Away, apre le porte per il vero finale, in arrivo a gennaio negli ultimi otto episodi. Quella imminente per BoJack è, infatti, la definitiva prova: le indagini giornalistiche sulla morte di Sarah Lynn da un lato, il racconto che Peter farà a Hollyhock dall’altro, lo stringono in una morsa doppiamente umiliante.
Quella pubblica e quella privata. Questo finale, inoltre, giustifica la maggiore gravità finalmente data alle dinamiche della vicenda Sarah Lynn, passate in sordina nelle scorse stagioni come qualcosa che pesa su BoJack ma di cui la società non si è quasi accorta. Come reagirà il nostro protagonista? Non è da escludere un finale tragico, conoscendo il realismo e il cinismo della serie.
La strada per il finale di BoJack Horseman 6 è stata tracciata. Quando sarà il momento, saremo pronti (lo saremo?) per l’ultimo scatto di una delle serie più intense, emozionanti e tremendamente vere degli ultimi anni.
Per l’ultima volta, arrivederci BoJack. Horseman, ovviamente.