BoJack Horseman torna a casa e nulla sembra essere cambiato.
Bicchieri sporchi e malumori sono al loro posto, e i fantasmi del passato sembrano aver aspettato pazientemente il suo ritorno.
Bastano pochi minuti soltanto che ogni angolo di quella casa si trasforma nel narratore dei peggiori momenti della vita di BoJack. Di quando parlò a Sarah Lynn dell’eroina che portava il suo nome, decretandone la fine, o di una delle innumerevoli volte in cui scaraventò a terra, urlando, i vestiti di Todd, stanco del suo disordine.
Innumerevoli sensi di colpa sembrano non volergli dare tregua. Potrebbe chiudersi la porta alle spalle e ricadere facilmente in quegli stessi errori o assumersi la responsabilità del suo cambiamento.
BoJack non è più il cavallo di prima, e lo sa bene.
Basta dunque prendere la macchina e dirigersi alla riunione degli alcolisti anonimi per farsi, volontariamente, del bene, per smetterla di autosabotarsi.
‘C’era una hostess all’incontro, parlava del fatto che ogni giorno si sveglia in un posto differente, ho pensato: sarebbe perfetto! Ogni città un nuovo inizio!’
BoJack dunque scappa, facendo tesoro della testimonianza di quella assistente di volo, come lo correggerà Todd, interlocutore di questi progetti. Potrebbe sembrare una boJackata ma così non è. Si tratta di una fuga matura, un salto in lungo lontano dalle proprie preoccupazioni, ma con una destinazione ben precisa, un percorso di crescita, non un giro a vuoto.
Un aereo squarcia le nubi e atterra in un clima invernale, freddo come Chicago. Il campanello trilla e alla porta vediamo BoJack sorprendere Diane dal suo torpore.
Diane è depressa. Sopraffatta dalle sue responsabilità e dalla costante paura di non soddisfare le aspettative altrui.
È a pezzi a tal punto da nascondere la sua apatia dietro la scusa della pigrizia e un sorriso posticcio. BoJack conosce bene quel sentimento e non può permettere che chi per prima l’ha tirato fuori dal suo dolore, ora soffra ancora nel silenzio di un salotto pieno di trash food e disperazione.
‘Mi chiudevo nell’idea che tanto io non potevo cambiare’ , ma così non è. Lo stesso viaggio altruistico di Bojack ne è la dimostrazione e Diane, vedendolo così diverso, comincia a crederci un po’.
Dopo aver sistemato la casa dell’amica, nella speranza di darle sollievo, Bojack parte alla volta del Connecticut per far visita a Hollyhock.
Nell’università di Wesleyan stanno cercando un nuovo insegnante di recitazione e Bojack sembra non voler farsi scappare questa occasione.
Torna in California dalla sua agente preferita per chiederle delle referenze per la sua candidatura, quando in men che non si dica si trova a confidarsi, come non accadeva da molto, con Princess Carolyn. Un dialogo maturo, sincero, di due persone che si conoscono a fondo e insieme ne hanno vissute tante. La vita li ha cambiati, stravolti, sconfitti e premiati, ma son sempre gli stessi nella versione migliore di sé.
‘Non mi sento ancora a mio agio a casa mia, la mia casa mi ricorda il cavallo che ero prima ma è sempre la stessa casa la stessa città, non è cambiato niente.’
Con lo scopo di raggiungere la Wesleyan University dove è Bojack è stato assunto nel desiderato ruolo di insegnante, il nostro cavallo di mezza età subirà prima un interessante cambio di look ponendo fine alla sua ventennale tinta alla criniera.
Poi, giunto involontariamente a Washington D.C. , BoJack Horseman incontrerà per caso Mr. Peanutbutter.
Colui che è stato la sua nemesi per molti anni, oggi è noto per essere il volto nazionale della depressione. Sì, Mr. Peanutbutter, proprio quel labrador sempre entusiasta. Il titolo a lui insignito altro non è che un errore di valutazione nato da un meme recante la scritta ‘sad dog’ su una rara foto di Mr. pensieroso.
Questo e molti altri pensieri sulla leggerezza con la quale i media trattano temi serissimi come i disturbi della personalità sono solo abbozzati in quello che è sicuramente un ottimo spunto di riflessione.
Bojack Horseman e Mr. Peanutbutter si rincontrano, senza odio e senza battute passivo-aggressive, sembra un miraggio ma è tutto vero.
In uno dei momenti più commoventi di questa puntata, Bojack Horseman si presta addirittura a improvvisare una scena del tanto bramato episodio crossover tra Horsin’ Around e La casa di Mr. Peanutbutter.
Senza vergognarsi, o esplodere di rabbia, come ci saremmo aspettati, Bojack recita quelle poche battute, facendo la felicità di Mr. Peanutbutter il cui sogno si è finalmente realizzato. Ed ecco che in poche semplici frasi il volto nazionale della depressione è diventato il cane più felice del mondo.
Bojack ora è pronto, è in aeroporto quando qualcosa lo ferma: un volantino lo convince a dirigersi nella vecchia città di Horseberg, una città di soli cavalli e lui, i cavalli, li odia.
In una chiesa, in quella che si scoprirà essere la rievocazione storica di una messa, BoJack Horseman troverà per un attimo conforto.
‘Sembra che abbia trovato sollievo nel nostro show, resti pure se vuole. Riprendiamo tra 30 minuti’
E fidatevi, resterà.