Breve digressione statistica: alla domanda: “Segui BoJack Horseman?”. Due persone su tre risponderanno di sì. Ma solo perché con tutta probabilità la terza è stata presa in ostaggio e tenuta in un bunker negli ultimi quattro anni, poiché senza ombra di dubbio BoJack Horseman è tra le serie tv più popolari del momento. Quindi, se non si può mettere in discussione la sua notorietà, è lecito porsi un’altra domanda: quanto tempo le resta?
Le serie animate sono spesso format insidiosi: se hanno successo potrebbero rimanere in vita per sempre, o quasi. Basti pensare a I Simpson: Groening & co. ancora tentennano nel mettere alla loro creatura un punto definitivo dopo trent’anni (ma qui c’è già chi ha pensato a un finale). Certo, Hollywoo ha pochi punti di incontro con Springfield. Entrambi sono scenari di commedia e dramma che si rincorrono e si confondono, ma a BoJack Horseman va il merito di aver toccato vette di tragicommedia finora mai esplorate in televisione.
In ogni caso, Bob-Waksberg si trova tra le mani una bomba a orologeria che sarà difficile disinnescare.
Quanto è vicino il punto di saturazione?
Alla fine dell’ultimo episodio, come sempre, guardavo il vuoto cercando di riprendermi dallo schiaffo emotivo che è BoJack Horseman. Ho realizzato che la serie ha due possibilità: andare avanti all’infinito (relativamente parlando), o mettere la parola fine con la quinta stagione. Ogni personaggio nel corso dell’ultimo capitolo della serie ha subito una catarsi e un rinnovamento, ma si sa che nel capolavoro animato di Netflix il lieto fine non esiste o è illusorio. Dopo ogni presa di coscienza degli errori, dopo le promesse a se stessi di non inciampare sui soliti “autolesionistici” passi, i protagonisti tornano a farsi del male cambiando scenario, ma il copione resta lo stesso. Bob-Waksberg immerge i suoi figli animati nell’autocommiserazione, li fa cadere e rialzare per poi farli precipitare ancora una volta.
E quando crediamo che il fondo sia stato toccato, BoJack Horseman ci smentisce: si può sempre andare più in basso. Seguendo questa logica, la serie ha il potenziale per non finire mai. Ma il rischio di diventare una parodia di se stessa è dietro l’angolo.
Quante volte Mr. Peanutbutter dovrà sabotare una relazione prima che lo spettatore alzi gli occhi al cielo? Quante volte BoJack potrà ancora piangersi addosso senza farci sbuffare?
Ho ammirato molto la scelta coraggiosa degli autori di Penny Dreadful (nonostante circolino voci su un possibile spin-off), poiché hanno saputo fare un passo indietro e ritirarsi da una storia il cui cerchio era stato chiuso senza spremerla all’inverosimile. Ovvio, le due serie non c’entrano nulla l’una con l’altra. Anzi, il problema di BoJack Horseman risiede proprio nel suo andamento lineare: da un momento all’altro potrebbe incappare nella ridondanza, o peggio nella retorica. Finora questa minaccia è stata scongiurata grazie alla ben misurata dose di assurdo che circonda le vicende, riuscendo a trovare un buon bilancio tra risata e filosofia che ad ora non è scaduta nella banalità.
Eppure cinque anni sono già parecchi, e il tempo prima o poi deve fare i conti con la qualità e le aspettative, che è impossibile mantenere a lungo, specie nell’intrattenimento. Del resto, abbiamo imparato la meta-lezione con Horsin’ Around.
L’aria a Hollywoo è cambiata.
È vero: i tempi di mercato non sono sempre un criterio saggio per decretare la vita o la morte di una serie. E, in ogni caso, è necessario dare allo spettatore un degno commiato. Da quando ho terminato la quinta stagione, sono sempre più convinta che quello sarebbe stato l’addio perfetto di BoJack Horseman. Tutti i personaggi sono giunti a un concreto punto di svolta.
Ricapitoliamo: Princess Carolyn ha un figlio su cui catalizzare l’amore che finora è andato a chi non lo meritava. Mr. Peanutbutter ha l’opportunità di impegnarsi in una relazione sana (anche se le premesse lasciano a desiderare). Diane impara a essere più indulgente con se stessa e gli altri. Quanto a BoJack, beh, lui era sul punto di commettere un omicidio senza nemmeno rendersene conto. Se questo non è toccare il fondo. Da qui, perciò, la narrazione non può che procedere in salita. Infatti, per la prima volta in tutta la serie, BoJack chiede esplicitamente aiuto entrando in un centro di riabilitazione.
Un finale di stagione potrebbe essere anche un finale definitivo?
Seppur con una nota agrodolce, il finale della quinta stagione si chiude con un’atmosfera che sa di speranza. Magari reale, magari vana. D’altronde abbiamo imparato a conoscere i personaggi e sappiamo di non poter riporre gran fiducia in loro, a prescindere da quanto buone siano le loro intenzioni. Quindi, quale finale migliore ci si potrebbe auspicare? Un finale aperto, certo, ma pur sempre un punto di arrivo che non si trasformi nell’ennesima disillusione né tantomeno in un lieto fine a tutto tondo. Ciò, diciamocelo, si scontrerebbe non poco con lo spirito della serie. E ci sentiremmo presi in giro. Questo è il meglio a cui possiamo aspirare per BoJack Horseman: una conclusione che suggerisca una ripresa, la volontà e l’impegno concreto di diventare persone migliori. Non importa sapere se effettivamente l’impresa andrà a buon fine, l’importante è sapere che ci hanno provato. Per davvero, stavolta.
Ma a distanza di un mese e più rimaniamo senza una conferma o una smentita di rinnovo, il che rende la serie un gatto di Schrödinger nelle mani di Netflix. È quasi impossibile credere che il colosso dello streaming lascerà andare con classe il suo figlio prediletto. Inoltre il numero di spettatori e il rating di BoJack Horseman sono un biglietto d’andata per un’altra stagione, come minimo.