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Bojack Horseman mi ha conquistata lentamente

Ho iniziato a guardare Bojack Horseman con aspettative piuttosto alte, stando ai commenti positivi che leggevo. Le aspettative non sono state deluse, ma il mio innamoramento per questa Serie è stato graduale. Inizialmente si presenta come una Serie animata per adulti divertente e cinica, con personaggi misti tra esseri umani e animali antropomorfi – lo stesso protagonista è mezzo cavallo e mezzo uomo – che ci portano ad avere l’idea che la Serie sia piuttosto stramba e irreale.

Ma è solo un’impressione iniziale. Bojack Horseman si avvicina alla realtà forse più di qualsiasi altra Serie animata per adulti. Questo è forse dovuto anche a una particolarità che la rende diversa da molte altre: la Serie racconta una storia continua. Certo, non mancano salti temporali, ma gli episodi non sono auto conclusivi, e anzi spesso finiscono con un cliffhanger che viene poi ripreso nell’episodio successivo. Infatti, a differenza di altre Serie animate (per citarne una su tutte, I Simpson), ogni cambiamento che vediamo è definitivo, e a fine episodio non ritorna tutto come prima (Homer Simpson ad esempio perde il lavoro in centrale decine di volte nel corso delle stagioni, ma finisce sempre per tornare a lavorare lì).

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Bojack Horseman mi ha conquistato lentamente. E verso la fine della seconda stagione, me ne sono innamorata completamente. La crescita del mio interesse per la Serie combacia con l’inizio del cambiamento più evidente: Bojack Horseman diventa un dramma a tutti gli effetti. Mentre durante la prima stagione (e parte della seconda) la Serie alterna momenti velatamente tristi a momenti divertenti – a volte mescolandoli insieme – con il passare degli episodi diventa poi sempre più cupa, fino ad arrivare alla terza stagione dove la tristezza è una costante nella vita di Bojack (e non solo).

Nella terza stagione si arriva esattamente allo scopo della Serie: essere un dramma. L’impressione è che questa Serie abbia sempre puntato ad essere più un dramma che una comedy, ma vuole farlo gradualmente. All’inizio infatti ci viene mostrato un lato più bizzarro e spensierato della Serie – forse proprio per mostrarci il cambiamento di Bojack, e le situazioni che lo hanno portato a quel punto – per arrivare poi alla vera profondità a cui Bojack Horseman punta. Una Serie che fa riflettere, che mostra il lato malinconico e triste della vita.

bojack horseman

È facile identificarsi in qualche personaggio, diversi tra loro ma con caratteristiche simili. Attraverso la vita di Bojack, del suo coinquilino Todd e degli amici e colleghi di Bojack, questa Serie non rappresenta solo – in maniera piuttosto diretta – una critica alla società, ma vuole rappresentare soprattutto la futilità della vita. Spesso ci porta a riflettere su quale sia il significato o lo scopo delle nostre vite, arrivando alla conclusione che niente ha davvero senso. Le scelte che facciamo, non sono poi così rilevanti, perché in fondo, rispetto all’immensità del tempo e alla grandezza dell’universo non siamo niente, e tutto perde importanza se pensiamo a questo. Come afferma la voce al Planetario:

Sia che siamo cavalli, gatti, umani o perfino lucertole, le nostre vite sono solo dei brevi flash in un universo che ha già più di 4 miliardi di anni.

Bojack Horseman

Una visione che potrebbe sembrare pessimista. Ma Bojack non vuole portarci alla disperazione e alla depressione, vuole farci capire che la vita è anche questo, e che ci piaccia o no dobbiamo accettarlo. Anzi, avere questa consapevolezza sembra quasi una liberazione. Infatti, come lui stesso dice a Sarah Lynn:

Non siamo spacciati. Nel grande scenario della vita siamo solo dei granellini che un giorno verranno dimenticati. Non importa cosa abbiamo fatto in passato o come verremo ricordati, quello che importa è il presente. Questo momento. Quest’unico momento spettacolare che stiamo condividendo.

Il senso è che tormentarsi per gli errori che commettiamo durante la nostra vita è inutile, perché niente avrà importanza alla fine. E per Bojack – che di errori ne ha fatti tanti – è una grande consolazione. Forse, alla fine, non conta cercare un senso universale alle nostre vite, forse a volte basta solo dare un senso a noi stessi.

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