In un recente articolo abbiamo paragonato The Big Bang Theory e le sitcom in generale a una caramella, dato che assolvono parimenti l’arduo compito di addolcirci la giornata. Ragionando per analogia, potremmo dire che Bojack Horseman è l’equivalente delle Gelatine Tuttigusti+1 di Harry Potter. Sono in tantissimi a essere rimasti disorientati dal sapore amaro di questa Serie, tanto che qualcuno potrebbe giurare di aver percepito un pizzico di cerume. Chi l’avrebbe mai detto in fondo che un cartone animato con protagonista un cavallo antropomorfo si sarebbe rivelato un piatto così sofisticato per palati fini e raffinati?
In tre stagioni abbiamo seguito Bojack Horseman avvilupparsi passo dopo passo, errore dopo errore in una spirale di autodistruzione apparentemente irreversibile. Lo abbiamo visto ostinarsi a sprofondare nel baratro, compromettendo volente o nolente i rapporti più importanti della sua vita.
La diretta responsabilità per la morte di Sarah Lynn è stata l’apice di una piramide marcia eretta su fondamenta imbottite di scelte sbagliate, atteggiamenti sconsiderati e azioni deprecabili. È il punto di non ritorno, il fondo del barile di una dissoluzione umana rappresentata con un cinismo mai visto prima in una Serie animata. Bojack Horseman in tre stagioni ha tentato di colmare il vuoto dentro di sè con l’amicizia, l’amore, il successo, l’alcol, le droghe ma niente di tutto ciò ha apportato l’effetto sperato. Ogni piccolo traguardo raggiunto non è stato sufficiente a garantire nemmeno un barlume di apparente felicità. Giusto qualche momento passeggero di relativo benessere, catalogabile alla voce “falso allarme”.
Come in ogni finale di stagione però, la Serie ci mostra una fievole luce in fondo al tunnel di disperazione in cui versa il protagonista. Una luce lontana, appena percettibile, ma sufficiente a rappresentare l’unico segno che forse, dopo tanta sofferenza, una speranza di redenzione esiste.
La 4×02, oltre a essere una delle migliori puntate della stagione, contiene l’apertura più bella di tutto Bojack Horseman.
Dopo una prima puntata incentrata sulla candidatura di Mr. Peanutbutter e sulle storyline dei personaggi secondari (che avranno notevole spazio nell’arco della stagione) riprendiamo le fila del nostro discorso. Le ultime puntate sono state un’escalation di errori ingiustificabili da parte di Bojack. Ha ferito le uniche persone che lo hanno sempre sostenuto, finendo per farsi terra bruciata intorno. Un Todd mai così lucido e saggio, saputo del tradimento con Emily, gli aveva vomitato in faccia la dura verità come mai nessuno aveva fatto prima:
Oh grandioso, ma certo! Ecco che ci risiamo. Non puoi continuare a fare così! Non puoi continuare a fare le tue stronzate e poi sentirti una merda, come se questo potesse mettere tutto a posto. Tu hai bisogno di essere migliore!
Lo so e mi dispiace, ok? Ero ubriaco, avevo addosso la pressione della campagna per l’Oscar. Ma ora… ora che è finita io… io… so…
No, no, BoJack smettila. Tu sei tutte le cose che non vanno in te. Non è l’alcol o le droghe o nessuna delle merdate che ti sono successe nella carriera o quando eri piccolo. Sei tu! Ok? Sei tu. Cazzo, amico. Che altro c’è da dire?
Nemmeno questa sferzata di spietato realismo è servita a smuovere in tempo la coscienza dell’ex stella della tv, non riuscendo a impedirgli di trascinare nel suo abisso Sarah Lynn. Per l’ultima volta.
Io non so come stare Diane. Non migliorerà e non diventerà più semplice. Non posso continuare a mentire a me stesso dicendo: “Cambierò”. Sono veleno. Provengo dal veleno, il veleno mi scorre nelle vene e distruggo tutto quello che tocco. È questa la mia eredità. Non ho nulla da mostrare della vita che ho vissuto, e non c’è nessuno nella mia vita che sia stato meglio dopo avermi conosciuto.
Questa triste epifania nichilista è la sua risposta alla lezione su come migliorare se stessi ricevuta nel finale della seconda stagione.
Diventa più semplice. Devi farlo tutti i giorni, questo è il difficile. Ma diventa più semplice
Sbagliato. Bojack lo dice a Diane e al pubblico chiaro e tondo: non migliorerà e non diventerà più semplice.
Poco dopo, in seguito a un confronto sul set di Ethan Around con una ragazzina del cast che confessa di voler diventare come lui, Bojack Horseman fugge. Il rimorso, il profondo senso di colpa e di inadeguatezza hanno ampiamente superato il limite di umana tolleranza. Oltre ad aver perso ogni speranza di riscatto, questa volta sente di esser diventato un pericolo per chi lo circonda, per chi rischia di essere contagiato dalla sua negatività.
Lui stesso aveva scritto e pensato: “in questo mondo terrificante ci restano solo i legami che creiamo”, e ora non ha più nemmeno quelli. Todd e Princess Carolyn si sono allontanati da lui forse per sempre, dopo esser stati ripetutamente vessati e trattati da zerbini troppo a lungo. Non ha più nessuno per cui valga la pena restare, per cui valga la pena fare l’ennesimo, ultimo tentativo di migliorare se stesso. Ci sarebbe ancora Diane, ma non vuole più rischiare di rovinare la vita anche a lei, lei che oltretutto sta riflettendo su cosa ne sarà del suo matrimonio e della sua carriera. Bojack è certo ormai di essere irreversibilmente destinato al fallimento. D’altronde persino suo madre glielo ha più volte ripetuto da quando ha memoria.
Il sinistro pensiero di fare un favore al mondo levando il disturbo, mentre accelera a occhi chiusi verso la sua fine, lo sfiora come mai prima di allora. Ma la vista del branco di cavalli che corre in mezzo al deserto ha per Bojack un effetto folgorante.
È come se finalmente, dopo tanti anni, gli si fosse manifestata davanti agli occhi la risposta di Secretariat alla sua lettera inviata al Dick Cavett Show. Risposta che, ricordiamolo, non poté sentire a causa dell’interferenza dell’ennesimo litigio tra i suoi genitori. Noi però abbiamo visto quel messaggio su cosa fare quando si è tristi, sappiamo che dietro la corsa di quella mandria si nasconde la ricetta della felicità del suo idolo. Da quel sorriso struggente appena accennato di Bojack, scorgiamo nei suoi occhi una consapevolezza che ha del mistico. Quasi come se anche lui sapesse, quasi fosse stata la vita stessa per una volta a restituirgli un qualcosa di prezioso che gli aveva sottratto. Non sapremo mai cos’abbia realmente scorto in quella scena, ma qualsiasi cosa fosse gli ha restituito la forza di andare avanti.
Non smettere di correre e non guardare mai alle spalle. Alle spalle non c’è niente per te, tutto quello che conta è davanti a te.
Dopo esser stato tentato di rispondere a una chiamata di Diane, Bojack Horseman si rimette in viaggio. Se finanche Secretariat non tenne fede alle proprie belle parole, facendola finita dopo che il mondo gli crollò addosso, Bojack non ha ancora intenzione di terminare la propria corsa.
La scelta di A Horse with No Name (in un’inedita e riuscitissima cover a opera di Michelle Branch) è semplicemente perfetta per l’occasione.
Se non sapessimo che si tratta di un famosissimo pezzo degli America del 1971, potremmo addirittura credere che il testo sia stato scritto appositamente in funzione delle immagini che l’accompagnano. La sensazione che parli proprio di Bojack è alimentata dal fatto curioso che il suo personaggio in Horsin’ Around non avesse nome. Era semplicemente il Cavallo, The Horse. A Horse with no name, appunto.
I’ve been through the desert on a horse with no name
It felt good to be out of the rain
In the desert you can remember your name
‘Cause there ain’t no one for to give you no pain
Il brano in questione è stato più volte utilizzato al cinema e sul piccolo schermo, ma ci piace ricordare una scena in particolare di una certa Serie che lo aveva già riportato alla ribalta:
Bojack prosegue nel suo peregrinare sfrecciando lungo quella che ricorda tanto la celebre autostrada texana Route 66. Senza una meta ma senza voltarsi indietro, con l’unico obiettivo di lasciarsi alle spalle tutto il male subito e procurato.
Si concede giusto qualche pausa per fare benzina, tempestato di chiamate da Diane, l’unica a cui sembra importare ancora qualcosa di lui. Il passato torna in varie forme a tormentarlo, ma questa volta non sembra curarsene più di tanto. Tira dritto, senza guardarsi alle spalle e flagellarsi per il rimorso.
Da una tavola calda scorge una tv in cui ci si chiede “Dov’è Bojack?”, ma ormai lo showbiz non gli interessa minimamente. Nemmeno credere di esser stato nominato all’Oscar, interpretando il suo idolo nel film che attendeva di fare da una vita intera, lo aveva reso felice dopotutto. Era esattamente lo stesso di prima. Qual è dunque la strada da seguire? Esiste un’uscita da imboccare sull’autostrada della disperazione in cui si trova da tutta la vita? La risposta, forse, è in una bustina di zucchero.
Bojack Horseman torna nella casa abbandonata dei suoi nonni materni, e da subito, mentre passano in rassegna vecchie foto di famiglia, abbiamo la sensazione che qualcosa di nuovo sul suo passato ci verrà rivelato. Forse qualcosa che abbia a che fare con quanto disse a Diane il giorno del funerale di Sarah Lynn:
Provengo dal veleno, il veleno mi scorre nelle vene
È opinione diffusa che ognuno di noi sia il frutto di ciò che ci è stato fatto. Probabilmente, ciò è vero solo in parte. Faber est suae quisque fortunae, ce lo ricordano Sallustio e…Todd. Sono le nostre scelte a orientare il nostro destino, nel bene e nel male.
Il cammino verso la rinascita è ancora lungo e tortuoso, ma almeno questo concetto Bojack sembra averlo afferrato. Chissà che ripercorrendo ciò che è andato storto nella sua vita fin dal principio, grazie anche all’avvento di nuovi inaspettati legami, non riesca finalmente a trovare il bandolo della matassa per ottenere quella serenità e quella pace che agogna da quando aveva nove anni.