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(In)comunicabile

BoJack Horseman
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Nell’episodio “Un pesce fuor d’acqua”, BoJack va al Pacific Ocean Film Festival per la première del suo nuovo film Secretariat. Mentre è ancora sull’aereo sottomarino scopre che al festival ci sarà anche Kelsey: sua ex collega, licenziata proprio da Secretariat per colpa di BoJack.

Nella città sul fondo del mare, nonostante sembri funzionare tutto al contrario, è BoJack ad essere il vero pesce fuor d’acqua. Non c’è nulla che a lui suoni familiare: i dollari sono conchiglie e il casco di vetro che gli permettere di respirare gli impedisce però sia di bere che di fumare. Estremamente emblematica proprio questa bolla di vetro perché tra le altre privazioni, non gli permette nemmeno di parlare. Non può emettere suoni percepibili e noi (come lui) non possiamo udire le parole degli altri, o se riusciamo a percepirle, sono incomprensibili. Siamo quindi improvvisamente catapultati in una sorta di realtà parallela dove sembra funzionare tutto come nella nostra, ma nella quale non abbiamo ancora capito come orientarci. Questa è la materializzazione delle paure inconsce di BoJack, è una sorta di labirinto senza il filo di Arianna in cui vive il suo incubo sulla terra: non ha più una voce, non è nessuno, si sente solo. Guardare questo episodio è come fare una sorta di incubo in cui gridiamo in mezzo alla folla e nessuno ci sente. Siamo immobili, paralizzati, e non c’è nessuno in grado di aiutarci. Una notte sicuramente tormentata se ci dovesse capitare di sognare questa scena.

La puntata Un pesce fuor d’acqua è per BoJack una sorta di contrappasso dantesco per analogia. Per la legge del contrappasso, non avendo mai parlato apertamente con Kelsey, in questo episodio è muto del tutto.

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Spesso, ciò che non sempre siamo in grado di comunicare, spesso dipende più dai nostri limiti, autoimposti e autodeterminati, più che da veri e propri blocchi esterni. I limiti che ci poniamo da soli sono i più insormontabili, i più invalicabili e quelli di BoJack sono davvero forti. Per lui mettersi al sicuro significa proteggersi nel silenzio, evitare di essere sincero su se stesso e su ciò che prova, ma ciò che ne deriva realmente è rimorso e rimpianto per quelle cose non dette che fanno più male dentro che non fuori di noi.

BoJack incontra Kelsey per la prima volta nell’hotel dove alloggiano entrambi e all’inizio la evita e si nasconde. Non cerca il confronto con lei e il silenzio forzato dalla situazione è un suo alleato mentre usa una rivista con la sua foto per coprirsi il viso. Vorrebbe poi avvicinarla per sapere se tra loro è tutto a posto, ma non riesce a raggiungerla e anche quando lo fa non è in grado di parlarle e il messaggio scritto, con il quale avrebbe voluto soprassedere alla conversazione, non glielo consegna. La barriera tra loro non è fisica, il modo per comunicare ci sarebbe e il vero ostacolo è BoJack con il suo egoismo e il non prendere mai a cuore davvero nessuno che non sia se stesso. Non superando i propri ostacoli, il traguardo pace con Kelsey è sempre più lontano per lui. 

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In questa puntata però è anche l’egoismo di BoJack Horseman a essere messo a dura prova. Un cavalluccio marino partorisce sull’autobus e dimentica uno dei piccoli attaccato a BoJack. Una volta sceso alla fermata e accortosi del piccolo, cerca come prima cosa di liberarsene, vorrebbe lasciarlo lì. Però in fin dei conti BoJack non è un mostro e non riesce a lasciarlo lì in mezzo al nulla con pochi minuti di vita e se ne fa carico. L’avventura per riportare il piccolo al padre è quanto più generoso il nostro protagonista abbia fatto fin ora. Al primo posto per tutto il giorno metterà il cucciolo e il suo bisogno di ritrovare la famiglia. Ovviamente tutto ciò che fa è in perfetto stile BoJack, sconclusionato ed esilarante. Come rubare il latte e una rivista pornografica per poi scappare dallo squalo-gestore del negozio. Anche quando è a un passo dal padre combina un gran casino nella fabbrica di caramelle e la fa quasi letteralmente esplodere.

Quando riuscirà a riporta il cavalluccio a casa si renderà conto di quanto tutte le vicende di quel giorno siano servite a se stesso per rendersi conto che ciò che conta davvero è la catena che ci unisce alle persone che amiamo. Sulla porta di casa del padre cavalluccio, infatti, non lo assale il sollievo o la gratitudine e nemmeno l’orgoglio del suo gesto eroico. BoJack è pieno di malinconia per una vita che ha assaporato in poche ore e che avrebbe potuto godere appieno se fosse riuscito nell’impresa più ardua di tutte: vincere sui suoi difetti. In quel momento, sull’uscio della porta, sente il dispiacere di non essere stato in grado di mantenere le relazioni che aveva, di non essersi impegnato fino in fondo per farle funzionare. La desolazione di essere un uomo (pardon, cavallo) adulto che non ha una famiglia, che non conosce la gioia di avere dei figli, ma che comprende come siano il terreno solido su cui possiamo camminare e si debba limitare ad essere uno spettatore.

Una volta riconsegnato il piccolo al padre è troppo tardi, come sempre per BoJack, e non partecipa alla proiezione del suo film. Mentre è ancora seduto nel taxi decide di scrivere un vero messaggio di scuse a Kelsey. Sul retro dell’etichetta del biberon del cavalluccio marino, si apre senza più paura e trova un modo per scrivere ciò che avrebbe sempre dovuto dirle:

Kelsey, in questo mondo terrificante, ci restano solo i legami che creiamo.
Mi dispiace averti fatta licenziare.
Mi dispiace non averti mai più chiamata.

Torna in hotel e scopre che forse non tutto è perduto, qualcosa di buono ancora c’è. Il film è stato un successo ed è stato apprezzato dalla critica, il cameriere gli vende dei cerotti alla nicotina e delle supposte di vodka, insomma sembra andargli tutto per il meglio. Il giorno sembra concludersi al contrario di come è iniziato. Le cose che gli sembravano precluse in quel mondo, gli si rivelano con luce celeste: c’è sempre stato un modo per fare ogni cosa, solo che BoJack ancora non lo conosceva. Così, in quell’umido e ovattato mondo, BoJack Horseman ha forse trovato un po’ di pace con se stesso. Una serenità effimera, che non gli permetterà di andare solo in discesa da ora in poi. Eppure è riuscito a capire cosa manca nella sua vita e cosa avrebbe potuto farla funzionare. Parlare. Il finale della puntata è un’ulteriore prova a favore di questa tesi: BoJack consegna il messaggio a Kelsey, ma è illeggibile per via dell’inchiostro sott’acqua e lei se ne va senza dire una parola. BoJack rimane in piedi e sentiamo nitidamente una voce che gli dice di rispettare la fila. Un pulsante alla base del casco in vetro permetteva agli ospiti dell’Oceano di parlare.

La scelta di rendere questa consapevolezza attraverso una puntata senza dialogo è quanto di più geniale ci si possa aspettare da uno sceneggiatore al quale mi piacerebbe molto stringere la mano. Fin dall’inizio BoJack è sempre stato in grado di parlare e forse, in un certo modo, qualcosa ce l’ha sicuramente detto.

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